Voglio io stesso disporti a farti sentire il dolore dei tuoi peccati.

Ora, ritornando Gesù, gli dicevo: «Caro, mio Diletto, dammi il dolore dei miei peccati, così i miei peccati consumati dal dolore, dal pentimento d'averti offeso, possono essere cancellati dall'anima mia ed anche dalla vostra memoria; sì, tanto dolore datemi per quanto ho ardito d'offendervi. Anzi fate che il dolore superi questo, così potrò stringermi più intimamente con voi».

Ricordo che una volta mentre stavo ciò dicendo, il mio sempre beni­gno Gesù mi disse: «Giacché tanto ti dispiace d'avermi offeso, voglio Io stesso disporti a farti sentire il dolore dei tuoi peccati, così vedi quanto è brutto il peccato, e che acerbo dolore soffrì il mio cuore. Perciò, di' insieme con me: - Se passo il mare: nel mare Tu sei, eppure non Ti vedo; calpesto la terra: stai sotto dei miei piedi. Peccai! - ». E poi, Gesù sotto voce soggiun­se, quasi piangendo: «Eppur ti amai, e nello stesso tempo ti conservai». Mentre ciò Gesù diceva ed io insieme con lui, fui sorpresa da tale dolore dell'offese fatte, che caddi bocconi a terra; e Gesù mi scomparve.

Poche sono le parole, ma io capii tante cose che è impossibile dire tutto ciò che io compresi. Nelle prime parole compresi l'immensità, la grandezza, la presenza di Dio in ogni cosa presente, senza che può sfuggire da lui neppure l'ombra del nostro pensiero; compresi pure il mio nulla a confronto d'una maestà sì grande e santa. Nella parola `peccai', comprendevo la bruttezza del peccato, la malizia, l'ardire che io avevo avuto nell'offenderlo. Ora, mentre l'anima stava consideran­do questo, nel sentire dire da Gesù Cristo: «Eppur ti amai, e nello stesso tempo ti conservai», fu preso da tal dolore il mio cuore, che mi sentivo morire, perché comprendevo l'amore immenso che il Signo­re mi portava nell'atto stesso che io cercavo d'offenderlo ed anche d'ucciderlo. Ah, Signore quanto sei stato buono con me, ed io sempre ingrata e così cattiva ancora.

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