Le 24 Ore della Passione di N.S.G.C.

Gesù è coronato di spine. Gesù è presentato come Ecce Homo. Gesù è condannato a morte.

DICIASSETTESIMA ORA

dalle 9 alle 10 del mattino


Preghiera di Preparazione

O Signor mio Gesù Cristo, prostrata alla tua divina presenza, supplico l’amorosissimo tuo cuore che voglia ammettermi alla dolorosa meditazione delle 24 ore, in cui per nostro amore tanto volesti patire nel corpo adorabile e nell’anima tua santissima fino alla morte di croce. Deh! dammi aiuto, grazia, amore, profonda compassione e intelligenza dei tuoi patimenti, mentre ora medito la Diciassettesima Ora, dalle 9 alle 10 del mattino.

E per quelle che non posso meditare, ti offro la volontà che avrei di farle, e intendo intenzionalmente meditarle in tutte le ore che sono costretta o ad applicarmi ai miei doveri o a dormire.

Accetta, o misericordioso Signore, la mia amorosa in­tenzione, e fa che sia di profitto per me e per molti come se effettivamente e santamente eseguissi quanto desidererei praticare. Intanto grazie ti rendo, o mio Gesù, che per mezzo della preghiera mi chiami all’unione con te, e per piacerti di più, prendo i tuoi pensieri, la tua lingua, il tuo cuore, e con questo intendo pregare, fondendomi tutta nella tua Volontà e nel tuo amore; e stendendo le braccia per abbracciarti, poggio la mia testa sul tuo cuore ed incomincio.


Gesù è coronato di spine. Gesù è presentato come Ecce Homo.[1] Gesù è condannato a morte.

Mio Gesù, Amore infinito, più ti guardo e più comprendo quanto soffri. Già sei tutto lacerato, non c’è parte sana in te. I carnefici, inferociti nel vedere che in tante pene li guardi con tanto amore e, nel vedere che il tuo sguardo amoroso, formando un dolce incanto, quasi come tante voci prega e supplica più pene e nuove pene, non solo perché inumani, ma pur forzati dal tuo amore, ti mettono in piedi. Tu, non reggendoti, cadi di nuovo nel tuo proprio sangue, e questi, irritati, con calci e con spinte ti fanno giungere al posto dove ti coroneranno di spine.

[Gesù è coronato di spine]

Amor mio, se tu non mi sorreggi col tuo sguardo di amore, io non posso continuare vedendoti soffrire. Già sento il brivido nelle ossa, il cuore mi batte, mi sento morire. Gesù, Gesù, aiutami!

Il mio amabile Gesù mi dice:

“Figlia mia, coraggio! Non perdere nulla di quanto ho sofferto, sii attenta ai miei insegnamenti. Io devo rifare l’uomo in tutto. La colpa gli ha tolto la corona e lo ha coronato di obbrobri e di confusione, sicché innanzi alla mia maestà non può comparire. La colpa lo ha disonora­to, facendogli perdere qualunque diritto agli onori ed al­la gloria. Perciò voglio essere coronato di spine, per rimettere sulla fronte dell’uomo la corona e restituirgli tutti i diritti a qualunque onore e gloria. Le mie spine saranno, innanzi al mio Padre, riparazioni e voci di discolpa per i tanti peccati di pensieri, specie di superbia; e ad ogni mente creata saranno voci e luce, e di supplica perché non mi offendano. Perciò tu unisciti a me, e prega e ripara insieme con me”.

Coronato Gesù, i tuoi nemici incrudeliti ti fanno sedere, ti mettono uno straccio di porpora, prendono la corona di spine, e con furia infernale la mettono sul capo adorabile. Poi a colpi di bastone ti fanno penetrare le spine nella fronte, e parte ti giungono negli occhi, nelle orecchie, nel cranio e fin dietro la nuca.

Amor mio, che strazio, che pene inenarrabili! Quante morti crudeli subisci! Già il sangue ti scorre sul volto in modo che non si vede che sangue, ma sotto quelle spine e quel sangue si vede il tuo santissimo volto raggiante di dolcezza, di pace e di amore. Ed i carnefici, volendo finire la tragedia, ti mettono una canna in mano per scettro ed incominciano le loro burle. Ti salutano “Re dei giudei!”, ti battono la corona, ti danno schiaffi e ti dicono: “Indovina, chi ti ha percosso!”.

E tu taci e rispondi col riparare l’ambizione di chi aspira ai regni, alle dignità, agli onori, e di coloro che, trovandosi in tali posti di autorità e non comportandosi bene, formano la rovina dei popoli e delle anime a loro affidate; ed i loro cattivi esempi sono causa di spinta al male e di perdita di anime.

Con questa canna che stringi in mano, tu ripari tante opere buone, ma vuote di spirito interno e fatte anche con intenzioni cattive. Negli insulti e nelle bende, tu ripari per quelli che mettono in ridicolo le cose più sante, screditandole e profanandole, e ripari per quelli che si bendano la vista dell’intelligenza per non vedere la luce della verità. Con questa tua benda impetri per noi che ci siano tolte le bende delle passioni, delle ricchezze e dei piaceri.

Mio Re Gesù, i tuoi nemici continuano i loro insulti; il sangue che scorre dal tuo santissimo capo è tanto che, giungendoti fino alla bocca, t’impedisce di farmi sentire chiaramente la tua dolcissima voce, e quindi non posso fare ciò che fai tu. Perciò vengo nelle tue braccia, voglio sostenere il tuo capo trafitto e addolorato, voglio mettere la testa sotto queste spine per sentire le loro punture.

Ma mentre dico ciò, il mio Gesù mi chiama col suo sguardo di amore ed io corro, abbraccio il suo cuore e cerco di sostenere la sua testa. Oh, come è bello stare con Gesù anche in mezzo a mille tormenti!

E lui mi dice:

“Figlia mia, queste spine dicono che voglio essere costituito re di ogni cuore; a me spetta ogni dominio. Tu prendi queste spine e pungi il tuo cuore, fanne uscire tutto ciò che a me non appartiene e lascia una spina den­tro il tuo cuore come suggello che Io sono il tuo Re e per impedire che nessun’altra cosa entri in te. Poi gira per tutti i cuori e, pungendoli, fanne uscire tutti i fumi di superbia e il marciume che contengono, e costituiscimi Re di tutti”.

Amor mio, mi si stringe il cuore nel lasciarti. Perciò ti prego di assordare le mie orecchie con le tue spine, perché senta solo la tua voce; copri i miei occhi con le tue spine, per poter guardare te solo; riempi la mia bocca con le tue spine, perché la mia lingua resti muta a tutto ciò che possa offenderti e sia libera per lodarti e benedirti in tutti. O mio Re Gesù, circondami di spine, e queste spine mi custodiscano, mi difendano e mi tengano tutta intenta in te.

Ed ora voglio asciugarti il sangue e baciarti, perché vedo che i tuoi nemici ti conducono da Pilato, il quale ti condannerà a morte. Amor mio, aiutami a continuare la tua via dolorosa, e benedicimi.

[Gesù di nuovo innanzi a Pilato]

Mio coronato Gesù, il povero mio cuore, ferito dal tuo amore e trafitto dalle tue pene, non può vivere senza di te, perciò ti cerco e ti trovo di nuovo innanzi a Pilato.

Ma quale spettacolo commovente! I cieli inorridiscono e l’inferno trema di paura e di rabbia. Vita del mio cuore, il mio sguardo non può sostenere la tua vista senza sentirmi morire; ma la forza rapitrice del tuo amore mi costringe a guardarti per farmi ben comprendere le tue pene. Ed io, fra lacrime e sospiri, ti contemplo: mio Gesù, sei nudo, ed invece di vesti ti vedo vestito di sangue, le carni squarciate, le ossa denudate, il tuo volto santissimo irriconoscibile; le spine infisse nella tua santissima testa ti giungono negli occhi, nel volto, ed io non vedo che sangue, che scorrendo fino a terra, forma un sanguigno ruscello dietro i tuoi piedi.

Mio Gesù, non ti riconosco più. Come sei ridotto! Il tuo stato è giunto agli eccessi più profondi delle umiliazioni e degli spasimi. Ah! Io non posso più sostenere la tua vista sì dolorosa, mi sento morire; vorrei strapparti dalla presenza di Pilato per chiuderti nel mio cuore e darti riposo. Vorrei sanare le tue piaghe col mio amore, e col tuo sangue vorrei allagare tutto il mondo per chiudervi tutte le anime e condurle a te come conquista delle tue pene.

E tu, o paziente Gesù, a stento par che mi guardi attraverso le spine, e mi dici:

“Figlia mia, vieni fra queste mie braccia legate, poggia il tuo capo sul mio seno e vedrai dolori più intensi ed acerbi, perché quello che vedi al di fuori della mia umanità non è altro che lo sbocco delle mie pene interne. Fa attenzione ai palpiti del mio cuore, e sentirai che riparo le ingiustizie di chi comanda; le oppressioni dei poveri, degli innocenti posposti ai rei; la superbia di quelli che, per sostenere le dignità, le cariche, le ricchezze, non si curano di rompere qualunque legge e di far male al prossimo, chiudendo gli occhi alla luce della verità.

Con queste spine voglio frantumare lo spirito di superbia delle loro signorie, e coi fori che formano nella mia testa, voglio farmi via nelle loro menti, per riordinare in esse tutte le cose secondo la luce della verità. Con lo starmi così umiliato innanzi a questo ingiusto giudice, voglio fare a tutti comprendere che la sola virtù è quella che costituisce l’uomo re di sé stesso, e insegno a chi comanda che la sola virtù, unita al retto sapere, è sola degna e capace di governare e di reggere gli altri, mentre tutte le altre dignità, senza la virtù, sono cose pericolose e da deplorarsi. Figlia mia, fa eco alle mie riparazioni, e segui a far attenzione alle mie pene”.

Amor mio, vedo che Pilato, nel vederti sì malamente ridotto, si sente rabbrividire, e tutto impressionato escla­ma:

“Possibile tanta crudeltà in petti umani? Ah, non era questa la mia volontà nel condannarlo alle battiture!”.

E volendo liberarti dalle mani dei tuoi nemici, per po­ter trovare ragioni più convenienti, tutto dimesso, distogliendo il suo sguardo, perché non può sostenere la tua vista troppo dolorosa, torna ad interrogarti:

“Ma dimmi, che hai fatto? La tua gente mi ti ha dato nelle mani. Dimmi, sei tu re? Qual è il tuo regno?”.

Alle domande tempestose di Pilato, tu, o mio Gesù, non rispondi e, racchiuso in te stesso, pensi a salvare la povera anima mia a costo di tante pene.

E Pilato, non vedendosi rispondere, soggiunge:

“Non sai tu che sta in mio potere il liberarti o il condannarti?”.

Ma tu, o Amor mio, volendo fare splendere nella mente di Pilato la luce della verità, rispondi:

“Non avresti nessun potere su di me se non ti venisse dall’alto; però quelli che mi hanno dato nelle tue mani hanno commesso un peccato più grave del tuo”.

[Gesù è presentato come Ecce Homo]

Allora Pilato, mosso dalla dolcezza della tua voce, irrisoluto come sta, col cuore in tempesta, credendo che i cuori dei giudei fossero più pietosi, si decide di mostrar­ti dalla loggia, sperando che [essi] si muovessero a com­passione nel vederti sì straziato, e così poterti liberare.

Addolorato Gesù, il cuor mi vien meno nel vederti se­guir Pilato; a stento cammini e curvo sotto quella orribi­le corona di spine. Il sangue segna i tuoi passi e, come esci fuori, senti la folla tumultuante che ansiosa aspetta la tua condanna. Pilato, imponendo silenzio, per richiamare l’attenzione di tutti e farsi da tutti ascoltare, prende con ribrezzo i due lembi della porpora che ti copre il petto e le spalle, la solleva per farti da tutti vedere come sei ridotto, e ad alta voce dice:

Ecce homo! Guardatelo, non ha più figura di uomo; osservate le sue piaghe, non più si riconosce. Se male ha fatto, ha già sofferto abbastanza, anzi troppo; io son già pentito d’averlo fatto tanto soffrire, lasciamolo perciò libero”.

Gesù, Amor mio, lascia che ti sostenga, perché vedo che non reggendoti in piedi sotto il peso di tante pene, vacilli. Ah! In questo momento solenne si decide la tua sorte. Alle parole di Pilato si fa silenzio profondo in cie­lo, in terra e nell’inferno. E poi, come in una sola voce sento il grido di tutti:

“Crocifiggilo, crocifiggilo, a qualunque costo lo vogliamo morto!”.

Vita mia, Gesù, vedo che tremi. Il grido di morte scende nel tuo cuore, ed in queste voci scorgi la voce del tuo caro Padre che dice:

“Figlio mio, ti voglio morto, e morto crocifisso!”.

Ah! Senti pure la tua Mamma che, sebbene trafitta, desolata, fa eco al tuo caro Padre:

“Figlio, ti voglio morto!”.

Gli angeli, i santi, l’inferno, tutti ad unanime voce gridano:

“Crocifiggilo, crocifiggilo!”.

Sicché non c’è anima che ti voglia vivo. Ed ahi, ahi! Con sommo mio rossore, dolore e raccapriccio, anch’io mi sento costretta da una forza suprema a gridare:

“Crocifiggilo!”.

Mio Gesù, perdonami se io pure, misera anima pecca­trice, ti voglio morto! Però ti prego di far morire me insieme con te.

E tu intanto, o mio straziato Gesù, mosso dal mio do­lore par che mi dica:

“Figlia mia, stringiti al mio cuore, e prendi parte alle mie pene ed alle mie riparazioni. Il momento è solenne: si deve decidere o la mia morte o la morte di tutte le creature. In questo momento due correnti si riversano nel mio cuore. In una vi sono le anime che, se mi vogliono morto, è perché vogliono trovare in me la vita; e così coll’accettare Io per loro la morte, vengono sciolte dalla condanna eterna, e le porte del cielo si schiudono per riceverle. Nell’altra corrente vi sono quelle che mi vogliono morto per odio e per conferma della loro condanna, ed il mio cuore è lacerato, e sente la morte di cia­scuna e le stesse pene dell’inferno! Ah!, il mio cuore non regge a questi dolori acerbi; sento la morte ad ogni palpito, ad ogni respiro, e vò ripetendo: Perché tanto sangue sarà sparso invano? Perché le mie pene saranno inutili per tanti?

Ah, figlia! Sorreggimi che più non ne posso, prendi parte alle mie pene: la tua vita sia una continua offerta per salvare le anime, per lenirmi pene sì strazianti”.

Cuor mio, Gesù, le tue pene sono le mie, e faccio eco alle tue riparazioni.

Ma vedo che Pilato rimane sbalordito, e si affretta a dire:

“Come, debbo crocifiggere il vostro re? Io non trovo colpa in lui per condannarlo!”.

E i giudei gridano, assordando l’aria:

“Non abbiamo altro re che Cesare, e, se tu non lo condanni, non sei amico di Cesare! Tolle, tolle![2] Crocifiggilo, crocifiggilo!”.

[Gesù è condannato a morte]

Pilato, non sapendo più che fare, per timore di essere spodestato, si fa portare un catino d’acqua e, lavandosi le mani, dice:

“Io sono innocente del sangue di questo giusto”.

E ti condanna a morte.

Ma i Giudei gridano:

“Il suo sangue cada su di noi e sui figli nostri!”.

E nel vederti condannato vanno in festa, battono le mani, fischiano, urlano, mentre tu, o Gesù, ripari per quelli che, trovandosi in alto, per vano timore e per non perdere i posti, rompono le leggi più sacre, non curando la ruina di popoli interi, favorendo gli empi e condannando gli innocenti. Ripari anche per quelli che, dopo la colpa, istigano l’ira divina a punirli.

Ma mentre ciò ripari, il cuore ti sanguina per il dolore nel vedere il popolo da te eletto fulminato dalla maledizione del cielo, che loro stessi con piena volontà hanno voluto, suggellandola col tuo sangue che hanno imprecato. Ah, il cuore ti vien meno! Lasciami che lo sostenga fra le mie mani, facendo mie le tue riparazioni e le tue pene. Ma il tuo amore ti spinge più in alto, ed impaziente, già cerchi la croce.


[1] Ecco l’Uomo

[2] Toglilo, toglilo! 


Riflessioni e Pratiche

Gesù coronato di spine è trattato da re da burla e, sot­toposto ad insulti e pene inaudite, ripara in modo speciale i peccati di superbia. E noi, evitiamo i sentimenti di orgoglio? Attribuiamo a Dio il bene che facciamo? Ci stimiamo inferiori agli altri? La nostra mente è sempre vuota d’altri pensieri per poter dar luogo alla grazia? Molte volte non diamo luogo alla grazia col tenere la mente ripiena d’altri pensieri. Allora non essendo la nostra mente tutta piena di Dio, siamo noi stessi causa che il demonio ci molesti, e quasi quasi noi stessi fomentiamo le tentazioni. Sicché, quando la nostra mente è piena di Dio, il demonio, avvicinandosi a noi, non trovando il posto dove dirigere le sue tentazioni, confuso si allontana, perché i pensieri santi hanno tanta forza contro il de­monio, che, mentre questi si fa per avvicinare, quelli co­me tante spade lo feriscono e lo allontanano.

A torto quindi ci lamentiamo quando la nostra mente è molestata e tentata dal nemico; è la nostra poca vigilanza che spinge il nemico ad assalirci, il quale sta quasi spiando nella nostra mente per poter trovare i piccoli vuoti e darci l’assalto. Allora invece di sollevare Gesù coi nostri santi pensieri, e togliergli le spine, ingrati glie­le calchiamo sulla testa, e gliene facciamo sentire più acerbamente le punture. La grazia così resta frustrata e non può svolgere nella nostra mente il lavorio delle san­te ispirazioni.

Molte volte facciamo peggio ancora: mentre sentiamo il peso delle tentazioni, invece di portarle a Gesù, fa­cendone un fascio per farle bruciare dal fuoco del suo amore, c’impensieriamo, ci rattristiamo, facciamo calco­li sulle stesse tentazioni; sicché non solo la nostra povera mente resta occupata dai cattivi pensieri, ma anche tutto il nostro povero essere ne resta come inzuppato, per cui ci vorrebbe quasi un miracolo di Gesù per svincolarci. E Gesù, attraverso quelle spine, ci guarda e, chiamandoci, par che dica:

“Ah, figlio mio, sei tu stesso che non vuoi stare stretto con me! Se tu fossi venuto subito a me, ti avrei aiuta­to a liberarti dalle molestie che il nemico ha portato nel­la tua mente, e non mi avresti fatto sospirare tanto il tuo ritorno. Ho cercato un aiuto da te per liberarmi da spine così pungenti; invano aspettai perché tu te ne stavi occupato nel lavorio che il tuo nemico ti aveva dato. Oh, quanto saresti meno tentato se subito venissi nelle mie braccia! Allora il nemico, temendo non te ma me, subito ti lascerebbe”.

Mio Gesù, le tue spine suggellino i miei pensieri nella tua mente ed impediscano al nemico ogni sorta di tentazione.

Quando Gesù si fa sentire nella nostra mente e nel no­stro cuore, corrispondiamo alle sue ispirazioni o le mettiamo in oblio? Gesù è trattato da re da burla, e noi rispettiamo tutte le cose sante? Usiamo tutta quella riverenza che si conviene come se toccassimo Gesù Cristo stesso?

Coronato mio Gesù, fa ch’io senta le tue spine, affinché dalle loro punture possa comprendere quanto tu soffri, e ti costituisca Re di tutta me stessa.

Gesù, esposto dalla loggia, è condannato a morte da quel popolo da lui tanto amato e beneficato. L’amante Gesù, per darci la vita, accetta per noi la morte. E noi, siamo pronti ad accettare qualunque pena perché Gesù non sia offeso e non soffra? La nostra pena dev’essere accettata per non far soffrire Gesù, e, perché Gesù nella sua umanità soffrì infinitamente, noi, dovendo continuare la sua vita sulla terra, dobbiamo contraccambiare con le nostre pene le pene dell’umanità di Gesù Cristo.

Come compatiamo le pene che Gesù soffre nel vedere le tante anime strappate dal suo cuore? Facciamo nostre le sue pene per rinfrancarlo di tutto ciò che soffre? I giu­dei lo vogliono crocifisso per far che egli muoia come un infame ed il suo nome venga cancellato dalla faccia della terra. E noi, cerchiamo che Gesù viva sulla terra? Coi nostri atti, coi nostri esempi, coi nostri passi dobbiamo mettere un’impronta divina nel mondo per far che Gesù venga da tutti conosciuto e, col nostro operare, la sua vita abbia un’eco divina da sentirsi da un estremo all’altro del mondo. Siamo pronti a dar la nostra vita per far che l’amato Gesù sia rinfrancato di tutte le offese, oppure imitiamo i giudei, popolo tanto favorito (quasi a somiglianza della povera anima nostra tanto amata da Gesù), e gridiamo come loro “Crucifigatur![3] ”?

Mio condannato Gesù, la tua condanna sia la mia che accetto per amor tuo, e per consolarti mi riverserò continuamente in te, per portarti nei cuori di tutte le creature, farti conoscere da tutti e dare la tua vita a tutti.


[3] Sia crocifisso! 


Preghiera di Ringraziamento

Mio amabile Gesù, tu mi hai chiamata in quest’Ora della tua passione a tenerti compagnia, ed io son venuta. Mi parve di vederti angosciato e dolente, pregare, riparare e patire, e con le voci le più tenere ed eloquenti perorare la salvezza delle anime. Ho cercato di seguirti in tutto e ora, dovendoti lasciare per le mie solite occupazioni, sento il dovere di dirti un Grazie e un Ti benedico.

Sì, o Gesù, Grazie ti ripeto le mille e mille volte, e ti lodo e benedico per tutto ciò che hai fatto e patito per me e per tutti. Grazie e Ti benedico per ogni goccia di sangue che hai versato, per ogni tuo respiro, palpito, passo, parola, sguardo, e per ogni amarezza e offesa che hai sopportato. Per tutto, o mio Gesù, intendo segnarti con un Grazie e un Ti benedico.

Deh, o Gesù, fa che tutto il mio essere ti mandi un flusso continuo di ringraziamenti e benedizioni, in modo da attirare su di me e su tutti il flusso delle tue grazie e benedizioni!

Deh, o Gesù, stringimi al tuo cuore colle tue santissime mani e segna tutte le particelle del mio essere col tuo Ti benedico, per fare che da me altro non possa uscire che un inno continuo verso di te! Perciò mi lascio in te, per seguirti in ciò che farai; anzi opererai tu stesso per me. Ed io, fin d’ora, lascio i miei pensieri in te per difenderti dai tuoi nemici, il respiro per corteggio e compagnia, il palpito per dirti sempre Ti amo e a rifarti dell’amore che non ti danno gli altri; le gocce del mio sangue a ripararti e a restituirti gli onori e la stima che ti tolgono i tuoi nemici con gl’insulti, sputi e schiaffi, e tutto il mio essere per guardia.

Dolce mio Amore, sebbene debbo attendere alle mie occupazioni, resto nel tuo cuore; ho paura d’uscirne. Tu mi terrai in te, non è vero? I nostri palpiti si intenderanno a vicenda e si confonderanno insieme in modo da darmi vita, amore, stretta unione inseparabile con te. Mio Gesù, se vedi che sto per sfuggirti, il tuo palpito si acceleri nel mio, le tue mani mi stringano più forte al tuo cuore, i tuoi occhi mi guardino e mi gettino saette di fuoco, affinché io, sentendoti, mi lasci subito tirare all'unione con te.

Deh, mio Gesù! Dammi il bacio del divino amore, abbracciami e benedicimi; io ti bacio nel dolcissimo tuo cuore, e mi resto in te.