[1] ANTOLOGIA di MEDITAZIONI sulla DIVINA VOLONTÀ

Solitudine di Gesù nella SS. Eucaristia

Meditazione di Roberto Lorenzetto



A volte la verità brucia e fa male, ma è la Verità che ci fa liberi e ci porta la VITA.

Quanto ci sentiamo buoni cristiani, seguaci di Gesù Cristo, apostoli del Vangelo, a posto nella coscienza, perché ogni giorno facciamo le nostre belle preghiere, andiamo alla S. Messa e facciamo la S. Comunione e magari riusciamo a fare anche qualche opera buona?! Ma Gesù ci guarda negli occhi e senza parlare ci dice: “Sai quante volte, anche quando preghi o ti comunichi nella SS. Eucaristia, mi lasci solo? Sai quante volte durante la giornata cerco la tua compagnia, ma non la trovo? Tu sei tutto preso dalle tue cose e non sei con Me!!!”

Ascoltiamo lo sfogo di Gesù, dal volume 31 - 18/1/1933, sfogo che vuole essere anche un insegnamento di vita:

Avendo fatta la S. Comunione stavo facendo i miei soliti ringraziamenti (Luisa rimaneva così in intima unione con il caro Gesù ore e ore, e chissà quanto ci sarebbe rimasta se non fossero andati ad interromperla) ed il mio sommo bene Gesù si faceva vedere afflitto e taciturno, come se sentisse il bisogno della compagnia; ed io stringendomi a Lui cercavo di consolarlo con l’esibirmi a starmi con Lui sempre unita per non lasciarlo mai solo, e Gesù pareva tutto contento, e per sfogare il suo dolore mi ha detto: “Figlia mia, siimi fedele a non lasciarmi mai solo, perché la pena della solitudine è la più opprimente, perché la compagnia è l’alimento dello sfogo di chi soffre… Figlia mia, quante anime mi ricevono sacramentato nei loro cuori e mi mettono in solitudine! Mi sento in esse come dentro d’un deserto, come se non appartenessi a loro, mi trattano da estraneo”.

Proviamo a pensare a quante volte ogni giorno il caro Gesù viene ricevuto Sacramentato ma non è desiderato davvero dalla creatura che Lo riceve! Non è amato davvero dall’anima alla quale Egli si dona e viene ricevuto così, quasi per abitudine, senza pensare che in quell’Ostia Santa c’è il Dio che dico di amare con tutto il cuore, che dico di desiderare che venga ad abitare in me.

Lo ricevo lasciandolo quasi subito solo dentro di me, preferendo di sperdere i miei pensieri in cose che sanno solo di terra? In cose di nessun conto e di nessun valore? Trattandolo come un perfetto estraneo, idolatrando più me stesso che Lui mio Dio e Signore? Non dicendogli, magari, nemmeno un piccolo “Ti amo”, “Ti adoro”, “Ti ringrazio”, “Ti benedico”! Dico e penso una cosa e ne faccio completamente un’altra!

“Ma sai perché? Perché non prendono parte alla mia vita, alle mie virtù, alla mia santità, alle mie gioie e ai miei dolori! Compagnia significa prendere parte a tutto ciò che fa e soffre la persona che sta vicino a loro; quindi ricevermi e non prendere parte alla mia vita è per me la solitudine più amara, e restando solo non posso dir loro quanto brucio d’amore per loro, e perciò resta isolato il mio amore, la mia santità, la mia virtù, la mia vita: insomma tutto è solitudine in Me e fuori di Me”.

Come posso dire di amare, di desiderare e volere che il mio Signore venga a vivere in me, se non condivido, entrando Lui nella mia anima, ciò che mi vuol dare e le sue necessità, se non condivido la sua Santità, la sua gioia, i suoi dolori, i suoi disegni, i suoi desideri, le sue ansie d’amore? Fare compagnia ad un amico significa fare insieme ciò che fa Lui, colui al quale dico di vivergli vicino, tanto vicino da sentirne il calore della sua pelle nella mia, tanto vicino da sentire su di me il suo respiro.

Quindi se ricevo il mio Gesù ma non faccio e non partecipo a ciò che fa e pensa Lui, se non godo ciò che gode Lui, se non amo ciò che ama Lui, se non soffro delle sue stesse sofferenze, io sono un bluff, sono un falso, e con responsabilità Lo lascio solo, anche se l’ho appena ricevuto in me; lascio solo il mio Gesù così come se la mia anima e il mio corpo fossero un deserto arido, dove non trova niente che Lo ristori, uno che Lo compatisca, uno che Lo accolga per fare vera vita con Lui, in Lui.

Così Gli impedisco di parlare e confidarsi col mio cuore e anche se mi parlerà io sarò sordo alla sua voce perché non la sentirò!

“Oh, quante volte scendo nei cuori e piango, perché mi vedo solo! E quando scendo, vedendomi solo mi sento non curato, né apprezzato, né amato, tanto che son costretto dalla loro non curanza a ridurmi al silenzio ed alla mestizia”.

Questo che abbiamo sentito dovrebbe spaventarci e farci ravvedere e, se necessario, correggere il nostro modo di ricevere Gesù nel SS. Sacramento. Fare piangere Dio è una grande responsabilità, come è una grande responsabilità chiuderGli la bocca riducendolo al silenzio, senza farlo sfogare nel suo amore soffocato, e senza ascoltare quanto mi vuole confidare. Lui vuole confidarsi con me, e io non glielo concedo!!!

“E siccome non prendono parte alla mia vita sacramentale mi sento appartato nei loro cuori, e vedendomi che non ho che fare, con pazienza divina ed invitta aspetto la consumazione delle specie sacramentali, dentro delle quali il mio Fiat eterno mi aveva imprigionato, lasciando appena le tracce della mia discesa, perché nulla ho potuto lasciare della mia vita sacramentale, forse le mie sole lacrime, perché non avendo (le anime) preso parte alla mia vita, mancava il vuoto dove potere lasciare le cose che a me appartengono e che io volevo mettere in comune con loro”.

Cosa può lasciare il mio caro Gesù nel mio cuore in queste situazioni? Nemmeno le sue lacrime, mi dice! Forse non merito neppure quelle! Gli ho detto con il mio comportamento: “Se Tu vuoi soffrire, soffri pure! Ma a me lasciami libero da ogni fastidio! Se tu vuoi vivere nella Volontà del Padre, fallo pure, ma a me lasciami vivere la mia volontà”. Forse non merito nemmeno le sue lacrime; nemmeno quelle forse Gesù lascerà nel mio cuore. Lasciasse le sue lacrime, avrei almeno qualche cosa in me da potere amare e adorare!

“Perciò si veggono tante anime che mi ricevono sacramentato e non danno di Me, sono sterili di virtù, sterili d’amore, di sacrificio; poverelle, si cibano di me, ma siccome non mi fanno compagnia restano digiune”.

Quanto è vero quello che ha appena detto Gesù! In quanti lo riceviamo, ma è come se non lo ricevessimo! Rimaniamo sterili, come dice Lui, senza frutto! Sterili di virtù, sterili di amore alla croce e ai fratelli; anche fra chi non lo penseresti mai!

Con la bocca diciamo una cosa ma con la vita ne pratichiamo un’altra! E pensare che una sola Comunione, se fatta come Gesù vorrebbe, sarebbe bastante a santificarci.

“Ahi, a quali strette di dolore e di crudele martirio è messa la mia vita sacramentale! Molte volte mi sento affogato d’amore, vorrei sbarazzarmi e sospiro di scendere nei cuori, ma ahimè, sono costretto ad uscirne più affogato di prima! Come potevo sfogare se neppure hanno fatto attenzione alle fiamme che mi bruciavano?”

Vogliamo essere anche noi fra quelli che danno martirio a Gesù nel SS. Sacramento?

Quante volte Lui vorrebbe donarsi a noi con il suo linguaggio, con le sue strette d’amore, con i suoi modi che non sono certamente i nostri modi, ma io creatura sua non glieLo permetto, anzi, come dice Gesù, Lo affogo, costringendolo a fuggire il prima possibile dal mio cuore! Se non faccio attenzione a quanto desidera comunicarmi e donarmi, Gesù non può sfogare il suo Amore con me! E il suo amore è Amore di Dio! E io rimarrò presto senza di Lui.

“Altre volte la piena del dolore mi inonda, sospiro un cuore per avere un sollievo alle mie pene, macché, vorrebbero che io prendessi parte alle loro, non loro alle mie, e (Io) lo faccio, nascondo i miei dolori, le mie lacrime, per consolarli, ed io resto senza il sollievo sospirato”.

Ci sono momenti, e purtroppo sono i più frequenti, dove il caro Gesù cerca un cuore che si conceda nella SS. Eucaristia, per potergli comunicare una goccia delle amarezze, delle restrizioni che Gli procurano anche coloro che si dicono suoi figli, e dicono di volerGli bene. Vorrebbe comunicare una goccia del suo dolore per avere un’anima almeno che Lo compatisca; ma tutto quanto sappiamo dirgli è di liberarci dalle nostre croci, dai nostri fastidi, dai problemi della nostra vita, e Lui Lo lasciamo solo nel e con il suo dolore. Pensiamo quanto è grande il suo amore: nonostante il nostro egoismo, spesso, quasi sempre, Egli soffoca i suoi dolori e li nasconde, per accontentare i suoi figli, anche se questi non lo meriterebbero. Solo un Dio può arrivare a tanto.

Quanto non sarebbe più amore vero da parte nostra se Gli dicessimo con il cuore: “Gesù, non ti chiedo nulla se non l’unirmi a Te, per amarti con il tuo Amore, per odorarti con le tue adorazioni, per ripararti con la tua stessa Passione e morte”.

“Ma chi può dirti i tanti dolori della mia vita sacramentale, e come sono più quelli che mi ricevono e mi mettono in solitudine nei loro cuori, ma solitudine amara, che quelli che mi fanno compagnia!?”

Noi pensiamo che siano pochi coloro che Lo ricevono Sacramentato più per darGli dolore che per darGli amore!!! Purtroppo non è così! Lui dice che sono più quelli che gli danno dolore, nel riceverlo nel Sacramento, che quelli che Lo consolano partecipando alla sua vita, perché sono di più coloro che Lo ricevono con la loro volontà umana che nella Divina Volontà.

Pensiamo, per quanto tempo, nel riceverLo, non dovremmo fermarci, quasi trattenere il respiro per rispetto verso il nostro Dio, ora ospite nostro! Chiudere ogni porta del nostro cuore e della nostra mente, e unirci con Lui in stretta, strettissima intimità, lasciando fuori dal nostro cuore tutto il resto?! Parlargli, intrattenerLo, dandoGli ogni attenzione possibile, dandogli ogni palpito del nostro cuore.

D’ora in avanti quando Lo riceveremo a fare vita con noi, non Lo lasceremo più solo, ma resteremo in intima unione con Lui. Prenderemo su di noi la sua SS. Umanità, e nella Divina Volontà Lo loderemo, Lo pregheremo, Lo ripareremo, Gli parleremo, Lo baceremo e lo ameremo. C’è solo un modo per consolare il caro Gesù nel SS. Sacramento: riceverLo nella Divina Volontà, solo questo!

“E quando trovo un cuore che mi fa compagnia , metto in comunicazione la mia vita con essa, lasciandole il deposito delle mie virtù, il frutto dei miei sacrifici, la partecipazione della mia vita; ed Io la scelgo per mia dimora, per nascondiglio delle mie pene e come luogo di mio rifugio, e mi sento come contraccambiato del sacrificio della mia vita eucaristica, perché trovo chi mi spezza la mia solitudine, chi mi asciuga le lacrime, chi mi dà libertà di farmi sfogare il mio amore ed i miei dolori”.

Ecco la risposta di Gesù! Quando trova un cuore che Gli fa compagnia: cioè che partecipi alle sue gioie e ai suoi dolori, alla sua Croce e alla sua Risurrezione, l’anima che vive nella Divina Volontà, Egli scoppia dalla gioia; a quest’anima Egli si dona completamente e senza riserve; fa di essa la sua casa di residenza stabile; il suo rifugio nei momenti che il mondo Lo perseguita, e non pensiamo che questo mondo perverso sia tanto lontano da noi, anzi forse a volte è addirittura dentro noi.

Beata l’anima che sa fare compagnia a Gesù nel SS. Sacramento, Dio trova il cuore dove potersi riposare.

“Sono esse che mi servono come specie viventi, non come le specie sacramentali che nulla mi danno, soltanto mi nascondono, il resto lo faccio tutto da me solo, non mi dicono una parola che spezza la mia solitudine, sono specie mute. Invece nelle anime che mi servono come specie viventi, svolgiamo la vita insieme, palpitiamo di un solo palpito, e se (l’anima) la veggo disposta, le comunico le mie pene e continuo in essa la mia passione. Posso dire che dalle specie sacramentali passo nelle specie viventi per continuare la mia vita sulla terra, non da solo ma insieme con essa”.

Quando il caro Gesù trova l’anima disposta a fargli compagnia, nella forma e nel modo che abbiamo sentito sopra, non aspetta un attimo: e dall'Ostia fatta di farina e acqua, passa immediatamente all'Ostia della creatura umana, mettendo con questa in comune la sua stessa vita: ama insieme; opera insieme nelle anime; palpitano insieme; parlano insieme; vivono con una sola vita, quella di Gesù Dio. La creatura diventa una corteccia, che contiene al suo interno il suo Dio, che ci vive e regna come vive e regna in cielo. E non ci dobbiamo spaventare perché Gesù a questa fortunata creatura comunica in più le sue pene e la sua passione; le comunica però solo quando la vedrà disposta; non la costringerà, ma aspetterà con pazienza la sua decisione.

“Tu devi sapere che non sono più in mio potere le pene e le vado chiedendo per amore a queste specie viventi delle anime, che mi suppliscano a ciò che a me manca. Perciò, figlia mia, quando trovo un cuore che mi ama e mi fa compagnia dandomi libertà di fare quello che voglio, io giungo agli eccessi, non ci bado a nulla, do tanto che la povera creatura si sente affogare dal mio amore e dalle mie grazie”.

Quando Gesù trova un’anima disposta a fare vita con Lui, che è vivere nella Divina Volontà, dandoGli il dominio assoluto nella sua vita, nessuno può anche solo immaginare quante e quali grazie riversa in quella fortunata creatura. Si potrebbe dire che forma in essa la sua stessa vita di Gesù Dio e di Maria SS. sua Madre.

Questa creatura diventa la SEDE della Divinità sulla terra. Non ci sarà più differenza per Gesù vivere su nel Paradiso in Cielo o in questa fortunata creatura qui sulla terra.

Quando Gesù trova un’anima che Gli dice sempre ed in tutto “FIAT”, ogni esagerazione che si può pensare o dire su quest’anima di bene, è sempre l’inizio di ciò che avviene nella realtà.

“Ed allora non resta più sterile la mia vita sacramentale quando scendo nei cuori, no, ma si riproduce, bilocando e continuando la mia vita in essa; e queste anime sono le mie conquistatrici che somministrano a questo povero indigente di pene la loro vita…”

FIAT!!!