Libro di Cielo - Volume 19°

Luglio 20, 1926 (39)

Come la parola di Gesù è lavoro e il suo silenzio è riposo. Il riposo di Gesù in mezzo alle sue opere.

Continuando a sentirmi tutta abbandonata nel Supremo Volere, il mio sempre amabile Gesù si faceva vedere tutto silenzioso in atto di guardare tutta la creazione, tutte le opere sue, e mentre le guardava restava come rapito profondamente innanzi alla magnificenza, santità, molteplicità e grandezza delle sue opere. Ed io insieme con Gesù mi sentivo un silenzio profondo nel mirare le opere sue. Molte cose si comprendevano, ma restavano tutte nel fondo dell’intelligenza, senza vocaboli di sorta. Come era bello stare insieme con Gesù in un profondo silenzio! Onde dopo ciò, il caro mio Bene, la dolce mia vita mi ha detto:

“Figlia mia carissima, tu devi sapere che la mia parola è lavoro, il mio silenzio è riposo; e non solo è lavoro per me la mia parola, ma anche per te. Ed è mio solito che dopo aver lavorato voglio riposarmi in mezzo alle mie stesse opere; esse sono il mio letto più soffice nel mio riposo. E siccome tu hai ascoltato la mia parola ed hai lavorato insieme con me, perciò insieme prendi riposo.

Guarda, figlia mia, com’è bella tutta la creazione! Fu la parola del tuo Gesù che con un Fiat la lavorò. Ma sai tu qual è il mio incanto che mi rapisce? Il tuo piccolo ti amo su ciascuna cosa creata. Questo tuo piccolo ti amo impresso su ciascuna di loro, mi parlano[1] tutte del tuo amore, mi parlano della mia neonata della mia Volontà; sento l’eco armonioso di tutta la creazione che mi parla di te. Oh, come mi rapisce! come ne sono contento nel vedere che il mio Fiat nella creazione e quello insegnato a te si danno la mano, s’intrecciano insieme e compiendo la mia Volontà mi danno riposo! Ma non sono contento a riposarmi solo; voglio insieme con me colei che mi dà riposo, affinché lei prenda riposo e godiamo insieme i frutti del nostro lavoro.

Guarda, non ti pare più bella tutta la creazione e tutte le opere della mia redenzione col tuo ti amo, colle tue adorazioni e con la tua volontà, trasfusa nella mia, che fa vita in mezzo alle sfere celesti? Sicché non c’è più solitudine né quel silenzio sepolcrale che c’era prima nelle sfere celesti ed in tutte le opere mie, ma c’è la piccola figlia del mio Volere, che fa compagnia, che fa sentire la sua voce, che ama, che adora, che prega e che mantenendo i suoi diritti, dati a lei dalla mia Volontà, possiede tutto; e quando c’è chi possiede non c’è più solitudine né silenzio di tomba.

Ecco perciò che dopo averti molto parlato faccio silenzio; è il riposo che si richiede per me e per te, onde poter riprendere di nuovo la mia parola e così continuare il mio e il tuo lavoro. Ma mentre riposo, contemplo tutte le opere mie; il mio amore sorge in me e, riflettendo in me stesso e compiacendomi, concepisco in me altre mie immagini simili a me, e la mia Volontà me le mette fuori come trionfo del mio amore e come prediletta generazione del mio Fiat Supremo.

Sicché nel mio riposo genero i figli alla mia Volontà, tutti simili a me, e nella mia parola li partorisco e do loro lo sviluppo, la bellezza, l’altezza; onde la mia parola li va formando degni figli del Fiat Supremo. Perciò figlia mia, ogni mia parola è un dono che ti faccio; e se ti chiamo al riposo è perché tu contempli il mio dono e compiacendoti ed amandolo fai sorgere da te altri doni simili a quelli che ti ho dato, e mettendoli fuori formeranno insieme la generazione dei figli del Fiat Supremo. Quanto ne saremo contenti!”

 



[1] mi parlano, cioè fa sì che esse mi parlino

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