Libro di Cielo - Volume 19°

Maggio 13, 1926 (20)

Immagine di chi opera con fini umani e chi opera per compiere la Volontà Divina. Come Nostro Signore è il palpito della creazione.

Stavo facendo la mia solita adorazione al mio crocifisso Gesù e mentre pregavo mi son sentita vicino il mio dolce Gesù, che gettandomi il braccio al collo mi stringeva forte a sé e nel medesimo tempo mi faceva vedere il mio ultimo confessore defunto[1]; mi pareva di vederlo pensoso, tutto raccolto, ma senza dirmi nulla. Il mio Gesù lo guardava e mi ha detto:

“Figlia mia, il tuo confessore si ha[2] trovato cose grandi innanzi a me, perché quando intraprendeva un ufficio, un impegno, non tralasciava nulla per compiere esattamente quell’ufficio, era attentissimo, faceva dei grandi sacrifizi e se era necessario si disponeva anche a mettere la propria vita per fare che il suo ufficio fosse compiuto esattamente. Aveva un timore che [nel]le opere a lui affidate, se non avesse operato come si conveniva al suo ufficio, potesse essere lui d’ostacolo alla stessa opera a lui affidata; questo significa che apprezzava e dava il giusto valore alle mie opere, e la sua attenzione attirava la grazia che ci voleva per il disimpegno del suo ufficio.

Questo apparentemente non sembra un gran che, ma invece è tutto, perché quando uno è chiamato per [un] ufficio e compie i doveri che ci sono in quell’ufficio, significa che lo fa per Dio, e nell’adempimento del proprio dovere c’è la santità. Onde lui è venuto innanzi a me col compimento dei propri doveri a lui affidati; come non dovevo rimunerarlo come lui si meritava?”

Ora mentre Gesù ciò diceva, il confessore [era] come se si accentrasse di più in un raccoglimento più profondo e nel suo volto rifletteva la luce di Gesù, ma non mi ha detto neppure una parola. Quindi Gesù ha ripreso il suo dire:

“Figlia mia, quando un soggetto occupa un ufficio [e] fa uno sbaglio, non è attento ai doveri che impone il suo ufficio, può far venire dei grandi guai. Supponi uno che tiene l’ufficio di giudice, di re, di ministro, di sindaco: [se] fa uno sbaglio né sta attento ai propri doveri, può far venire la rovina di famiglie, di paesi ed anche di regni interi. Se quello sbaglio, quelle mancanze di attenzione, lo facesse una persona privata che non occupa quel dato ufficio, non potrebbe portare tanto male. Perciò le mancanze negli uffici pesano di più e portano più gravi conseguenze, ed io quando chiamo un confessore per dargli un ufficio ed in quest’ufficio gli affido un’opera mia e non vedo l’attenzione né il compimento dei propri doveri che ci sono in quell’ufficio, non gli do né la grazia necessaria né la luce sufficiente per fargli comprendere tutta l’importanza della mia opera, né posso fidarmi di lui, perché vedo che non apprezza l’opera da me affidatagli. Figlia mia, chi opera esattamente il suo ufficio, significa che lo fa per compiere la mia Volontà. Invece chi lo fa diversamente, significa che lo fa per fini umani, e se tu sapessi la differenza che c’è tra l’uno e l’altro!”

In questo mentre vedevo due persone avanti a me, uno che andava raccogliendo pietre, stracci vecchi, ferro arrugginito, pezzi di creta, tutte cose pesanti e di valore pochissimo; poveretto, stentava, sudava sotto il peso di quelle robacce, molto più che non gli davano il valore necessario per sfamarsi la fame. L’altro andava raccogliendo granelli di brillante, piccole gemme e pietre preziose, tutte cose leggerissime, ma di valore incalcolabile. Ed il mio dolce Gesù ha soggiunto:

“Quello che va raccogliendo robacce è l’immagine di chi opera per fini umani; l’umano porta sempre il peso della materia, e l’altro è l’immagine di chi opera per compiere la Volontà Divina. Che differenza tra l’uno e l’altro! I granelli di brillante sono le mie verità, le conoscenze della mia Volontà, che raccolti dall’anima formano tanti brillanti per essa. Ora se si perde qualcuna di quelle robacce o non si raccoglie, non farà nessun danno, ma se si perde o non si raccoglie uno di quei granellini di brillante, farà molto danno, perché sono di valore incalcolabile e pesano quanto può pesare un Dio, e se si perde per causa di chi ha l’ufficio di raccogliere, qual conto non darà egli, avendo fatto perdere un granello di valore infinito che poteva fare chi sa quanto bene alle altre anime?”

Dopo ciò il mio dolce Gesù metteva il suo cuore in me e mi faceva sentire il suo palpito, dicendomi:

“Figlia mia, io sono il palpito di tutta la creazione; se mancasse il mio palpito mancherebbe la vita a tutte le cose create. Ora io amo tanto chi vive nella mia Volontà che non so stare senza di essa e la voglio insieme con me a fare ciò che faccio io. Dunque tu palpiterai insieme con me, e tra tante prerogative che ti darò, ti darò la prerogativa del palpito di tutta la creazione. Nel palpito sta la vita, il moto, il calore; sicché starai insieme con me a dar la vita, il moto ed il calore a tutto”.

Ma mentre ciò diceva io mi sentivo che mi muovevo e palpitavo in tutte le cose create. E Gesù ha soggiunto:

“Chi vive nella mia Volontà è inseparabile da me ed io non so stare senza la sua compagnia. Non voglio essere isolato, perché la compagnia rende più gradite, più dilettevoli, più belle le opere che si sostengono, perciò la tua compagnia mi è necessaria per spezzare il mio isolamento in cui mi lasciano le altre creature”.

 



[1] Don Francesco De Benedictis (30-1-1926)

[2] si ha, cioè ha

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