Libro di Cielo - Volume 12°

Luglio 4, 1917 (13)

Quante più pene [l’anima soffre], tante più comu­nicazioni acquista con Gesù. Chi fa la Divina Vo­lontà sta con Gesù nel tabernacolo.

Continuando il mio solito stato, io mi sentivo un po’ sofferente, ed il mio adorabile Gesù nel venire si è messo di fronte a me, e pareva che tra me e Gesù vi fossero tanti fili elettrici di comunicazione, e mi ha detto:

“Figlia mia, ogni pena che l’anima soffre è una co­municazione di più che l’anima acquista, perché tutte le pene che la creatura può soffrire furono sofferte prima da me nella mia umanità e presero posto nell’ordine divino. E siccome la creatura non può soffrirle tutte in­sieme, la mia bontà le comunica a poco a poco, e come le comunica così crescono le catene d’unione con me. E non solo [nel]le pene, ma [in] tutto ciò che la creatura può fare di bene, così i vincoli di concatenamento si svolgono tra me e lei”.

Un’altro giorno pensavo tra me al bene che le altre anime hanno di starsi innanzi al Santissimo Sacramento, mentre io, poveretta, ne ero priva; ed il benedetto Gesù mi ha detto:

“Figlia mia, chi fa la mia Volontà sta insieme con me nel tabernacolo e prende parte alle mie pene, alle fred­dezze, alle irriverenze, a tutto [ciò] che le stesse anime fanno alla mia presenza sacramentale. Chi fa la mia Vo­lontà deve primeggiare in tutto, le è riservato sempre il posto d’onore. Quindi chi riceve più bene: chi sta da­vanti a me o chi sta con me? Per chi fa la mia Volontà non tollero neppure un passo di distanza tra me e lei, non divisione di pene o di gioie; forse la terrò in croce, ma sempre con me.

Ecco, perciò ti voglio sempre nel mio Volere, per darti il primo posto sul mio cuore sacramentato. Voglio sentire il tuo cuore palpitante nel mio con lo stesso mio amore e dolore; voglio sentire il tuo volere nel mio, che moltiplicandosi in tutti mi dia con un solo atto le ripa­razioni di tutti e l’amore di tutti; ed il mio Volere nel tuo, che facendo mia la tua povera umanità la elevi in­nanzi alla maestà del Padre come mia vittima conti­nuata”. 

<          >