Libro di Cielo - Volume 4°

Settembre 4, 1901 (83)

Ardori del Cuore di Gesù per la gloria della Maestà Divina e per il bene delle anime.

Continuando a venire il mio adorabile Gesù, questa mattina appena visto mi sentivo un’ansia di chiedergli se mi avesse perdonato i miei peccati, perciò gli ho detto:

“Dolce amor mio, quanto bramo di sentire dalla vostra bocca se mi avete perdonato i tanti miei peccati!”

E Gesù si è avvicinato al mio orecchio e col suo sguardo pareva che mi scrutinasse tutto il mio interno, e mi ha detto:

“Tutto sta perdonato e te li rimetto, non ti resta altro che qualche difetto fatto da te alla sfuggita, senza tua avvertenza, e pure te li rimetto”.

Dopo ciò pareva che Gesù si mettesse da dietro le spalle, e toccandomi le reni con la sua mano, tutte me le fortificava. Chi può dire ciò che sentivo a quel tocco? So dire solamente che vi sentivo un fuoco refrigerante, una purezza unita ad una fortezza. Onde dopo che mi ha toccato le reni, l’ho pregato che facesse lo stesso al cuore, e Gesù per contentarmi ha condisceso; e dopo mi pareva come se Gesù benedetto fosse stanco per causa mia, e gli ho detto: “Dolce mia vita, siete stanco per causa mia, non è vero?”

E lui: “Sì, almeno sii grata alle grazie che ti sto facendo, ché la gratitudine è la chiave per poter aprire a proprio piacere i tesori che Dio contiene; sappi però che questo che ho fatto ti servirà per preservarti dalla corruzione, per corroborarti e per disporre l’anima ed il corpo tuo alla gloria eterna”.

Dopo ciò pareva che mi trasportasse fuori di me stessa, e mi faceva vedere la moltitudine delle genti ed il bene che potevano fare e non fanno, e quindi la gloria che Dio deve ricevere e non riceve. E Gesù tutto afflitto ha soggiunto:

“Diletta mia, il mio cuore arde per l’onore della gloria mia e del[1] bene delle anime; tutto il bene che omettono, tanti vuoti riceve la mia gloria, e le anime loro ancorché non facessero il male, non facendo il bene che potrebbero fare, sono come quelle stanze vuote, che sebbene belle, ma non c’è niente d’ammirare, che colpisce lo sguardo, e quindi nessuna gloria ne riceve il padrone. E se un bene si fa e l’altro si tralascia, sono come quelle stanze tutte spopolate che appena qualche oggetto si scorge, senza nessun ordine. Diletta mia, entra a parte di queste pene, degli ardori del mio cuore che sente per la gloria della Maestà Divina e del bene delle anime, e cerca di riempire questi vuoti della mia gloria, e potrai farlo col non far passare momento della tua vita che non sia unita colla mia; cioè in tutte le tue azioni, sia preghiera o patimento, riposo o lavoro, silenzio o conversazione, tristezza o allegrezza, anche il cibo che prenderai, insomma tutto ciò che ti potrà accadere, metterai l'intenzione di darmi tutta la gloria che in tali azioni [le creature] dovrebbero darmi, e di supplire al bene che dovrebbero fare e non fanno, intendendo di replicare l'intenzione per quanta gloria non ricevo e per quanto bene omettono. Se ciò farai, riempirai in qualche modo il vuoto della gloria che devo ricevere dalle creature, ed il mio cuore vi proverà un refrigerio ai miei ardori, e da questo refrigerio scorreranno rivoli di grazia a pro dei mortali, che infonderà maggior fortezza per fare il bene”.

Dopo ciò mi son trovata in me stessa.

 


[1] per il

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