Libro di Cielo - Volume 4°

Ottobre 14, 1900 (19)

Il flagello pericoloso dei borghesi. Solo l’innocenza strappa la misericordia e mitiga il giusto sdegno.

Questa mattina mi sentivo tanto stordita che non capivo me stessa, né potevo andare secondo il solito in cerca del mio sommo Bene. Onde di tanto in tanto si muoveva dentro il mio interno e si faceva vedere, e tutta abbracciandomi e compatendomi mi diceva:

“Povera figlia, hai ragione che non sai stare senza di me, come potresti tu vivere senza il tuo amato?”

Ed io scossa dalle sue parole ho detto: “Ah, diletto mio, che duro martirio è la vita per gli intervalli che sono costretta a starmi senza di voi! Lo dite voi stesso che ne ho ragione e poi mi lasciate?”

E lui furtivamente si è nascosto come se non volesse che sentissi ciò che diceva, ed io son lasciata di nuovo nel mio stordimento, senza poter dire più niente; quando mi ha visto stordita, di nuovo è uscito e diceva:

“Tu sei tutto il mio contento, nel tuo cuore trovo il vero riposo, e riposandomi vi provo le più care delizie”.

Ed io di nuovo scuotendomi ho detto: “Anche per me voi siete tutto il mio contento, tanto che tutte le altre cose non son per me che amarezze”.

E lui ritirandosi di nuovo, son rimasta a mezza voce, restando più stordita di prima; e così ha seguitato questa mattina; pareva che avesse voglia di scherzare un poco. Dopo ciò mi son sentita fuori di me stessa ed ho visto che venivano persone sconosciute vestite da borghesi, e la gente nel vederle, tutte si raccapricciavano e mettevano un grido di spavento e di dolore, specie i bambini, e dicevano: “Se questi ci danno sopra[1], per noi è finita - e soggiungevano - nascondete le giovani, povera gioventù se giunge in mani di queste”.

Onde io, rivolta al Signore ho detto: “Pietà, misericordia, allontanate questo flagello tanto pericoloso per la misera umanità, vi muovano a compassione le lacrime dell’innocenza”.

E lui: “Ah, figlia mia, solo per l’innocenza ho riguardo degli altri, solo essa mi strappa la misericordia e mitiga il mio giusto sdegno”.



[1] ci danno sopra, cioè: ci dominano

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