Libro di Cielo - Volume 3°

Luglio 10, 1900 (93)

Perché un’anima viva nella Divinità e vi abiti, deve lasciare tutto per trovare tutto in Dio.

Trovandomi nella stessa confusione, come un lampo [Gesù] si è fatto vedere, e mi ha fatto capire che non avevo scritto tutto ciò che lui mi aveva detto il giorno innanzi, cioè che l’anima non solo deve vivere per Dio. Onde il benedetto Gesù mi ha ripetuto la differenza che passa tra il vivere per Dio e il vivere in Dio, col dirmi:

“Nel vivere per Dio, l’anima può star soggetta alle turbazioni, alle amarezze, essere incostante, a sentire il peso delle passioni, a mischiarsi nelle cose terrene. Ma il vivere in Dio, no, è tutto diverso, perché la cosa principale per potersi dire che una persona vivesse in un’altra persona, dovrebbe avvenire che avesse lasciato i propri pensieri ed avesse pure quelli dell’altra, così del suo stile, dei suoi gusti, e ancor più che avesse lasciato la sua volontà per prendere la volontà dell’altra.

Così, perché un’anima viva nella Divinità e vi abiti, deve lasciare tutto ciò che è suo, cioè spogliarsi di tutto, lasciare le proprie passioni; in una parola lasciare tutto per trovare tutto in Dio. Or quando l’anima si è non solo spogliata, ma assottigliata ben bene, allora potrà entrare per la porta stretta del mio cuore a vivere in me, a mio modo e della mia stessa vita; perché sebbene il mio cuore è larghissimo, tanto che non c’è termine ai suoi confini, ma la porta è strettissima e solo può entrarvi chi è denudato del tutto. E questo con ragione, perché essendo io Santissimo, non ammetterei giammai a vivere in me alcunché che fosse estraneo alla mia santità. Perciò, figlia mia, cerca di vivere in me e possederai il paradiso anticipato”.

Chi può dire quanto io comprendevo di questo vivere in Dio? Ma dopo è scomparso e sono rimasta nel mio stesso stato.

<          >