Libro di Cielo - Volume 3°

Giugno 27, 1900 (87)

Quello che Gesù vuole dall'anima è che essa non più si riconosca in se stessa, ma si riconosca solamente in lui.

Continuo a starmi assonnata. Questa mattina per pochi minuti mi son trovata desta e comprendevo il mio stato miserabile e sentivo l’amarezza della privazione del mio sommo ed unico Bene. Appena ho potuto versare due lacrime, dicendogli: “Mio sempre buon Gesù, come non vieni? Queste non sono cose da farsi: ferire un’anima di te e poi lasciarla! E per soprappiù, per non farle conoscere quello che fate la lasciate in preda del sonno. Deh, venite, non mi fate tanto aspettare!”

Mentre ciò dicevo ed altri spropositi ancora, in un istante è venuto e mi ha trasportato fuori di me stessa; e siccome volevo dirgli il mio povero stato, Gesù, imponendomi silenzio, mi ha detto:

“Figlia mia, quello che voglio da te è di non più riconoscerti in te stessa, ma di riconoscerti solamente in me; sicché di te non più ti ricorderai, né avrai più di te riconoscenza, ma ti ricorderai di me e disconoscendo te stessa acquisterai la mia sola riconoscenza. Ed a misura che oblierai e distruggerai te stessa, così ti avanzerai nella mia conoscenza e ti riconoscerai solamente in me. Quando avrai tutto ciò fatto, non più penserai con la tua mente ma con la mia; non guarderai coi tuoi occhi, non più parlerai con la tua bocca né palpiterai col tuo cuore né opererai con le tue mani né camminerai coi tuoi piedi, ma guarderai coi miei occhi, parlerai con la mia bocca, palpiterai col mio cuore, opererai con le mie mani, camminerai coi miei piedi.

Perché ciò avvenga, cioè per riconoscerti solamente in Dio, l’anima ha bisogno che vada alla sua origine e che ritorni al suo principio, Iddio, da donde uscì, e che uniformi tutta sé stessa al suo Creatore; e tutto ciò che ritiene di sé stessa e che non è conforme al suo principio lo deve disfare e ridurre al nulla. In questo sol modo, nuda, disfatta, può ritornare alla sua origine e riconoscersi solo in Dio ed operare secondo il fine per cui è stata creata. Ecco perciò che per uniformarsi tutta in me, l’anima deve rendersi invisibile con me[1]”.

Mentre ciò diceva, io vedevo il castigo terribile delle piante disseccate, e come ancora più si deve inoltrare. Appena ho potuto dire: “Deh, Signore, come faranno le povere genti?” E lui per non darmi retta, come un lampo mi è sfuggito ed è scomparso. Chi può dire l’amarezza dell’anima mia nel ritrovarmi in me stessa, per non avergli potuto dire neppure una parola per me, e per il mio prossimo, e per la tendenza al sonno come di nuovo son rimasta?



[1] invisibile con me, cioè indivisibile da me

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