Libro di Cielo - Volume 3°

Giugno 12, 1900 (81)

Dice Gesù: “Non voglio mandare flagelli, ma è la giustizia che mi costringe”.

Questa mattina, nel venire il mio amabile Gesù, ho incominciato a dire: “Signore, che fate? Pare che vi inoltriate troppo con la giustizia”. Mentre volevo continuare a dire per scusare le miserie umane, Gesù mi ha imposto silenzio col dirmi: “Taci, se vuoi che mi trattenga con te, vieni a baciarmi e a salutarmi, con le tue solite adorazioni, tutte le mie membra sofferenti”.

Così ho incominciato dalla testa e poi man mano per tutte le altre membra. Oh, quante piaghe profonde conteneva quel corpo sacrosanto che al solo guardarlo metteva raccapriccio! Onde, non appena ho finito è scomparso, lasciandomi con scarsissimo patire e con un timore: chi sa come si verserà sopra le genti, che non si è benignato di versare sopra di me le sue amarezze!

Dopo poco è venuto il confessore e gli ho detto ciò che dissi di sopra e lui mi ha risposto: “Oggi per ubbidienza assoluta, quando fai la meditazione devi pregarlo che ti faccia soffrire la crocifissione e che cessi di mandare i flagelli”.

Così quando ho fatta la meditazione l’ho pregato secondo l’ubbidienza ricevuta. Quando appena, si faceva vedere, ma senza darmi retta, anzi, or si faceva vedere che volgeva le spalle alle genti, or che dormiva per non essere da me importunato, e che so io; mi sentivo crepare che non si curava di farmi fare l’ubbidienza, onde ho preso coraggio, e mettendo tutta la fiducia nella santa ubbidienza l’ho preso per braccio per risvegliarlo e gli ho detto: “Signore, che fate, questo è l’amore che portate alla vostra virtù tanto prediletta dell’ubbidienza? Questi sono gli elogi che tante volte le avete dati? Questi sono gli onori che avete prodigati, fino a dire che vi sentite scosso e non potete resistere alla virtù dell'ubbidienza e vi sentite soggiogare dall'anima che si dona a questa virtù, che adesso pare che non vi curate di farmi ubbidire?”

Mentre ciò dicevo ed altre cose che andrei troppo per le lunghe se volessi scriverle, il benedetto Gesù si è scosso, e come colpito da vivissimo dolore ha dato in dirottissimo pianto, e singhiozzando ha detto:

“Anch'io non voglio mandare flagelli, ma è la giustizia che mi costringe, e quasi per forza; ma tu con questo parlare vuoi pungermi al vivo, è toccarmi un tasto per me troppo delicato e da me molto amato, tanto che non volli altro onore né altro titolo che quello di ubbidiente. Ed ecco, per farti vedere che non è che non mi curo di farti ubbidire, con tutto ciò che[1] la giustizia mi costringe a non farlo, ti partecipo in parte i dolori della croce”.

Mentre ciò diceva è scomparso, lasciandomi contenta che mi ha fatto ubbidire, e con un dispiacere nell'anima, come se fossi stata causa di far piangere il Signore col mio parlare. Ah, Signore, vi prego a perdonarmi!



[1] con tutto ciò che, cioè nonostante

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