Libro di Cielo - Volume 3°

Giugno 7, 1900 (79)

La stessa giustizia è amore purissimo verso gli uomini

Siccome mi trovavo in qualche modo sofferente, mi pareva che quelle sofferenze erano una dolce catena che tirava il mio buon Gesù a farlo venire quasi [di] continuo, e mi pareva che quelle pene chiamavano Gesù a fargli versare altre amarezze. Onde nel venire, or mi sosteneva nelle sue braccia per darmi forza ed ora versava di nuovo. Io però di tanto in tanto gli dicevo: “Signore, adesso sento in me parte delle vostre pene, vi prego di contentarmi, come vi dissi ieri, di darmi almeno la metà di ciò che serve ad alimentare l’uomo”.

E lui: “Figlia mia, per contentarti ti consegno le chiavi della giustizia e la conoscenza di quanto è necessario assolutamente punire l’uomo, e con ciò farai quello che ti piace. Non ne sei contenta?”

Nel sentire dirmi ciò mi consolai, e dicevo nel mio interno: “Se starà a me, non castigherò affatto nessuno”. Ma quanto restai disingannata quando il benedetto Gesù mi diede una chiave e mi mise in mezzo ad una luce, ché guardando da mezzo a quella luce scorgevo tutti gli attributi di Dio, come pure quello della giustizia! Oh, come è tutto ordinato in Dio! E se la giustizia punisce, è ordine; e se non punisse non starebbe in ordine cogli altri attributi. Onde mi vedevo misero verme in mezzo a quella luce, che se volessi impedire il corso alla giustizia, guasterei l’ordine ed andrei contro gli uomini stessi, perché comprendevo che la stessa giustizia è amore purissimo verso di loro.

Onde mi son trovata tutta confusa ed imbarazzata, perciò per sbarazzarmi ho detto a Nostro Signore: “Con questa luce di cui mi avete circondato, capisco le cose diversamente, e se lasciaste fare a me farei peggio che voi, perciò non accetto questa conoscenza e vi ringrazio [per] le chiavi della giustizia. Quello che accetto e voglio è che facciate soffrire me e che risparmiate le genti; del resto non voglio sapere niente”.

E Gesù, sorridente al mio dire, mi ha detto: “Come, subito vuoi sbarazzarti non volendo conoscere nessuna ragione? e volendomi fare più forte violenza te ne vuoi uscire con due parole: ‘Fate soffrire a me e risparmiate loro’?”

Ed io: “Signore, non è che non voglio sapere ragione, ma perché non è ufficio mio ma vostro; il mio ufficio è quello di essere vittima. Perciò voi fate il vostro ufficio ed io faccio il mio. Non è vero mio caro Gesù?”

E lui mostrando come un’approvazione mi è scomparso.

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