Libro di Cielo - Volume 3°

Aprile 16, 1900 (60)

Il passaporto per entrare nella beatitudine che l’anima può possedere su questa terra, deve essere firmato con la rassegnazione, l’umiltà e l’ubbidienza.

Dopo aver passati giorni amari e di privazione e di rimproveri del benedetto Gesù per le mie ingratitudini e resistenze al suo Volere ed alle sue grazie, questa mattina mi ha detto:

“Figlia mia, il passaporto per entrare nella beatitudine che l’anima può possedere su questa terra, deve essere firmato con tre firme, e queste sono: la rassegnazione, l’umiltà e l’ubbidienza. La rassegnazione perfetta al mio Volere è cera che liquefa i nostri voleri[1] e ne forma uno solo, è zucchero e miele, ma per ogni resistenza al mio Volere la cera si disunisce, lo zucchero si rende amaro ed il miele si converte in veleno. Or non basta essere rassegnata, ma l’anima deve essere convinta che il maggior bene per sé ed il maggior modo di glorificarmi è il far sempre la mia Volontà. Ecco la necessità della firma dell’umiltà, perché l’umiltà produce questa conoscenza. Ma chi nobilita queste due virtù, chi le fortifica, chi le rende perseveranti, chi le incatena insieme in modo da non potersi separare, chi le incorona? L’ubbidienza!

Ah, sì, l’ubbidienza, distruggendo affatto il proprio volere e tutto ciò che è materiale, spiritualizza tutto, e come corona si pone intorno. Onde la rassegnazione e l’umiltà senza l’ubbidienza saranno soggette ad instabilità, ma con l’ubbidienza saranno fisse e stabili. Ed ecco la stretta necessità della firma dell’ubbidienza, per fare che questo passaporto possa correre, per passare al regno della beatitudine spirituale che l’anima può godere di qua. Senza queste tre firme, il passaporto non avrà valore e l’anima sarà sempre respinta dal regno della be­atitudine e sarà costretta a stare nel regno dell’inquietu­dine, dei timori e dei pericoli, e per sua disgrazia avrà per dio il proprio io, e quest’io sarà corteggiato dalla superbia e dalla ribellione”.

Dopo ciò mi ha trasportato fuori di me stessa, dentro un giardino che pareva che fosse il giardino della Chiesa, in cui vedevo che fuorviavano da cinque a sei persone, sacerdoti e secolari, che unendosi coi nemici della Chiesa muovevano una rivoluzione. Che pena faceva vedere Gesù benedetto piangere il triste stato di queste persone! Poi ho guardato nell’aria e vedevo una nube d’acqua ripiena di pezzi di ghiaccio grossi che cadevano sopra la terra. Oh, quanto strazio facevano sopra i raccolti e sopra l’umanità! Ma però spero che voglia placarsi. Onde più afflitta di prima son ritornata in me stessa.



[1] i nostri voleri, cioè il Volere di Gesù ed il volere della creatura

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