Libro di Cielo - Volume 3°

Aprile 10, 1900 (59)

L’umiltà è come calamita che attira Gesù all'anima

Continua il benedetto Gesù a non venire. Oh, Dio, che pena indicibile è la sua privazione! Cercavo quanto più potevo di starmene in pace e tutta abbandonata in lui, ma che! Il mio povero cuore non ne poteva più; facevo quanto più potevo per calmarlo e dicevo: “Cuor mio, aspettiamo un altro poco, chi sa [se] viene. Usiamo qualche stratagemma per tirarlo a venire”.

Onde rivolta a lui gli dicevo: “Signore venite, l’ora si fa tarda, e voi non venite ancora? Questa mattina cerco quanto posso a starmi quieta, eppure non vi fate trovare? Signore, vi offro il martirio della vostra privazione come attestato d’amore e come farvi un presente per attirarvi a venire. È vero che non son degna, ché senza di voi mi sento mancare la vita”. E siccome non veniva gli dicevo: “Signore, o venite o vi stancherò col mio dire, e quando vi sarete stancato, neppure allora ci dovrete venire?”

Ma chi può dire tutti i miei spropositi? Gliene dicevo tanti che andrei troppo per le lunghe se volessi dire tutto. Dopo ciò, quando appena ho veduto il mio dolce Gesù che si muoveva dentro il mio interno, come se si risvegliasse da un sonno, onde si è fatto vedere più chiaro, e trasportandomi fuori di me stessa mi ha detto:

“Come l’uccello quando deve volare batte le ali, così l’anima [che è] mia, ai voli dei desideri batte le ali dell’umiltà, ed in quei battiti manda una calamita che mi attira, in modo che mentre lei prende il suo volo per venire a me, io prendo il mio per andare a lei”.

Ah, Signore, si vede che mi manca la calamita del­l’umiltà! Se io nel mio cammino spandessi ovunque la calamita dell’umiltà, non stenterei tanto ad aspettare e riaspettare la tua venuta!

<          >