Libro di Cielo - Volume 3°

Luglio 25, 1900 (101)

Non ci può essere in Gesù crudeltà alcuna, ma tutto è amore.

Questa mattina il mio adorabile Gesù è venuto e mi ha fatto vedere una macchina, dove pareva che si stritolassero tante membra umane, e come due segni nell'aria di castighi che mettevano terrore. Chi può dire la costernazione del mio cuore nel vedere tutto ciò? Ma il benedetto Gesù vedendomi così amareggiata mi ha detto: “Figlia mia, allontaniamo per poco ciò che tanto ci affligge e solleviamoci col giocare un poco insieme”.

Chi può dire ciò che è passato tra me e Gesù in questo giuoco, le finezze d’amore, gli stratagemmi, i dolci baci, le carezze che a vicenda ci facevamo? Sebbene mi passava[1] il mio diletto Gesù, perché io essendo debole venivo meno, tanto vero che non potendo contenere in me ciò che lui mi dava, ho detto: “Diletto mio, basta, basta, più non posso, io vengo meno, il mio povero cuore non è tanto largo d’essere capace di ricevere tanto, perciò basta per ora”.

Allora volendomi rimproverare il parlare dell’altro giorno, dolcemente mi ha detto: “Fammi sentire le tue querele, dì, dì, sono io crudele? Il mio amore per te si è cambiato in crudeltà?”

Ed io, tutta arrossendo ho detto: “No, Signore, non siete crudele quando venite, ma quando non ci venite allora dico che siete crudele”.

Sorridendo lui al mio dire, ha soggiunto: “Pure continua a dire che quando non vengo sono crudele. No, no, non ci può essere in me crudeltà alcuna, ma tutto è amore; e sappi che se è come tu dici, lo stesso essere crudele è amore più grande”.



[1] sorpassasse

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