Maggio 23, 1899 (25)
Questa mattina il mio adorabile Gesù voleva giocare un poco. Veniva, faceva vedere che mi voleva sentire, ma mentre mi mettevo a dire, come un lampo mi scompariva dinanzi. Oh Dio, che pena!
Mentre il mio cuore nuotava in questa pena amarissima della lontananza di Gesù ed ancor ero quasi un po’ inquieta, Gesù è ritornato di nuovo dicendomi: “Che c’è, che c’è? Più quieta, più calma! Dì, dì, che vuoi?”
Ma nell’atto di dire è scomparso. Ho fatto quanto ho potuto per quietarmi, ma che! Dopo qualche tempo il mio cuore è tornato pur a non sapersi dar pace senza del suo unico e solo conforto, e forse più di prima. Gesù ritornando di nuovo mi ha detto: “Figlia mia, la dolcezza ha la virtù di far cambiare la natura alle cose, sa l’amaro ben convertire in dolce. Perciò più dolce, più dolce”. Ma però senza darmi tempo di dire una sola parola. Così ho passato questa mattina.
Dopo ciò mi son sentita fuori di me stessa insieme con Gesù. Ci stavano molte persone; chi ambiva la ricchezza, chi l’onore, chi la gloria e chi fin la santità e tant’altre cose, ma non per Dio, sebbene[1] per essere tenute per qualche gran che dalle creature. Gesù rivolto a loro, tentennando la testa, [a] loro ha detto: “Stolti che siete, che vi state lavorando la rete come imbrigliarvi”.
Poi rivolto a me mi ha detto: “Figlia mia, perciò la prima cosa che tanto raccomando è il distacco da tutte le cose ed anche da loro stesse, e quando l’anima si è distaccata da tutto non ha bisogno di farsi forza per star lontano da tutte le cose della terra che da sé stesse le vanno intorno, ma vedendosi non curate, anzi disprezzate, dandole un addio si licenziano per non darle più molestia”.
[1] ma
fonte audio: yahoo/group/ladivinavolonta