Libro di Cielo - Volume 2°

Aprile 21, 1899 (15)

Gesù le appare sotto la forma di un ragazzo povero e le chiede di rimanere con lei.

Questa mattina, stando nel mio solito stato, in un momento mi son trovata in me stessa, ma però senza potermi muovere, quando ho inteso che qualcuno entrava nella mia stanzetta, e dopo ha chiuso di nuovo la porta ed ho sentito che si avvicinava al mio letto. Nella mia mente, pensavo che qualcuno fosse entrato furtivamente, senza che nessuno della famiglia lo avesse visto, e fosse penetrato fin dentro la mia stanzetta. Chi sa che cosa mi potrà fare? Era tanto il timore che mi son sentita gelare il sangue nelle vene, e tremavo tutta. “Oh Dio, che fare? ‑ dicevo tra me ‑ la famiglia non l’ha visto, io mi sento tutta intorpidita e non posso difendermi, né posso chiamare aiuto. Gesù, Maria, Mamma mia, aiutatemi! San Giuseppe, difendetemi da questo pericolo!”.

Quando ho inteso che saliva sopra del letto e si è rannicchiato vicino a me, è stato tanto il timore che ho aperto gli occhi e gli ho detto: “Dimmi, chi sei tu?”.

Costui ha risposto: “Io sono il povero dei poveri, non ho dove stare, son venuto da te, se mi vuoi tenere con te nella tua stanzetta; vedi, sono tanto povero che non ho neppure le vesti, ma tu ci penserai a tutto”.

Io lo guardai bene; era un ragazzo di cinque o sei anni, senza vesti, senza scarpe, sommamente bello e grazioso. Subito gli risposi: “Per me, volentieri ti avrei tenuto, ma che dirà il mio papà? Non è che sono persona libera, che posso fare quel che voglio; ho i miei genitori che lo impediscono. A vestirti, sì, lo posso fare con le mie povere fatiche; farò qualunque sacrifizio, ma a tenerti è impossibile. E poi, non tieni padre, non tieni madre, che non hai dove stare?”.

Ma il ragazzo amaramente rispose: “Non ho nessuno. Deh, non farmi più girare, fammi stare con te!”.

Io stessa non sapevo che fare, come tenerlo. Un pensiero mi balenò: chi sa che non è Gesù? Oppure sarà qualche demonio, per disturbarmi? Così di nuovo gli dissi: “Ma dimmi la verità, almeno, chi sei tu?”.

E lui ripetette: “Io sono il povero dei poveri”.

Io replicai: “Hai imparato a farti la croce?”.

“Sì”, rispose.

“Ebbene, fattela; voglio vedere come la fai! Ed egli si segnò con la croce.

Io soggiunsi: “E l’Ave Maria, la sai dire?”. “Sì, ma se vuoi che la dica, diciamola insieme”.

Io incominciai l’Ave Maria e lui diceva insieme, quando una luce purissima è spiccata dalla sua fronte adorabile ed ho conosciuto che il povero dei poveri era Gesù. In un momento, con quella luce che Gesù mi mandava, mi ha fatto di nuovo perdere i sensi e mi ha tirato fuori di me stessa. Io mi vedevo tutta confusa innanzi a Gesù, specialmente per le tante ripulse, e subito gli ho detto: “Carino mio, perdonami; se ti avessi conosciuto non ti avrei vietato l’ingresso. E poi, perché non me lo hai detto che eri proprio tu? Ho tante cose da dirti; te l’avrei detto[1], non avrei perduto il tempo in tante inutilità e timori. Poi, a tener te, non ho bisogno dei miei; posso tenerti liberamente, perché tu non ti fai vedere da nessuno”.

Ma mentre io dicevo, Gesù è scomparso, e così è finito, lasciandomi una pena per non avergli detto nulla di ciò che volevo dirgli. 



[1] dette

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