Libro di Cielo - Volume 2°

Aprile 9, 1899 (12)

Gesù la trasporta in Chiesa e se la tiene in sua compagnia nella custodia.

Questa mattina Gesù si è fatto vedere e mi ha trasportato dentro di una chiesa; là ho sentito la S. Messa e ho fatto la comunione dalle mani di Gesù. Dopo ciò mi sono abbracciata ai piedi di lui, sì fortemente che non potevo distaccarmene. Il pensiero delle pene dei giorni passati, cioè della privazione di Gesù, mi faceva tanto temere che di nuovo lo perdessi, che stando ai suoi piedi piangevo e gli dicevo: “Questa volta, o Gesù, non ti lascerò più, perché tu, quando te ne vai da me, mi fai tanto penare ed aspettare”.

Gesù mi disse: “Vieni fra le mie braccia, che voglio ristorarti delle pene che passasti in questi giorni”.

Io quasi non ardivo di farlo, ma Gesù stese le mani e mi prese sui piedi[1], mi abbracciò e mi disse: “Non temere, che non ti lascio; questa mattina voglio contentarti, vieni a starti con me nella custodia”.

E così ci ritirammo tutti e due nella custodia. Chi può dire ciò che facemmo? Ora mi baciava ed io a lui; ora io mi riposavo in lui e Gesù in me; ora vedevo le offese che riceveva, ed io facevo atti di riparazione contro le diverse offese. Chi può dire la pazienza di Gesù nel sacramento? È tale e tanta, che mette terrore solo a pensarla. Ma mentre stavo ciò facendo, Gesù mi ha fatto vedere il confessore che veniva a chiamarmi in me stessa; Gesù mi ha detto: “Basta adesso, va, che l’ubbidienza ti chiama!”.

E così pareva che l’anima tornasse al corpo, e di fatto il confessore mi chiamava all’ubbidienza. 



[1] mi distaccò dai suoi piedi

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