Libro di Cielo - Volume 2°

Aprile 7, 1899 (11)

Aspetta, con ansia e pianto, Gesù, che poi le si mostra e la invita a baciare le sue piaghe.

Continua lo stesso stato, ma specialmente questa mattina l’ho passata amarissima; avevo perduta quasi la speranza che Gesù venisse. Oh, quante lagrime ho dovuto versare! Era proprio l’ultima ora e Gesù non ci veniva ancora! Oh Dio, che fare? Il mio cuore era in tanto forte dolore ed in continuo palpitare, tanto sì fortemente, che mi sentivo in agonia mortale.

Nel mio interno gli dicevo: “Mio buon Gesù, non vedi pur tu stesso che mi sento mancare la vita? Dimmi almeno, come si può fare a stare senza di te? Come si può vivere? Sebbene sono ingrata a tante grazie, eppure ti amo, giacché ti offro questa pena amarissima della vostra assenza per ripararti la mia ingratitudine; ma vieni, abbi, Gesù, pazienza. Sei sì buono, non farmi più aspettare, vieni. Ah, non sai pur tu stesso che crudel tiranno è l’amore? Che, non hai compassione di me?”.

Mentre stavo in questo stato sì doloroso, Gesù è venuto, e tutto compassione mi ha detto: “Ecco che son venuto; non più piangere, vieni a me”.

In un istante mi son trovata fuori di me stessa, insieme con lui, ed io lo guardavo, ma col timore che di nuovo lo perdessi, che a larga vena mi scorrevano le lacrime dagli occhi. Gesù ha continuato a dirmi: “No, non piangere più, vedi un poco quanto sto a soffrire; guardami la testa, le spine son penetrate tanto dentro che non più compariscono fuori. Vedi quanti squarci e sangue coprono il mio corpo? Avvicinati, dammi un ristoro”.

Occupandomi delle pene di Gesù, ho dimenticato un poco le mie, e così ho incominciato dal capo. Oh, quanto era straziante vedere quelle spine, così incarnate dentro, che appena si potevano tirare! Mentre io ciò facevo, Gesù si lamentava, tant’era il dolore che soffriva. Dopo che ho tirato[1] quella corona di spine, tutta spezzata, l’ho riunita insieme, e conoscendo che il maggior piacere che si possa dare a Gesù è il patire per lui, l’ho presa e l’ho conficcata sulla mia testa. Poi, una per una si è fatto baciare le piaghe, ed in qualche piaga voleva che succhiassi il sangue. Io cercavo di fare tutto ciò che lui voleva, ma in muto silenzio, quando si è presentata la Vergine Santissima e mi ha detto: “Domanda a Gesù che cosa vuol fare di te”.

Io non ardivo, ma la Mamma m’incitava a farlo. Per contentarla, ho avvicinato le labbra all’orecchio di Gesù, e zitto zitto[2] gli ho detto: “Che cosa vuoi fare di me?”.

E lui ha risposto: “Voglio fare di te un oggetto delle mie compiacenze”.

E nell’atto stesso di dire queste parole è scomparso ed io mi son trovata in me stessa. 



[1] tolto

[2] zitta zitta

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