Mandavano a chiamare il confessore e allora restavo libera.

Quindi, dopo che il confessore se ne andò ed io rimasta libera, ri­tornai allo stato di prima. E così successe che passavo, quando le setti­mane, i quindici giorni, ed anche i mesi che ero sorpresa da quello sta­to d'intanto intanto nella giornata, e da me stessa riuscivo a liberarmi; quando poi ero sorpresa spesso spesso come ho detto di sopra, allora la famiglia mandava a chiamare il confessore; tanto più che avevano visto la prima volta che ne ero rimasta libera, che tutti credevano che non mi dovevo più riavere da quello stato ed invece scesi alla chiesa e mi rimisi allo stato di prima, così mandavano a chiamare il confessore ed allora restavo libera. Ma però non mi passò mai per la mente che ad un tale stato ci voleva il sacerdote per liberarmi, né che il mio male fosse una cosa straordinaria.

È vero che quando perdevo i sensi vedevo Gesù Cristo, ma questo l'attribuivo alla bontà di Nostro Signore e dicevo fra me stessa: «Vedi quanto è buono il Signore verso di me, che a questo stato di sofferenze viene a darmi la forza, altrimenti come potrei sostenere, chi mi darebbe la forza?». È pur vero che quando doveva succedermi un tale stato, la mattina, nella comunione, me lo diceva, ed in quello stesso stato le sofferenze da lui stesso mi venivano, ma non davo retta a niente, il solo pensare qualche volta di dirlo al confessore mi credevo che fossi l'anima più superba che fosse nel mondo se ardivo mettere bocca a parlare di queste cose di vedere Gesù Cristo; e provavo tale ros­sore che fu impossibile di dire niente a quel confessore, per quanto buono e santo fosse.

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