“Nel creare l’uomo il nostro amore fu tanto per lui, che sorpassò tutto l’amore che avemmo nella Creazione. Perciò lo dotammo di ragione, di memoria e di volontà e, mettendo la nostra Volontà come al banco nella sua la moltiplicasse, la centuplicasse - non per Noi che non avevamo bisogno, ma per suo bene - affinché non restasse come le altre cose create, mute ed in quel punto come Noi le uscimmo, ma che crescesse sempre, sempre in gloria, in ricchezze, in amore ed in somiglianza col suo Creatore. E, per fare che lui potesse trovare tutti gli aiuti possibili ed immaginabili, gli demmo a sua disposizione la nostra Volontà, affinché operasse con la nostra stessa potenza il bene, la crescenza, la somiglianza che voleva acquistare col suo Creatore.

Il nostro amore nel creare l’uomo volle fare un giuoco d’azzardo, mettendo le cose nostre nella piccola cerchia della volontà umana come al banco: la nostra Bellezza, Sapienza, Santità, Amore, eccetera e, la nostra Volontà che doveva farsi Guida ed Attrice del suo operato, affinché non solo lo facesse crescere a nostra somiglianza, ma gli desse la forma d’un piccolo dio.

Perciò il nostro dolore fu grande nel vederci respingere questi grandi beni dalla creatura; ed il nostro giuoco d’azzardo per allora andò fallito, ma per quanto fallito, era sempre un giuoco divino che poteva e doveva rifarsi del suo fallimento. Perciò, dopo tanti anni volle di nuovo il mio Amore giocare d’azzardo e fu con la mia Mamma Immacolata. In Lei il nostro giuoco non andò fallito, ebbe il suo pieno effetto e perciò tutto le demmo e tutto a Lei affidammo; anzi si faceva a gara: Noi a dare e Lei a ricevere”.

(Volume 19 – Marzo 9, 1926)

“Figlia mia, nessuno può essere a Me accettevole senza la prova.

Se non ci fosse stata la prova (anche per l’Immacolata mia Mamma), avrei avuto una Madre schiava, non libera, e la schiavitù non entra nei Nostri rapporti, né nelle Nostre Opere, né può prendere parte al Nostro libero Amore.

La mia Mamma ebbe la sua prima prova fin dal primo istante del suo Concepimento.

Non appena ebbe il suo primo atto di ragione conobbe la sua volontà umana da una parte e la Volontà Divina dall’altra e fu lasciata libera a quale delle due volontà volesse aderire; e Lei, senza perdere un istante e conoscendo tutta la intensità del sacrificio che faceva, Ci donò la sua volontà, senza volerla più conoscere, e Noi le facemmo dono della Nostra, ed in questo scambio di donazione di volontà d’ambo le parti, affluirono tutti i pregi, le bellezze, i prodigi, i mari immensi di grazia nell’Immacolato Concepimento della più privilegiata di tutte le creature.

E’ sempre la volontà che sono solito provare: tutti i sacrifici, anche la morte, non a Me diretti dalla volontà umana, Mi farebbero nausea e non attirerebbero neppure uno dei miei sguardi.

Ma vuoi sapere tu quale fu il più grande prodigio operato da Noi in questa Creatura sì Santa ed il più grande eroismo, che nessuno potrà mai eguagliare, di sì bella Creatura?

La sua vita la incominciò con la Nostra Volontà, e così la seguì e la compì.

Sicché si può dire che compì da dove incominciò e incominciò da dove compì; ed il Nostro più grande prodigio fu che in ogni suo pensiero, parola, respiro, palpito, moto e passo, il Nostro Volere sboccava su di Lei, e Lei Ci offriva l’eroismo di un palpito divino ed eterno operante in Essa.

Questo La elevava tanto, che ciò che Noi eravamo per natura, Lei lo era per grazia.

Tutte le altre prerogative, i suoi privilegi, il suo stesso Immacolato Concepimento sarebbe stato un nulla a confronto di questo grande prodigio; anzi, fu questo che La confermò e La rese stabile e forte in tutta la sua vita.

La Mia Volontà continuava sboccante su di Lei, Le partecipava la Natura Divina, ed il suo continuo riceverLa La rese forte nell’amore, forte nel dolore, distinta fra tutti.

Fu in questa Nostra Volontà, operante in Lei, per cui Ella attirò il Verbo sulla terra, che si formò il seme della fecondità divina, per poter concepire un Uomo e Dio, senza opera umana, e la Nostra Volontà La fece degna di essere Madre del suo stesso Creatore.

Perciò Io insisto sempre sull’argomento della Mia Volontà, perché Questa conserva bella l’anima come uscì dalle Nostre Mani, la cresce come copia originale del suo Creatore, e per quante opere grandi e sacrifici uno possa fare, se la Mia Volontà non entra in mezzo, Io li rifiuto, non li conosco, non è cibo per Me; e le opere più belle, senza la Mia Volontà, diventano cibo della volontà umana, della propria stima e dell’ingordigia della creatura”.

(Volume 17 – Dicembre 8, 1924)

“Tu devi sapere che il vivere nella nostra Volontà è un Dono che la nostra magnanimità vuol dare alle creature e con questo Dono la creatura si sentirà trasformata: da povero ricco, da debole forte, da ignorante dotto, da schiavo di vile passione, dolce e volontario prigioniero d’una Volontà tutta Santa che non lo terrà prigioniero, ma re di se stesso, dei domini divini e di tutte le cose create.

Il gran Dono della nostra Volontà, dato come dono, cambierà la sorte infelice delle umane generazioni, menoché chi volontariamente vuol restare nella sua infelicità, molto più che questo Dono fu dato all’uomo nel principio della sua Creazione ed, ingrato, lo respinse col fare la sua volontà, sottraendosi dalla Nostra.

Ora, chi si dispone a fare il nostro Volere prepara il posto, la decenza, la nobiltà dove poter mettere questo Dono sì grande ed infinito; le nostre conoscenze sul Fiat aiuteranno e prepareranno in modo sorprendente a ricevere questo Dono e, ciò che non hanno ottenuto fin oggi lo potranno ottenere domani.

Prima abbiamo chiamata una dell’umana famiglia a vivere nella reggia del nostro Volere. Ora, dopo che abbiamo fatto dono del nostro Fiat ad un membro di questa umana famiglia, essa acquista il vincolo ed il diritto di questo Dono - perché Noi non facciamo mai opere e doni per una sola, ma quando facciamo opere e doni li facciamo sempre in modi universali - quindi questo Dono sarà pronto per tutti, purché lo vogliono e si dispongono.

Perciò, il vivere nella mia Volontà non è proprietà della creatura né sta in suo potere, ma è Dono, ed Io lo faccio quando voglio, a chi voglio e nei tempi che voglio. Esso è Dono di Cielo fatto dalla nostra grande magnanimità e del nostro Amore inestinguibile.

Ora con questo Dono l’umana famiglia si sentirà talmente vincolata col suo Creatore, che non si sentirà più da Lui lontano, ma talmente vicina come se fosse della sua stessa Famiglia e convivesse nella sua stessa Reggia; con questo Dono si sentirà talmente ricca che non più sentirà le miserie, le debolezze, le passioni tumultuanti, ma tutto sarà forza, pace, abbondanza di grazia, e, riconoscendo il Dono, dirà: ‘Nella casa del Padre mio Celeste nulla mi manca, ho tutto a mia disposizione, sempre in virtù del Dono che ho ricevuto’.

I doni li diamo sempre per effetto del nostro grande Amore e dalla nostra somma magnanimità; se ciò non fosse, o volessimo badare se la creatura merita o no, se ha fatto dei sacrifici, allora non sarebbe più dono, ma mercede, ed il nostro Dono si renderebbe come diritto e schiavo della creatura, mentre Noi ed i nostri doni non siamo schiavi di nessuno.

Difatti l’uomo non esisteva ancora e prima che lui fosse già creammo il cielo, il sole, il vento, il mare, la terra fiorita e tutto il resto per farne dono all’uomo. Che cosa aveva fatto per meritare doni sì grandi e perenni? Nulla. E nell’atto di crearlo gli demmo il gran Dono che superò tutti gli altri: il nostro Fiat Onnipotente. E sebbene lo respinse, Noi però lo teniamo a riserva per darlo ai figli, lo stesso Dono che Ci respinse il padre.

Il dono viene dato nell’eccesso del nostro Amore, il quale è tanto che non sa fare, non bada ai conti; mentre la mercede che si dà se la creatura fa le opere buone, si sacrifica, si dà con giusta misura ed a secondo che merita; non così nel dono. Perciò chi potrà dubitare significa che non se ne intende del nostro Essere Divino né delle nostre larghezze né dove può giungere il nostro Amore; però vogliamo la corrispondenza della creatura, la gratitudine ed il suo piccolo amore”. 

(Volume 30 – Aprile 30, 1932) 

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