Libro di Cielo - Volume 19°

Luglio 11, 1926 (36)

Come per formare il Regno della Redenzione i più che soffrirono fu[rono] Gesù e la sua Madre. Necessità di conoscere ciò. Così sarà necessario conoscere chi ha sofferto per il Regno del Fiat Supremo.

Da parecchi giorni il mio dolce Gesù non mi aveva detto nulla sulla sua Santissima Volontà; piuttosto si faceva vedere mesto, in atto di colpire le creature. Oggi come se volesse uscire dalla sua mestizia, perché quando parla della sua Volontà sembra che si mette in festa, nell’uscire dal mio interno mi ha detto: “Figlia mia, voglio sollevarmi; fammi parlare del Regno del mio Supremo Volere”.

Ed io: “Amor mio e vita mia Gesù, se tu non mi dici tutti i segreti che ci sono in esso, io non conoscendo tutto non godrò la pienezza dei beni che questo regno possiede, né potrò darti il ricambio dell’amore dei beni che tu nascondi; e mi sentirei infelice in mezzo a tanta felicità, ché [in] tutto ciò che in esso tu possiedi non scorre il mio ti amo. Sarà piccolo, ma è il ti amo della tua piccola figlia che tu ami tanto”.

E Gesù, [ri]prendendo la mia stessa parola, mi ha detto: “Piccola figlia, lo dici tu stessa quanto è necessaria la conoscenza. Se è necessaria per te, molto più per gli altri.

Ora tu devi sapere che per formare il Regno della Redenzione, quelli che si distinsero[1] di più nel patire fu la mamma mia. E sebbene apparentemente lei non soffrì nessuna pena che conobbero le altre creature, meno che la mia morte che fu conosciuta da tutti, che fu per il suo materno cuore il colpo fatale e straziante più di qualunque morte dolorosissima, ma siccome lei possedeva l’unità della luce del mio Volere, questa luce portava al suo cuore trafitto non solo [le] sette spade che dice la Chiesa, ma tutte le spade, le lance, le punture di tutte le colpe e pene delle creature, che martirizzavano in modo straziante il suo materno cuore. Ma questo è nulla. Questa luce le portava tutte le mie pene, le mie umiliazioni, i miei strazi, le mie spine, i miei chiodi, le pene più intime del mio cuore.

Il cuore della mia Mamma era un vero sole, che mentre in esso si vede solo luce, questa luce contiene tutti i beni ed effetti che riceve e possiede la terra; sicché si può dire che la terra è racchiusa nel sole.

Così la Sovrana Regina. Si vedeva la sua sola persona, ma la luce del mio Supremo Volere racchiudeva in lei tutte le pene possibili ed immaginabili e, quanto più intime e sconosciute queste pene, tanto più pregevoli e più potenti [erano] sul Cuore Divino per impetrare il sospirato Redentore, e più che luce solare scendevano nei cuori delle creature per conquiderle e legarle nel Regno della Redenzione. Sicché la Chiesa, delle pene della celeste Sovrana, conosce tanto poco, che si può dire le sole pene apparenti, e perciò dà il numero di sette spade. Ma se conoscesse che il suo materno cuore era il rifugio, il deposito di tutte le pene, e la luce della mia Volontà tutto le portava, nulla le risparmiava, non avrebbe detto sette spade, ma milioni di spade. Molto più che essendo pene intime solo Iddio ne conosce l’intensità del dolore, e perciò fu costituita con diritto Regina dei martiri e di tutti i dolori. Le creature sanno dare il peso, il valore alle pene esterne, ma delle interne non se ne intendono a mettere il giusto prezzo.

Ora per formare nella mia Mamma prima il Regno della mia Volontà e poi quello della Redenzione, non erano necessarie tante pene, perché, non avendo colpe, l’eredità delle pene non era per lei; la sua eredità era il Regno della mia Volontà. Ma per dare il Regno della Redenzione alle creature, dovette assoggettarsi a tante pene. Sicché i frutti della redenzione furono maturati nel Regno della mia Volontà, posseduto da me e dalla mia Mamma. Non c’è cosa bella, buona e utile che non esce dalla mia Volontà.

Ora, unita alla Sovrana Regina, venne la mia umanità. Lei restò nascosta in me, nei miei dolori e nelle mie pene, perciò poco si conobbe di lei. Ma della mia umanità fu necessario che si conoscesse ciò che io feci, quanto patii e quanto amai. Se nulla [si] conoscesse, non potrei formare il Regno della Redenzione. La conoscenza delle mie pene e del mio amore è calamita, sprone, incitamento, luce per attirare le anime e prendere i rimedi, i beni che in essa[2] ci sono. Il sapere quanto mi costano le loro colpe, la loro salvezza, è catena che le lega a me ed impedisce nuove colpe. Se invece nulla avessero saputo delle mie pene e della mia morte, non conoscendo quanto mi è costata la loro salvezza, nessuno si sarebbe dato il pensiero di amarmi e di salvarsi l’anima. Vedi dunque quanto è necessario far conoscere quanto ha fatto e patito colui o colei che ha formato in sé un bene universale per darlo agli altri.

Ora figlia mia, come fu necessario far conoscere chi fu colui e colei e quanto costò loro per formare il Regno della Redenzione, così è necessario far conoscere colei che la mia paterna bontà ha scelto, prima per formare in lei il Regno del Fiat Supremo e poi dare il principio di trasmissione agli altri. Come fu per la redenzione, che[3] prima fu formato tra me e la mia Mamma celeste e poi fu conosciuto dalle creature, così sarà del Fiat Supremo.

Quindi è necessario far conoscere quanto mi costa questo Regno della mia Volontà. E per fare che l’uomo potesse entrare di nuovo nel suo regno perduto, ho dovuto sacrificare la più piccola delle creature, tenerla inchiodata per quarant’anni e più dentro un letto, senz’aria e senza la pienezza della luce del sole che tutti godono. [È necessario far conoscere] come il suo piccolo cuore è stato il rifugio delle mie pene e di quelle delle creature, come ha amato tutti, pregato per tutti, difeso tutti, e quante volte si è esposta ai colpi della divina giustizia per difendere tutti i suoi fratelli. E poi le sue pene intime, le mie stesse privazioni che martirizzavano il suo piccolo cuore dandole morti continue, perché, non conoscendo altra vita che la mia, altro volere che il mio, tutte queste pene gettavano le fondamenta del Regno della mia Volontà e come raggi solari maturavano i frutti del Fiat Supremo. Onde è necessario far conoscere quanto costò a te e a me questo regno; onde dal costo possono conoscere quanto io amo che ne facciano acquisto, e dal costo possono apprezzarlo ed amarlo ed aspirare ad entrare a vivere nel Regno della mia Suprema Volontà”.

Ciò ho scritto per obbedire, ma è stato tanto lo sforzo, che appena ho potuto accennare della mia povera esistenza. Già per la grande ritrosia mi sento gelare il sangue nelle vene, ma mi conviene ripetere sempre Fiat! Fiat! Fiat!

 



[1] quelli che si distinsero, cioè quella che si distinse

[2] redenzione

[3] il cui regno

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