Libro di Cielo - Volume 19°

Aprile 9, 1926 (11)

Differenza tra le virtù e la Divina Volontà.

Stavo pensando tra me: “Il mio dolce Gesù dice tante cose grandi, mirabili, altissime, maravigliose della Volontà di Dio, eppure a me sembra che dalle[1] creature non hanno quel concetto che essa merita né quell’im­pressione grande delle meraviglie che in essa ci sono, anzi pare che la mettono a pari delle virtù e forse ci tengono più ad esse che alla Santissima Volontà di Dio”.

Ed il mio sempre amabile Gesù, muovendosi nel mio interno, mi ha detto:

“Figlia mia, vuoi sapere il perché? Perché non hanno il palato purgato e sono abituate ai cibi ordinari di questo basso mondo quali sono le virtù e non ai cibi celesti e divini qual è il mio Volere. Questo cibo celeste è gustato solo da chi, la terra, le cose e le stesse persone, sono tenute da lei come un nonnulla, oppure tutte in ordine a Dio.

Le virtù che si possono praticare sulla terra di rado sono escluse[2] da fini umani, da stima propria, da propria gloria, da amore di comparire e di piacere a persone, e tutti questi fini sono come tanti gusti al palato ordinario dell’anima e molte volte si opera più per questi gusti che per il bene che contiene la virtù. Ecco perciò, fanno più breccia le virtù, perché la volontà umana guadagna sempre qualche cosa.

Invece la mia Volontà la prima cosa che atterra è la volontà umana e non tollera nessun fine che dà d’umano. Essa è di cielo e vuol mettere nell’anima ciò ch’è divino ed al cielo appartiene. Sicché il proprio io resta digiuno e si sente morire; onde sentendosi morire e perdendo la speranza che nessun altro cibo le resta[3], si decide a prendere il cibo della mia Volontà e come lo prende, essendo il suo palato purgato, allora sente il gusto del cibo della mia Volontà ed è tanto che non lo cambierebbe a costo della propria vita. La mia Volontà non sa accordarsi con le cose basse e piccole che si possono fare sulla terra, come fanno le virtù, ma essa vuol tenere tutto e tutti come sgabello ai suoi piedi e cambiare tutto l’interno dell’anima e le stesse virtù in Volontà Divina. In una parola vuole il suo cibo nel fondo dell’anima, altrimenti resterebbe inceppata e non potrebbe svolgere la sua vita divina.

Quindi la gran differenza che c’è tra le virtù e la mia Volontà, tra la santità dell’una e dell’altra: le virtù possono essere delle creature e possono formare al più una santità umana; la mia Volontà è di Dio e può formare una santità tutta divina. Qual differenza! Ma siccome le creature sono abituate a guardare nel basso, perciò a loro fanno più impressione le piccole lucerne delle virtù che il gran sole della mia Volontà”.

Onde dopo, mi son trovata fuori di me stessa nell’atto che sorgeva il sole. Tutte le cose cambiavano aspetto, le piante restavano imbrillantate, il fiore riceveva la vita del suo profumo e del diverso colore che a ciascun fiore portava la luce del sole; tutte le cose ricevevano a sorsi a sorsi la vita della luce del sole per svilupparsi e formarsi, eppure una era la luce, uno il calore, null’altro si vedeva. Ma donde scaturivano tanti diversi effetti, tante varie tinte che dava alla natura?

E il mio dolce Gesù mi ha detto: “Figlia mia, perché il sole contiene il germe della fecondità, il germe della sostanza di tutti i colori? Ma perché la luce è più grande dei beni che contiene, perciò li tiene ecclissati tutti in sé. Non si può dare una cosa se non si possiede. Così il sole non poteva dare né la fecondità né la dolcezza ai frutti, né il colorito ai fiori né operare tante maraviglie sulla terra, da trasformarla da un abisso di tenebre in un abisso di luce, se non conteneva in sé tutti gli effetti che produce.

Simbolo della mia Volontà è il sole. Come sorge sull’anima, così la vivifica, la imperla di grazie, le dà le tinte più belle dei colori divini, la trasforma in Dio. Fa tutto d’un colpo, basta farla sorgere per farle operare cose maravigliose. Essa col dare nulla perde, come niente perde il sole col fare tanto bene alla terra, anzi [essa] resta glorificata nell’opera della creatura.

Il nostro Essere è sempre nel perfetto equilibrio né può decrescere, ma sai come succede? Immaginati un mare pieno fino all’orlo, un vento investe la superficie e forma le onde, le quali straripano fuori del mare. Questo mare siccome[4] sorge nulla ha perduto, e come le acque sono straripate fuori così subito sono cresciute e si vedono allo stesso livello di prima.

Così succede tra l’anima e Dio: essa si può chiamare il piccolo vento che forma le onde nel mare divino, in modo che può prendere quant’acqua vuole, ma il nostro mare rimarrà sempre al suo livello, perché la nostra natura non è soggetta a subire mutazioni. Perciò quanto più prenderai, più mi darai gusto e più resterò glorificato in te”.

Onde dopo di ciò, pensavo alla differenza che passa tra chi si fa dominare dalla Volontà di Dio e tra chi si fa dominare dalla volontà umana. In questo [mentre], innanzi alla mia mente vedevo una persona curva, la fronte toccava le ginocchia, coperta d’un velo nero, involta in una nebbia fitta che l’impediva di vedere la luce. Poveretta, sembrava ubriaca e barcollante, cadeva ora a destra ora a sinistra, veramente faceva pietà. Ora mentre ciò vedevo, il mio dolce Gesù si mosse nel mio interno dicendomi:

“Figlia mia, questo è l’immagine di chi si fa dominare dalla propria volontà. Il volere umano incurva tanto l’anima che è costretto[5] a guardare sempre la terra; questa conosce, e l’ama. Questa conoscenza e quest’amore formano tante esalazioni e formano quella nebbia fitta e nera che tutta l’involge e le toglie la vista del cielo e la bella luce delle verità eterne. Perciò la dote della ragione umana resta ubriaca delle cose della terra e quindi non ha il passo fermo e barcolla a destra e a sinistra e più s’involge nelle tenebre fitte che la circondano. Perciò non c’è sventura più grande di un’anima che si fa dominare dalla sua volontà.

Invece tutto al contrario chi si fa dominare dalla mia Volontà. Essa fa crescere l’anima dritta, in modo che non può piegarsi verso la terra, ma guarda sempre il cielo. Questo guardare sempre il cielo forma tante esalazioni di luce che tutta l’involgono, e questa nube di luce è tanto fitta che, eclissando tutte le cose della terra, le fa tutte scomparire e per contraccambio le fanno ricomparire[6] tutto ciò che è del cielo, sicché si può dire che conosce il cielo, e tutto ciò che al cielo appartiene ama. La mia Volontà rende il passo fermo, quindi non c’è pericolo che [l’anima] possa barcollare menomamente, e la bella dote della ragione sana è tanto illuminata dalla luce che l’involge, che passa da una verità all’altra. Questa luce le scopre arcani divini, cose ineffabili, gioie celesti.

Perciò la più [grande] fortuna d’un’anima è il farsi dominare dalla mia Volontà. Essa[7] tiene la supremazia su tutto, occupa il primo posto d’onore in tutta la creazione, non si sposta mai dal punto da dove Dio l’ha uscita; Dio la trova sempre sulle sue ginocchia paterne a ricantargli la sua gloria, il suo amore e la sua eterna Volontà. Onde stando sulle ginocchia del Padre celeste, il primo amore è a lei, i mari di grazie che continuamente straripano dal seno divino sono suoi, i primi baci, le carezze più amorose sono proprio per essa. Solo per lei ci è dato d’affidare i nostri segreti, perché essendo la più vicina a noi e la più che sta con noi le facciamo parte di tutte le cose nostre, e noi formiamo la sua vita, la sua gioia e felicità, ed essa forma la nostra gioia e la nostra felicità, perché essendo la volontà sua una con la nostra, e possedendo il nostro Volere, la nostra stessa felicità, non è maraviglia che, possedendo l’anima la nostra Volontà, ci può dare a noi gioie e felicità e quindi ci felicitiamo a vicenda”.

Onde continuava la mia povera mente a pensare sulla differenza che passa tra chi si fa dominare dalla Volontà Suprema e tra chi si fa dominare dalla volontà umana, ed il mio sommo ed unico bene ha soggiunto:

“Figlia mia, la mia Volontà contiene la potenza creatrice, quindi crea nell’anima la forza, la grazia, la luce e la stessa bellezza con cui vuole che le cose sue si facciano[8] dall’anima. Onde l’anima sente in sé una forza divina come se fosse sua, una grazia sufficiente per il bene che dovrei[9] fare o per una pena che le tocca a soffrire, una luce che come connaturalmente le fa vedere il bene che fa, ed allettata dalla bellezza dell’opera divina che lei compie, gioisce e fa festa. Perché le opere che compie la mia Volontà nell’anima hanno l’impronta della gioia e d’una festa perenne.

Questa festa fu iniziata dal mio Fiat nella creazione, che[10] fu interrotta dalla rottura della volontà umana con quella di Dio. E come l’anima fa operare e dominare il Supremo Volere, così la festa riprende il suo corso e tra la creatura e noi si riprendono i trastulli, i giuochi, le delizie. In noi non esiste l’infelicità né il dolore; come potevamo darlo alle creature? E se esse sentono l’infelicità è perché lasciano la Volontà Divina e si chiudono nel piccolo campo della volontà umana. Perciò come ritornano nel Supremo Volere trovano le gioie, la felicità, la potenza, la forza, la luce, la bellezza del loro Creatore, che facendole come cose proprie, [le creature] sentono in loro una sostanza divina connaturale che giunge a dar loro gioie e felicità nello stesso dolore. Perciò tra l’anima e noi è sempre festa, scherziamo e ci deliziamo insieme.

Invece nella volontà umana non c’è una potenza creatrice, che volendo esercitare le virtù può creare la pazienza, l’umiltà, l’ubbidienza, eccetera. Ecco perciò si sente lo stento, la fatica per poter praticare le virtù, perché manca la forza divina che le sostiene, la potenza creatrice che le alimenta e dà loro la vita. Quindi si vede l’incostanza e [le creature] passano con facilità dalle virtù ai vizi, dalla preghiera alla dissipazione, dalla chiesa ai divertimenti, dalla pazienza all’impazienza, e tutto questo mescuglio di beni e di male produce l’infelicità nella creatura.

Invece chi fa regnare in sé la mia Volontà sente la fermezza nel bene, sente che tutte le cose le portano la felicità, la gioia, molto più che tutte le cose da noi create tengono l’impronta, il germe della gioia e della felicità di colui che le ha create, e furono create da noi affinché tutte portassero la felicità all’uomo. Ciascuna cosa creata tiene il mandato di noi[11], che portassero ciascuna la felicità, la gioia che posseggono.

Alla creatura difatti qual gioia e felicità non porta la luce del sole? Qual piacere non porta alla vista il cielo azzurro, un prato fiorito, un mare che mormora? Qual gusto non porta al palato un frutto dolce e saporito, un’acqua freschissima e tante e tante altre cose? Tutte le cose create nel loro muto linguaggio dicono all’uomo: ‘Ti portiamo la felicità, la gioia del nostro Creatore’.

Ma vuoi sapere tu in chi tutte le cose create trovano l’eco della loro gioia e felicità? In chi trovano regnante e dominante la mia Volontà, perché quella Volontà che regna integra in loro e che possiede lo stesso Dio e che regna nell’anima si forma una sola cosa e straripano, l’una all’altra[12], mari di gioie, di felicità e di contenti; sicché è una vera festa.

Perciò figlia mia, ogni qual volta ti fondi nella mia Volontà e giri per tutte le cose create per suggellarmi il tuo amore, la tua gloria, la tua adorazione su ciascuna cosa che ho creato per felicitarti, mi sento rinnovare la gioia, la felicità, la gloria, come nell’atto quando uscimmo fuori tutta la creazione. Tu non puoi capire la festa che ci fai nel vedere la tua piccolezza che, volendo abbracciare tutto nella nostra Volontà, ci ricambia in amore, in gloria, per tutte le cose create. È tanta la nostra gioia che mettiamo tutto da parte per goderci la gioia, la festa che ci dai.

Perciò il vivere nel Supremo Volere è la cosa più grande per noi e per l’anima, è lo stesso[13] del Creatore sulla creatura, che riversandosi su di essa le dà la sua forma e le partecipa tutte le qualità divine, in modo che ci sentiamo ripetere da lei le opere nostre, la gioia nostra, la nostra felicità”.

 



[1] le

[2] esenti

[3] che nessun altro cibo le resta, cioè che le resti altro cibo

[4] come

[5] costretta

[6] le fanno ricomparire, cioè fa ricomparire all’anima

[7] Tale anima

[8] si facciano, cioè siano fatte

[9] deve

[10] e

[11] di noi, cioè nostro

[12] all’altra, cioè nell’altra

[13] probabilmente sbocco

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