17° Volume - Luglio 9, 1925 (52)

“Il patire insieme con me servirà di battente continuo, col quale io possa picchiare alle porte dell’ani­ma tua, e tu alla mia”.

Mi sentivo che non potevo più stare senza del mio dolce Gesù. Per parecchi giorni ho dovuto sospirare il suo ritorno, ma invano... Gli dicevo di cuore: “Amor mio, ritorna alla tua piccola figlia; non vedi che non ne posso più? Ah, a qual duro martirio esponi la mia povera esistenza col privarmi di te!”. E stanca e sfinita mi abbandonavo nel suo Santissimo Volere. Ora, mentre mi trovavo in questo stato, stavo leggendo e mi son sentita stendere le braccia al collo. La mia mente è restata asso­pita, e mi son trovata stretta dalle braccia di Gesù, tutta adombrata e nascosta in lui. Io volevo dirgli il mio dolore, ma non mi ha dato tempo di farlo; ha parlato Gesù, dicendomi:

“Figlia mia, non vuoi persuaderti che quando la mia giustizia, per giusta ragione, vuole castigare le genti, io sono costretto a nascondermi presso di te? Perché tu non sei altro che una piccola particella che vincola tutte le altre particelle delle altre creature, e le fa stare alla famigliare con te e come in festa. Allora, volendo colpire le altre particelle vincolate a te, la mia giustizia si trova in contrasto, e si sente distogliere dal colpire. Quindi, in questi scorsi giorni, in cui ho mandato castighi nel mondo, io mi son tenuto da te nascosto, sebbene in te sempre”.

Ora, mentre ciò diceva, mi son trovata fuori di me stessa, e mi faceva vedere che in vari punti della terra c’erano stati, dove terremoti, dove gravi incendi con morte di genti e dove altri guai, e pareva che altri gravi mali seguiranno… Io son restata spaventata e pregavo, ed il mio amabile Gesù è ritornato, e io mi vedevo innanzi a lui tutta brutta, come appassita, e gli ho detto: “Vita mia e mio tutto, guardami come mi son fatta brut­ta, come sto in atto d’appassire. Ah, senza di te, come mi cambio! La tua privazione mi fa perdere la freschezza, la bellezza che è nella tua grazia, e mi sento come sotto d’un sole ardente che, togliendomi tutti gli umori vitali, mi fa appassire e consumare”.

E Gesù mi ha fatto patire un poco insieme con lui… Quel patire si convertiva sopra dell’anima mia come in celeste rugiada, che mi restituiva gli umori vitali; e pren­dendo la povera anima mia nelle sue mani, ha soggiunto:

“Povera figlia mia, non temere; se la mia privazione ti ha fatto appassire, il mio ritorno ti restituirà la freschezza, la bellezza, il colorito e tutti i miei lineamenti; ed il patire insieme con me non solo ti sarà come rugiada da farti ringiovanire, ma servirà di battente continuo, col quale io possa picchiare alle porte dell’anima tua, e tu alla mia, in modo che le porte restino sempre aperte e tu liberamente possa entrare in me ed io in te; ed il mio soffio ti servirà come venticello, da conservarti tutti i doni e la bella freschezza che ti destinai quando ti creai”. E mentre ciò diceva mi soffiava forte forte, e stringendomi a sé, mi è scomparso.