17° Volume - Giugno 11, 1925 (47)

“Qual è la mia Volontà, tale Essa rende l’atto”.

La mia povera mente me la sentivo immersa nella Santissima Volontà di Dio… Oh, come avrei voluto che neppure un respiro, un palpito, un moto, io facessi fuori del Volere supremo! Mi sembrava che tutto ciò che si fa fuori della Volontà di Dio ci fa perdere nuova bellezza, nuova grazia e luce, e ci mette come in dissomiglianza col nostro Creatore, mentre Gesù vuole che in tutto somigliamo al nostro supremo Fattore; e in che altro modo più facile possiamo rassomigliarlo[1], che col ricevere in noi la vita continua della sua Santissima Volontà? Essa ci porta i riflessi, i lineamenti del nostro Padre celeste, ci mantiene integro lo scopo della creazione, ci accerchia in modo da conservarci belli e santi, qual Dio ci ha creati, e ci dà quel sempre nuovo di bellezza, di luce, di amore non mai interrotto che solo in Dio si trova…

Ora, mentre la mia mente si perdeva nel Volere eter­no, il mio dolce Gesù, stringendomi a sé, con voce sensibile mi ha detto:

“Figlia mia, non c’è cosa che possa eguagliare il gran male di non fare la mia Volontà; non c’è bene che possa pareggiare [il farla]; non c’è virtù che possa stargli di fronte. Sicché il bene che si perde col non fare la mia Volontà è [di] per sé irreparabile, e solo col ritornare di nuovo in Essa [si] può trovare rimedio e essere restituiti i beni che la nostra Volontà aveva stabilito di dare alla creatura. Invano s’illudono le creature di fare altre opere, virtù, sacrifizi…; se non sono parto della mia Volontà e fatti per compierla, non sono da me riconosciuti; molto più che sta stabilito di dare la grazia, gli aiuti, la luce, i beni ed il giusto premio, a chi opera per compiere la mia Volontà. E poi, la mia Volontà è eterna: non ha principio né avrà fine; e chi può calcolare un atto fatto nella mia Volontà, senza principio e senza fine? Qual è la mia Volontà, tale Essa rende l’atto. Invece, le altre virtù, le opere e sacrifici senza della mia Volontà, hanno un principio, come pure una fine; che gran che di premio possono ricevere cose soggette a perire?

Oltre di ciò, la mia Volontà è l’equilibrio dei miei attributi. Se la mia potenza non avesse questa Volontà Santa, si svolgerebbe in tirannia verso chi tanto mi offende; invece, equilibrando la mia potenza, mi fa versare grazie dove dovrei versare furore e distruzione. La mia sapienza, se non fosse per la mia Volontà che le dà vita sempre nuova, non manifesterebbe tanta arte e maestria nelle opere nostre. La nostra bellezza sarebbe scolorita e senza attrattiva, se non fosse sostenuta da questa Volontà eterna. La misericordia si convertirebbe in debolezza, se non fosse equilibrata dalla mia Volontà; e così di tutto il resto dei nostri attributi. Ora, la nostra paterna bontà ha tanto amore verso le creature, che ha stabilito l’equilibrio dell’uomo nella nostra Volontà. Era giusto che, essendo uscito quest’uomo dalla Volontà suprema, Essa si facesse vita che mantenesse l’equilibrio [di] tutto l’operato dell’uomo, dandogli la somiglianza del suo Creatore; sicché si doveva vedere in lui tale dignità, maestà, ordine, nell’agire, da riconoscerlo come parto del suo Fattore. Onde, anche dall’agire si può vedere se c’è l’equilibrio della mia Volontà, oppure quel­lo dell’umana. Ecco perciò la causa di tante opere, forse anche buone, [dove] non si vede l’equilibrio, il regime, l’ordine, perché manca l’esecuzione della mia Volontà, e perciò, invece di ammirarsi si biasimano, ed invece di gettare luce gettano tenebre. Se tutto il bene viene dalla mia Volontà, senza di Essa sono beni apparenti, senza vita, e forse anche velenosi, che avvelenano chi ne pren­de parte”.

 



[1] rassomigliargli