17° Volume - Maggio 30, 1925 (45)

“Quando parlo, io voglio che si possieda il bene che manifesto”.

Mi sentivo oppressa per la perdita del mio adorabile Gesù... Oh, come sospiravo il suo ritorno! Lo chiamavo col cuore, con la voce, coi pensieri, che la sua privazione mi rendeva desti ed attivi. Oh, Dio! Che lunghe notti senza di Gesù, mentre insieme con lui passano come d’un sol fiato! Onde dicevo: “Amor mio, vieni, non mi lasciare! Son troppo piccola; ho bisogno di te, e tu lo sai che la mia piccolezza non può stare senza di te; eppure mi lasci? Ah, ritorna, ritorna, o Gesù!”.

In questo mentre mi ha steso un braccio al collo, e si è fatto vedere bambino, che puntava la sua testa al di dentro del petto, forte forte, e dava dei colpi con la sua stessa testa nel mio petto, che me lo sentivo sfondare, tanto che io tremavo ed avevo paura; e Gesù con voce forte e soave mi ha detto:

“Figlia mia, non temere: sono io, né ti lascio; e poi, come posso lasciarti? Il vivere nella mia Volontà rende l’anima inseparabile da me. La mia vita è per lei più che anima al corpo, e come il corpo senza l’anima si conver­te in polvere, perché manca la vita che lo sostiene, così tu, senza la mia vita in te, resteresti vuota di tutti gli atti della mia Volontà in te; non sentiresti più nel fondo del­l’anima tua la mia voce ripetitrice, che ti suggerisce il modo di farti compiere l’ufficio nella mia Volontà. Se c’è la mia voce, c’è anche la mia vita che la emette... Come sei facile a pensare che posso lasciarti! Non lo posso: dovresti tu prima lasciare la mia Volontà, e poi potresti pensare che io ti abbia lasciata. Ma il lasciare tu la mia Volontà ti sarà anche difficile, per non dirti quasi impossibile. Tu ti trovi quasi simile alle condizioni in cui si trovano i beati nel cielo: essi non hanno perduto il libero arbitrio; questo è un dono che diedi all’uomo, e ciò che io una volta do non tolgo mai. Nel cielo non è entrata mai la schiavitù; sono Dio dei figli, non degli schiavi; sono Re che faccio tutti regnare; non c’è divisione tra me e loro. Ma in cielo è tale e tanta la conoscenza dei miei beni, della mia Volontà e felicità mia, che ne sono ripieni fino all’orlo, fino a traboccarne fuori, e così la loro volontà non trova luogo per agire; e mentre sono liberi, la conoscenza di una Volontà infinita e dei beni infiniti in cui sono immersi, li porta con una forza irresistibile ad usare della loro volontà come se non l’avessero, reputando ciò a somma loro fortuna e fe­licità, ma spontaneamente liberi e di tutta loro volontà. Così tu, figlia mia: il farti conoscere la mia Volontà è stata la grazia più grande che ti ho fatto; e mentre sei libera di fare o non fare la tua volontà, innanzi alla mia, la tua si sente incapace d’operare, si sente annullata; conoscendo il gran bene della mia Volontà, aborri la tua e, senza che nessuno ti sforzi, ami di fare la mia in vista del gran bene che te ne viene. E le tante conoscenze che ti ho manifestato della mia Volontà sono vincoli divini, catene eterne che ti circondano, possedimenti dei beni celesti. E [per] sfuggire da queste catene eterne, rompere questi vincoli divini, perdere questi possedimenti celesti anche in vita, la tua volontà, sebbene libera, non trova la via per uscirne, s’imbroglia, vede la sua piccolezza, e temendo di sé, di qualche suo tiro, si tuffa e si sprofonda con più amore spontaneo nella mia Volontà. La conoscenza apre le porte a quel bene che si conosce, e quante conoscenze di più ti ho manifestato sulla mia Volontà, tante diverse porte [in] più di beni ti ho aperto, di luce, di grazia e di partecipazioni divine.

Queste porte sono aperte per te; e come queste conoscenze giungeranno in mezzo alle creature, si apriran­no queste porte per loro, perché la conoscenza fa sorgere l’amore al bene conosciuto; e la gran porta che aprirò sarà la mia Volontà, per far chiudere la piccola porta della loro. La mia Volontà farà aborrire la loro, perché innanzi alla mia Volontà, la umana è incapace di agire. Con la luce della mia, [la creatura] vede quanto è insignificante e buona a nulla la sua; e perciò, come di conseguenza, le creature che penetreranno in queste divine conoscenze, secondo gli sforzi che faranno per giungervi, terranno da parte la propria volontà. Oltre di ciò, tu devi sapere che quando ti manifesto una conoscenza della mia Volontà, allora mi decido ad aprirti un’altra porta della mia conoscenza, quando tu hai fatto entrare nell’anima tua tutto il bene di quello che ti ho manifestato; se ciò non facessi, sarebbe tua la sola notizia di quel bene, non il possesso di esso. Io ciò non so fare; quando parlo, io voglio che si possieda il bene che manifesto. Perciò sii attenta nell’esercizio della mia Volon­tà, affinché io ti apra altre porte delle mie conoscenze, e tu entri di più nei possedimenti divini”.