17° Volume - Maggio 1, 1925 (40)

“La missione della mia Volontà è la più grande che può esistere”.

Stavo pensando alle tante cose dettemi dal mio ama­to Gesù sulla sua Santissima Volontà, e qualche dubbio mi ritornava, che chissà non fosse veramente necessario dire tutto, oppure alcune cose non fossero necessarie... Ma Gesù, volendo amorosamente risolvere i miei dubbi e farmi conoscere la missione che egli dà a chi deve far conoscere la sua Volontà Divina, avendo scelta a ciò la miseria che io sono, con mio gran stupore e confusione, seguitando le sue sante istruzioni sopra questo argomen­to, mi ha detto:

“Figlia mia, ogni missione va congiunta all’ufficio di eseguirla, e perciò deve adempirsi senza nulla omettere di ciò che ad essa appartiene, essendo che ogni missione, destinata al bene altrui, ha doni, grazie, ricchezze e prerogative tutte sue particolari, che giovano all’eser­cizio di essa. La mia umanità ebbe per missione, dalla mia Divinità, la salvezza delle anime e l’ufficio di redentore, cioè di redimerle dalla schiavitù del peccato e dalla morte eterna. Per l’adempimento di questo ufficio mi vennero affidate le loro anime, le loro pene, le loro soddisfazioni; sicché io racchiusi tutto di tutti, e se la mia umanità avesse trasandato di racchiudere in sé un’anima sola, una sola pena, una sola soddisfazione, l’ufficio di redentore non sarebbe stato completo; quindi non avrei racchiuso in me tutte le grazie, i beni, la luce che a ciascuna anima era necessario dare. E sebbene le anime non tutte si salvano, ciò dice nulla. Io dovevo, da parte mia, racchiudere i beni di tutti, per fare che da par­te mia avessi per tutti grazie necessarie e sovrabbondan­ti, per potere tutti salvare. Ciò mi conveniva per decoro e per giusto onore al mio ufficio di redentore.

Guarda il sole che sta sul vostro orizzonte: esso con­tiene tanta luce, che può dare luce a tutti; e ad onta che non tutti volessero[1] godere della sua luce, esso, per l’uf­ficio unico di sole che tiene, possiede quella stessa luce che le creature potrebbero rifiutare. Ciò conveniva al so­le, perché creato da Dio come unico astro che doveva riscaldare la terra ed abbracciarla con la sua luce. Ogni essere creato ha un ufficio da compiere, e quel­l’ufficio è unico, legato a quell’essere, a quella creatura; e chi ha da compiere un ufficio che a lui spetta, è necessario, per ben disimpegnarlo, che contenga tanto di quel bene che per la missione per cui fu creato deve dare ad altri, che per quanto ne dia non si esaurisca giammai, nemmeno di un atomo solo. Onde molto più questo con­veniva a me, che dovevo essere il nuovo sole delle anime, che dovevo con la mia luce dar luce a tutti ed abbracciare tutto e tutti per poterli portare alla Maestà Suprema, e a questa divina Maestà offrire da me un atto che contenesse tutti gli atti, e far scendere su tutti la luce sovrabbondante della mia Divinità per metterli in salvo. Oltre di me c’è la mia celeste Mamma, che ebbe la missione unica di Madre di un Figlio Dio e l’ufficio di corredentrice del genere umano. Come missione di maternità divina, fu arricchita da tanta grazia che, unito tutto insieme il tutto delle altre creature celesti e terrestri, mai potranno uguagliarla... Ma ciò non bastò per attirare il Verbo nel suo materno seno; bisognava che la Madre mia avesse messo in esercizio tutto questo abisso di grazie e di doni, abbracciando tutte le creature, amandole, riparando, adorando la Maestà Suprema per tutti, in mo­do da poter fare essa sola tutto ciò che le umane generazioni dovevano verso Dio; onde nel suo cuore verginale aveva una vena inesauribile verso Dio e verso tutte le creature.

Quando la Divinità trovò in questa Vergine il compenso dell’amore di tutti, si sentì rapire e fece il suo concepimento, cioè l’incarnazione del Verbo; e come mi concepì prese l’ufficio di corredentrice, e prese parte ed abbracciò insieme con me tutte le pene, le soddisfazioni, le riparazioni, l’amore materno verso di tutti; sicché nel cuore della Madre mia c’era una fibra d’amore materno verso ciascuna creatura. Perciò, con verità e con giustizia la dichiarai, quando io stavo sulla croce, Madre di tutti. Lei correva insieme con me nell’amore, nelle pene, in tutto: non mi lasciava mai solo. Se l’Eterno non le avesse messo tanta grazia da poter ricevere da lei sola l’amore di tutti, giammai si sarebbe mosso dal cielo per venire sulla terra a redimere il genere umano. Ecco la necessità, la convenienza, che, come missione di Madre del Verbo, dovesse tutto abbracciare e sorpassare tutto. Quando un ufficio è unico, viene di conseguenza che a chi ne ha la missione nulla deve sfuggire; deve avere sott’occhio tutto, per poter porgere quel bene che possiede; deve essere come un vero sole che può porgere luce a tutti. Ciò fu di me e della mia Mamma celeste.

Ora, la tua missione di far conoscere l’eterna Volon­tà si intreccia con la mia e con quella della mia cara Ma­dre; e dovendo servire al bene di tutti, era necessario accentrare in una creatura questo sole eterno del mio Volere, onde, come missione unica, questo sole potesse sfolgorare da una[2] i suoi raggi, affinché tutti potessero prendere il bene della sua luce. Ciò [comporta] che per decoro ed onore della mia Volontà dovevo io versare in te tali grazie, luce, amore e conoscenza di Essa, come forieri e preparativi che si convenivano all’abitazione del sole del mio Volere. Anzi, tu devi sapere che come la mia umanità, per ufficio di redentore, concepì tutte le anime, così in te, per la missione e per l’ufficio che hai di far conoscere e regnare la mia Volontà, doveva avvenire che, come vai facendo, per tutti, i tuoi atti nella Vo­lontà mia, tutte le creature restano concepite nella tua volontà, e come vai ripetendo i tuoi atti nella mia, così formi tanti sorsi di vita di Volontà Divina, per poter ali­mentare tutte le creature che in virtù della mia Volontà restano come concepite nella tua. Non senti come nella mia Volontà tu abbracci tutti, dalla prima all’ultima creatura che dovrà esistere sulla terra, e per tutti vorresti soddisfare, amare, compiacere questa suprema Volontà, legarla a tutti, togliere tutti gli ostacoli che impediscono il suo dominio nelle creature, farla conoscere da tutti, e ti esibisci tu a soddisfare per tutti, anche con pene, questa Volontà suprema che tanto ama di farsi conoscere e regnare in mezzo alle creature?

A te è dato, figlia primogenita del mio Divin Volere, di far conoscere i pregi, il valore, il bene che contiene, ed il suo eterno dolore di vivere sconosciuta, nascosta, in mezzo alla umane generazioni, anzi, dai cattivi disprezzata ed offesa, e dai buoni messa alla pari delle altre virtù, come se fosse una piccola luce accesa dagli uomini, quali sono le virtù a paragone di Essa, e non un sole eterno, quale lo è la mia Volontà. La missione della mia Volontà è la più grande che può esistere: non c’è bene che da Essa non discenda, non c’è gloria che da Essa non mi venga. Tutto Essa in sé accentra: le nostre operazioni interne e quelle che abbiamo messo fuori, la creazione degli angeli, del mondo, degli uomini, tutte le virtù, tutti i meriti, tutte le predestinazioni, tutti i beni, tutta la gloria degli eletti, tutti i misteri dell’amore infinito ancora sconosciuti dagli uomini, e presente e passa­to e futuro, tutto in un atto e in atto, e in un punto solo. Perciò sii attenta, né voler perdere il tempo con dubbi e incertezze. Tutto ciò che ti ho detto per questa missione della mia Volontà era necessario, non per te, ma per l’onore, la gloria, la conoscenza e la santità della mia Volontà e del suo dominio nelle creature… E siccome il mio Volere è uno, una doveva essere quella cui dovevo affidarlo, e per mezzo della quale [il mio Volere] doveva far sfolgorare i suoi raggi per far bene a tutti”.

 



[1] vogliano

[2] creatura