17° Volume - Marzo 1, 1925 (33)

“La verità conosciuta, abbracciata, amata e messa in pratica dall’anima, è la vera luce che trasforma nel­la stessa luce”.

Mi sentivo molto amareggiata per la perdita del mio dolce Gesù… Oh, come rimpiango il mio passato! Quanto felice, la sua amabile presenza, rendeva la mia povera esistenza! Anche in mezzo alle più dure pene, il mio povero letto era per me un piccolo paradiso... Mi sentivo regina insieme col mio amabile Gesù, dominatri­ce di me stessa, e col contatto continuo con lui mi sentivo come dominatrice del suo stesso cuore divino... Ed ora, come è cambiata la mia felicità! Anzi, ogni volta che lo cerco e non lo trovo, una infelicità mi circonda, mi strappa un tratto di vita, perché solo Gesù è la mia vita, e sento più al vivo le pene del mio duro esilio. Oh, come è vero che non sono le pene e i dolori che rendono infelice la creatura, ma piuttosto il bene voluto e non trovato! E mentre gli dicevo: “Abbi pietà di me! Non mi abbandonare! Vieni, sorgi nella povera anima mia, immersa nelle acque amare della tua privazione...!”, mi son sentita che il mio amato bene, le dolce mia vita, si moveva nel mio interno, e stendendomi le sue braccia al collo, mi ha detto: “La figlia mia! La figlia mia!”.

Io l’ho guardato, che usciva da un fondo di luce, e come Gesù stendeva le braccia, la luce si stendeva appresso a lui; ma quella luce non era tutta piena...; si vedeva il vuoto nella stessa luce, ma con tutto ciò in quella specie di vuoto non c’erano tenebre: solo pareva come se ci volessero altri fili di luce per rendere più pieno quel vuoto, più intensa, più forte, più smagliante quella stessa luce. Alla vista di Gesù, mi son sentita risorgere da morte a vita; le sue parole ‘la figlia mia! La figlia mia!’ hanno cambiata in quell’atto la mia infelicità, perché stare con Gesù ed essere infelice è impossibile. Al più si può stare con Gesù patendo, nelle pene più atroci, ma infelice non mai; anzi pare che la infelicità, se ci sta nell’anima, fugge dalla presenza di Gesù, e dà luogo al­la felicità che [egli] porta con sé anche nel patire.

Onde, ripigliando il suo dire, mi ha detto: “Figlia mia, coraggio, non temere; non ci sono tenebre in te, perché solo il peccato è tenebre, il bene è luce. Non vedi che sono uscito da un fondo di luce da dentro il tuo interno? Ma sai tu che cosa è questa luce? È tutto il tuo operato interno che fai.

Ogni atto in più che fai è un filo di più della tua vo­lontà, che leghi alla corrente della luce eterna, e quel fi­lo si converte in luce; sicché quanti atti in più farai, aggiungendo altri fili, la luce si farà più piena, più forte, più smagliante. Quindi, quello che hai fatto è la luce che vedi, quello che ti resta da fare è il vuoto che vedi nella stessa luce; ed io vi starò sempre in mezzo a questa luce, non solo per godermela, ma per legare i fili della tua volontà umana con la corrente della luce eterna, perché il principio, il fondo, la corrente della luce sono io. Ma sai tu che cosa è la vera luce? La vera luce è la verità. La verità conosciuta, abbracciata, amata e messa in pratica dall’anima, è la vera luce che trasforma nella stessa luce, e le[1] fa mettere dentro e fuori nuovi e continui parti di luce. E questa verità forma la vera vita di Dio nell’anima, perché Dio è verità e l’anima sta legata alla verità, anzi la possiede. Dio è luce, e lei è legata alla luce e si alimenta di luce e di verità. Però, mentre io alimento l’anima di verità e di luce, essa deve tenere aper­ta la corrente della sua volontà per ricevere la corrente della comunicazione divina; altrimenti può succedere come alla corrente elettrica, alla quale non basta la potenza che in sé contiene di mandarvi la luce, ma non può mandarvela se non ci sono i preparativi per riceverla; e con tutto ciò, non a tutti va eguale la stessa luce, ma a seconda le lampadine che si hanno: chi ne ha una, riceve una luce; chi ne ha dieci riceve la luce per dieci... Se le lampadine contengono più fili elettrici, le lampade si vedono più piene di luce; se meno fili, ad onta che c’è lo spazio nel vetro, la luce è piccola, sia pure che la corrente sia più forte, ma le lampadine non la ricevono che in proporzione [alla] capacità delle lampadine che la ricevono. Perciò ci vuole la corrente celeste che vuol dare e la corrente umana capace [di] riceverla; ed a seconda che farai più atti nella mia Volontà, aggiungerai altri fili per rendere più completa la luce che voglio racchiudere in te”.

 



[1] all’anima