17° Volume - Febbraio 8, 1925 (30)

“Quando l’anima mette da parte la sua volontà, non dandole neppure un atto di vita, la mia Volontà fa da padrona nell’anima”.

Questa mattina il mio dolce Gesù si faceva vedere tanto sofferente che la povera anima mia si sentiva struggere di compassione. Teneva tutte le membra slogate; piaghe profonde e tanto inasprite che Gesù gemeva e si contorceva sotto l’acerbità dello spasimo… Si è messo a me vicino, come se volesse farmi parte delle sue pene. Già solo a guardarlo mi sentivo riflettere in me le sue pene, e Gesù tutto bontà mi ha detto: “Figlia mia, non ne posso più; tocca le mie piaghe inasprite per raddolcirle; scocca il tuo bacio d’amore su di esse, affinché il tuo amore mi mitighi lo spasimo che sento… Questo mio stato sì doloroso è il vero ritratto [del modo] in cui si trova la mia Volontà in mezzo alle creature; sta in mezzo a loro, ma come divisa, perché facendo [esse] la loro volontà, non la mia, resta la mia come slogata ed impiagata dalle creature. Perciò unisci la tua volontà alla mia e dammi un ristoro al mio slogamento.

Io me l’ho stretto, gli ho baciato le piaghe delle mani. Oh, come erano inasprite per tante opere, anche sante, ma [che] non [hanno] il loro principio dalla Volontà di Dio per raddolcirgli[1] lo spasimo... Le stringevo nelle mie mani, e Gesù tutto si faceva vedere[2], anzi lo voleva, e così ho fatto alle altre piaghe, tanto che quasi tutta la mattina si è stato sempre con me. Finalmente, prima di lasciarmi, mi ha detto: “Figlia mia, mi hai raddolcito, mi sento le ossa a posto; ma sai tu chi può raddolcirmi e riunire le mie ossa slogate? Chi fa regnare in [sé] la mia Volontà. Quando l’anima mette da parte la sua volontà, non dandole neppure un atto di vita, la mia Volontà fa da padrona nell’anima: regna, comanda ed impera; si trova come se stesse a casa sua, cioè come nella mia pa­tria celeste. Sicché, essendo a casa mia, padroneggio, dispongo, ci metto del mio, perché come abitazione mia posso mettere quello che voglio per farne ciò che voglio, e ricevo il più grande onore e gloria che la creatura mi può dare. Invece, chi vuol fare la sua volontà, fa lei da padrona, dispone, comanda, e la mia Volontà sta come una povera straniera, non curata, e se occorre disprezzata… Vorrei mettere del mio, ma non posso, perché la volontà umana non mi vuol cedere posto; anche nelle stesse cose sante vuol fare lei come capo, ed io niente posso mettere del mio. Come mi trovo male nel­l’anima che fa regnare la sua volontà!

Succede come ad un padre che va a trovare un suo figlio lontano, oppure un amico ad un altro amico... Mentre bussa, si apre la porta, ma lo si riceve freddamente, lo si fa restare alla prima stanza, non si prepara il pranzo, non il letto dove farlo riposare, non gli si fa par­te né delle gioie di quella casa né gli [si] confidano le pene… che affronto! Che dolore per questo padre, oppure amico! Se ha portato tesori per complimentarlo, nulla ha animo di lasciarvi, e se ne va trafitto nel fondo del suo cuore. Tutto al contrario succede in un’anima che fa regnare in [sé] la mia Volontà. Figurati qui un figlio amantissimo che appena sente bussare ed apre, vede il suo genitore tanto desiderato, lo abbraccia, lo bacia, lo introduce, mette in festa tutta la casa, gli fa preparare il migliore dei pranzi, il più soffice dei letti; anzi, gli dà piena padronanza di tutta la casa e pure di se stesso. Lo stesso figurati di un amico amatissimo, desideratissimo. Questo è onore, amore, sudditanza di un figlio verso il proprio padre; questo è affetto verace e stima di un amico sviscerato verso un amico del cuore. In tal caso, tutti i tesori che quel padre ha portato per il figlio suo, tutti i doni che l’amico ha portato per il suo fedele amico, non torneranno indietro, ma tutti saranno versati in seno del figlio dal padre così bene accolto, e dall’amante amico in seno del suo caro amico, dal quale con tanto affetto fu ricevuto e ben trattato.

Tale è la mia Volontà: viene dal cielo per abitare nelle anime. Beata è l’anima che l’accoglie e la fa regnare; ma misere le tante anime che non la vogliono accogliere e non vogliono che regni in [loro], e [la] lasciano fuori come una straniera e una derelitta. Ma la mia Volontà non si parte, ad onta che mi tengono da straniero: rimango in mezzo a loro aspettando, per dar loro i miei beni, le mie grazie e la mia santità”.

 



[1] a Gesù

[2] fare