17° Volume - Ottobre 30, 1924 (21)

Tutta la felicità degli angeli è il mantenersi volontariamente in quell’atto solo della Divina Volontà.

Mi sento che non posso affidare alla penna i miei dolorosi segreti, né esprimere sulla carta ciò che sento nel mio martire cuore. Ah, sì, non c’è martirio che possa paragonarsi al martirio della privazione del mio dolce Gesù! Il martire è ferito ed ucciso nel corpo; invece, il martirio della sua privazione ferisce l’anima, la lacera nelle più intime fibre e, quello che è peggio, la uccide senza farla morire, per batterla continuamente sull’incu­dine di ferro del dolore e dell’amore. E mentre passo avanti nelle pene che sento nel mio interno, perché son cose che non posso dire, come una delle più povere mendicanti vorrei chiedere la elemosina a tutti: agli angeli, ai santi, alla mia Regina Mamma, alla creazione tutta, una parola, una piccola prece presso Gesù per me, affinché, pregato da tutti, si possa muovere a compassione della piccola figlia del suo Volere e farla ritornare dal duro esilio in cui mi trovo.

Onde, stavo pensando tra me ciò che era passato nella mia mente, cioè, che invece di Gesù mi pareva co­me se avessi il mio angelo vicino, e dicevo tra me: “E perché l’angelo e non Gesù?”.

In questo mentre me L’ho sentito muovere nel mio interno, dicendomi: “Figlia mia, vuoi tu sapere perché gli angeli sono tali? Perché si son conservati belli e puri, come uscirono dalle mie mani; perché si sono sempre tenuti fermi in quell’atto primo in cui furono creati; quindi, stando in quell’atto primo della loro esistenza, stanno in quell’atto solo della mia Volontà, che, non conoscendo successione di atti, non si muta, né cresce, né decresce, e contiene in sé tutti i beni possibili ed immaginabili; e gli angeli, conservandosi in quell’atto solo della mia Volontà, nel quale li feci uscire alla luce, si mantengono immutabili, belli e puri; nulla hanno perdu­to della loro primaria esistenza, e tutta la loro felicità è il mantenersi volontariamente in quell’atto solo della mia Volontà. Tutto trovano nel circuito del mio Volere; né vogliono, per rendersi felici, se non ciò che la mia Volontà loro somministra.

Ma sai tu perché ci sono diversi cori di angeli, l’uno superiore all’altro? Ci sono quelli più vicini al mio trono, sai perché? Perché la mia Volontà si è manifestata nel suo atto, a chi per una sola estensione di cognizioni e di prerogative, a chi per due, a chi per tre, a chi per quattro...; così fino a nove cori. Ed in ogni cosa in più dell’atto che la mia Volontà manifestava, si rendevano superiori gli uni sugli altri, e gli uni più degli altri si rendevano capaci e più degni di stare vicini al mio trono. Sicché, quanto più la mia Volontà in essi si manifesta, ed in Essa si conservano, tanto più restano innalzati, abbelliti, felicitati e superiori agli altri. Vedi, dunque, che il tutto sta nella mia Volontà; e dal sapersi gli angeli conservare, senza mai uscirne, in quella stessa Volontà da cui sono usciti, e dal conoscere il più o il meno della scienza divina della suprema mia Volontà, vengono costituiti i diversi cori degli angeli, le loro distinte bellezze, i diversi uffici, e tutta la gerarchia celeste. Se tu sapessi che significa conoscere di più la mia Volontà, fare un atto di più in Essa, conservarsi e agire in quella mia Volontà conosciuta, dove la creatura viene costituita, e [così] l’ufficio, la bellezza, la superiorità di ciascuna creatura, oh, come apprezzeresti di più le diverse conoscenze che ti ho manifestato sulla mia Volontà! Una conoscenza in più sulla mia Volontà eleva l’anima a tale altezza sublime, che gli stessi angeli restano stupiti e rapiti, e mi confessano incessantemente ‘Santo, Santo, Santo’.

La mia Volontà si manifesta e chiama dal nulla le cose, e vi forma degli esseri; si manifesta ed abbellisce, si manifesta ed eleva più in alto, si manifesta ed ingrandisce di più la vita divina nella creatura, si manifesta e vi forma dei portenti nuovi e mai conosciuti. Sicché, dalle tante cose che ti ho manifestato sulla mia Volontà, puoi comprendere ciò che voglio fare di te e come ti amo, e come la tua vita deve essere una catena di atti continui fatti nella mia Volontà.

Se la creatura, come l’angelo, non uscisse mai da quell’atto primo in cui la mia Volontà la fece uscire alla luce, quale ordine, quali portenti non si dovrebbero vedere sulla terra? Perciò, figlia mia, non uscire mai dal tuo principio, in cui la mia Volontà ti creò, ed il tuo atto primo sia sempre la mia Volontà”.

Dopo di ciò, mi son messa col pensiero vicino al mio Gesù nell’orto del Getsemani, e lo pregavo che mi facesse penetrare in quell’amore con cui tanto mi amò; ed il mio Gesù, movendosi di nuovo nel fondo del mio interno, mi ha detto:

“Figlia mia, entra nel mio amore, né uscirne mai, e corri appresso di esso, o fermati nel mio stesso amore per ben comprendere quanto ho amato la creatura. Tutto è amore in me verso di essa. La Divinità, nel creare questa creatura, si propose di amarla sempre; sicché, in ogni cosa di dentro e fuori di lei, doveva correre[1] verso di lei con un continuo ed incessante nuovo atto d’amore. Quindi posso dire che in ogni pensiero, sguardo, parola, respiro, palpito, ed in tutto il resto della creatura, vi corre un atto d’amore eterno. Ma se la Divinità si propose di amare sempre ed in ogni cosa questa creatura, fu perché voleva riscuotere in ogni cosa il ricambio del nuovo ed incessante amore della creatura, voleva dare amore per ricevere amore, voleva amare per essere riamata...; ma non fu così. La creatura non solo non volle mantenere l’alternativa[2] dell’amore, né rispondere all’eco del­l’amore del suo Creatore, ma respinse quest’amore, lo disconobbe e l’offese... A questo affronto la Divinità non si arrestò, ma continuò il suo nuovo ed incessante amore verso la creatura; e siccome la creatura non lo riceveva, restavano riempiti i cieli e la terra, aspettando chi doveva prendere questo amore per averne il ricambio..., perché Iddio, quando decide e propone, tutti gli eventi in contrario non lo mutano, ma resta immutabile nella sua immutabilità.

Ecco, perciò, passando ad un altro eccesso d’amore, venni io, Verbo del Padre, sulla terra, e prendendo una umanità, raccolsi in me tutto questo amore che riempiva cielo e terra, per ricambiare la Divinità con altrettanto amore, per quanto ne aveva dato e ne doveva dare alle creature, e mi costituii amore di ciascun pensiero, di ogni sguardo, d’ogni parola, palpito, moto e passo di ciascuna creatura. Perciò la mia umanità fu lavorata, anche nella più piccola fibra di essa, dalle mani dell’eterno amore del mio celeste Padre, per darmi capacità di poter racchiudere tutto l’amore che la Divinità voleva dare alle creature, per dare alla mia umanità l’amore di tutte e costituirmi amore di ciascun atto di creatura... Sicché ogni tuo pensiero è coronato dai miei incessanti atti d’amore; non c’è cosa in te e fuori di te, che non sia circondata dai miei ripetuti atti d’amore. Perciò la mia umanità in quest’orto geme, affanna, agonizza, si sente stritolata sotto il peso di tanto amore, perché amo e non sono riamato. Le pene dell’amore sono le più acerbe, le più crudeli; sono pene senza pietà, più dolorose della mia stessa passione! Oh, se mi amassero, il peso di tanto amore si renderebbe leggero! Perché l’amore riamato resta appagato e soddisfatto nell’amore stesso di chi ama; ma non riamato va in follia, delira, e si sente ricambiato con un atto di morte quell’amore da lui uscito. Vedi dunque come fu più acerba e dolorosa la passione del mio amore, perché se nella mia passione fu una sola la morte che mi diedero, invece nella passione dell’amore tante morti mi fecero subire le creature ingrate, per quanti atti d’amore uscirono da me e non ne fui ricambiato...

Perciò vieni tu, figlia mia, a ricambiarmi di tanto amore nella mia Volontà, e troverai come in atto tutto questo amore; fallo tuo, e costituisciti insieme con me amore di ciascun atto di creatura, per ricambiarmi del­l’amore di tutti”.

 



[1] in ogni cosa dentro e fuori della creatura, la Divinità avrebbe corso

[2] la corrispondenza