Libro di Cielo - Volume 4°

Ottobre 25, 1901 (95)

La privazione fa conoscere da dove vengono le cose e la preziosità dell’oggetto perduto.

Dopo aver passato vari giorni di timore e dubbi sul mio stato, credendolo tutto un lavorio della mia fantasia, e delle volte si fissava tanto la mia mente in questo che giungevo a lamentarmi e a dispiacermi con Nostro Signore, dicendo:

“Che pena, che disgrazia è stata la mia [di] essere vittima della mia fantasia! Credevo di vedere voi ed invece era tutta allucinazione della fantasia; credevo di adempire il vostro Volere stando per tanto tempo in que­sto letto, e chi sa che non è stato un frutto anche della fantasia. Signore, fa pena, fa spavento il solo pensarlo; il tuo Volere raddolciva tutto, ma questo mi amareggia fin nelle midolla delle ossa; deh, datemi la forza d’uscire da questo stato fantastico!”

E mi fissavo tanto da non sapermi distrarre, tanto che giungevo a pensare che la fantasia mi avrebbe preparato un posto nell’inferno, sebbene cercavo di sbrigarmi col dire: “Ebbene me ne servirò della fantasia come poterlo amare nell’inferno”.

Ora mentre mi trovavo in questa fissazione, il benedetto Gesù ha voluto accrescere la mia dolorosa posizione, col muoversi dentro di me dicendo:

“Non dare retta a questo, altrimenti io ti lascio e ti faccio vedere se sono io che vengo oppure è la tua fantasia che travede”.

Con tutto ciò non mi sono impensierita per allora, dicendo: “Ah, sì, non avrà il coraggio di farlo, è tanto buono!” Eppure l’ha fatto di fatto.

È inutile il dire ciò che ho passato parecchi giorni priva di Gesù, andrei troppo per le lunghe, solo il ricordarmi mi gela il sangue nelle vene, perciò passo innanzi. Ora avendo detto tutto ciò al confessore, pare che lui è stato il mio mediatore. Avendo incominciato a pregare insieme che [Gesù] si benignasse a venire, così mi son sentita perdere i sensi, e si faceva vedere da lontano lontano, quasi in cagnesco che non ci voleva venire; io non ardivo, ma il confessore insisteva, unendo l’intenzione che mi avesse partecipato la crocifissione; onde per contentare il confessore si è avvicinato e mi ha partecipato i dolori della croce, e dopo come se avesse fatto pace mi ha detto:

“Era necessario che ti privassi di me, altrimenti non ti saresti convinta se sono io oppure la fantasia. La privazione giova a fare conoscere da dove vengono le cose, e la preziosità dell’oggetto perduto, ed a farne più stima quando si riacquista”.

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