Libro di Cielo - Volume 4°

Settembre 19, 1900 (9)

Ubbidienza per domandare a Gesù sollievo nelle pene.

Raddoppiandosi sempre più lo spasimo del dolore, avrei voluto nasconderlo e fare che nessuno se ne avvertisse, ed avrei voluto tenere in segreto senza aprirne[1] col confessore ciò che ho detto di sopra, ma era tanto forte lo spasimo, che mi è riuscito impossibile. Ed il confessore avvalendosi della sua solita arma dell’ubbidienza, mi ha comandato che gli manifestassi il tutto, onde dopo avergli manifestato ogni cosa, mi ha detto che per ubbidienza dovevo pregare il Signore che mi liberasse, altrimenti facevo peccato. Che sorta d’ubbidienza, è sempre lei che si attraversa ai miei disegni! Onde di mala voglia ho accettato questa nuova ubbidienza, e con tutto ciò non avevo cuore di pregare il Signore che mi liberasse da un amico sì caro, qual è il dolore, molto più che speravo d’uscire dall'esilio di questa vita. Il benedetto Gesù mi tollerava e nel venire mi ha detto:

“Tu soffri molto, vuoi che ti liberi?”

Ed io, dimenticata un momento l’ubbidienza, ho detto: “No, Signore, no, non mi liberate, me ne voglio venire; e poi tu sai che non so amarti, sono fredda, non faccio grandi cose per te, almeno ti offro questo patire per soddisfare a ciò che non so fare per amor tuo”.

E lui: “Ed io, figlia mia, infonderò tanto amore e tanta grazia in te, in modo che nessuno mi possa amare e desiderare come te; non ne sei tu contenta?”

[Ed io:] “Sì, ma me ne voglio venire”.

Gesù è scomparso, ed io ritornando in me stessa mi son ricordata dell’ubbidienza ricevuta, ed ho dovuto accusarmi al confessore, [ch]e mi ha comandato che assolutamente non voleva che me ne andassi, e che il Signore mi doveva liberare. Che pena sentivo nel ricevere questa ubbidienza, pare proprio che vuol toccare gli estremi della mia pazienza.

 



[1] esprimere

<          >