Libro di Cielo - Volume 4°

Aprile 4, 1902 (125)

Distruggendo i beni morali, si distruggono anche i beni fisici e temporali.

Continuando il mio solito stato, il mio adorabile Gesù viene, ma quasi sempre in silenzio, ossia mi dice qualche cosa appartenente alla verità, e succede che fin quando sta il Signore la comprendo e mi pare che saprò ridire, ma scomparendo mi sento tirare quella luce di verità infusami e non so ridirne niente. Questa mattina poi, ho dovuto molto stentare nell'aspettarlo, e nel venire mi ha trasportato fuori di me stessa, facendosi vedere molto sdegnato. Onde io per placarlo ho fatto vari atti di pentimento, ma a Gesù pareva che non gliene piaceva nessuno; io tutta mi affannavo nel variare gli atti di pentimento, chi sa potesse qualcuno piacergli; alla fine gli ho detto:

“Signore, mi pento delle offese fatte da me e da tutte le creature della terra, e mi pento e mi dispiace per il solo fine[1] che abbiamo offeso voi, sommo Bene, che mentre meritate amore, noi abbiamo ardito di darvi offese”.

Con questa ultima parve il Signore compiaciuto e mitigato. Dopo ciò mi ha trasportato in mezzo ad una via dove stavano due uomini in forma di bestie, tutti intenti a distruggere ogni sorta di bene morale. Parevano forti come leoni, ed ubriachi di passione; al solo vederli mettevano terrore e spavento. Il benedetto Gesù mi ha detto:

“Se vuoi un poco placarmi, va a passare da mezzo a quegli uomini, a convincerli del male che fanno, affrontando il loro furore”.

Sebbene un po’ timida, pur sono andata, ed appena vistami mi volevano ingoiare, io però gli ho detto:

“Permettete che parli e poi fatemi quel che volete: dovete sapere che se giungerete al vostro intento di distruggere qualunque bene morale appartenente a religione, virtù, dipendenza e benessere sociale, voi senza avvedervi dell’errore verrete a distruggere insieme tutti i beni fisici e temporali, perché per quanto si toglie ai beni morali, altrettanto si raddoppiano i mali fisici. Quindi senza avvedervi andate contro voi stessi, distruggendo tutti quei beni caduchi e passeggeri che tanto amate; non solo, ma andate cercando chi distrugge la vostra stessa vita, e sarete causa di far versare lacrime amare ai vostri superstiti”.

Poi ho fatto un atto grandissimo d’umiltà, che non lo so neppure ridire, e quelli sono restati come uno che le[2] passa lo stato di pazzia, e tanto deboli che non avevano forza neppure di toccarmi; così sono passata libera e comprendevo che non c’è forza che può resistere alla forza della ragione e dell’umiltà.

 


[1] motivo

[2] che le, cioè: al quale

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