Libro di Cielo - Volume 4°

Marzo 16, 1902 (119)

Non si deve cercare il comodo proprio né la stima ed il piacere altrui, ma il solo ed unico piacere di Dio.

Oh, quanto si stenta per farlo venire un poco! È un continuo crepacuore e timore, [che] ancora più non viene. Oh, Dio, che pena! Non so come si vive, sebbene si vive morendo. Onde per poco si è fatto vedere in uno stato compassionevole, con un braccio troncato; tutto afflitto mi ha detto:

“Figlia mia, vedi che mi fanno le creature; come vuoi tu che non li castighi?”

E mentre ciò diceva, pareva che prendesse una croce alta, le di cui braccia pendevano da[1] sei o sette città, e succedevano diversi castighi. Nel vedere ciò ho molto sofferto, e lui volendomi distrarre da quella pena ha soggiunto:

“Figlia mia, tu soffri molto quando ti privo della mia presenza; questo di necessità ti deve succedere, perché essendo stata per tanto tempo vicina, immedesimata col contatto della Divinità, e quindi hai[2] goduto a tuo bell'agio tutto il piacevole della luce divina; e quanto più uno ha goduto luce, tanto più sente la privazione di detta luce, e le noie, i fastidi e le pene che portano con sé le tenebre”.

Poi ha ripetuto: “Però la cosa principale d’ognuno è che in ogni suo pensiero, parola ed opera, non cerchi il comodo proprio né la stima ed il piacere altrui, ma [il] solo ed unico piacere di Dio”.



[1] su

[2] e quindi hai, cioè: hai

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