Libro di Cielo - Volume 4°

Marzo 10, 1902 (117)

La pena dell’amore è più terribile dell’inferno.

Trovandomi nel solito mio stato, mi sentivo fuori di me stessa andando cercando il mio adorabile Gesù e non lo trovavo; ripetevo le ricerche, i pianti, ma tutto invano, non sapevo più che fare, il mio povero cuore agonizzava ed assorbiva un dolore tanto acuto da non saperlo spiegare; so dire solo che non so come sono restata viva. Mentre mi trovavo in questa dolorosa situazione, ma sempre cercandolo senza potermi un momento astenere di fare nuove ricerche, finalmente l’ho trovato e gli ho detto: “Come, Signore, ti fai meco crudele? Vedi un poco tu stesso se son pene che possa io tollerare”.

“E tutta sfinita mi sono abbandonata nelle sue braccia; e Gesù tutta compatendomi e guardandomi mi ha detto:

“Figlia diletta mia, hai ragione, quietati che sto con te e non ti lascerò. Povera figlia, come soffri, la pena dell’amore è più terribile dell’inferno; che cosa tiranneggia di più, l’inferno o un amore contrapposto, un amore odiato? Che cosa può tiranneggiare un’anima di più dell’inferno? Un amore amato. Se tu sapessi quanto io soffro nel vederti per causa mia tiranneggiata da questo amore; per non farmi soffrire tanto dovresti stare più quieta quando ti privo della mia presenza. Immagina tu stessa: se io tanto soffro nel veder soffrire chi non mi ama e mi offende, quanto più soffrirò nel veder soffrire chi mi ama?”

Onde io nel sentire ciò, commossa ho detto: “Signore, dimmi almeno se vuoi che mi sforzi d’uscire da questo stato senza aspettare il confessore quando non venite”.

E lui ha soggiunto: “Non voglio, no, che tu esci da questo stato prima che venga il confessore; lascia ogni timore, io mi metto nel tuo interno tenendoti le tue mani nelle mie, ed al contatto delle mie mani conoscerai che sto con te”.

Così, quando mi viene l’ansia di volerlo, mi sento stringere le mani da quelle di Gesù, e sentendo il contatto divino mi quieto e dico: “È vero, sta con me”. Altre volte venendo più forte il desio di vederlo, mi sento stringere più forte le mani dalle sue e mi dice:

“Luisa, figlia mia, sto qui, qui sto; non mi cercare altrove”. E così pare che sto più quieta.

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