Libro di Cielo - Volume 3°

Novembre 27, 1899 (14)

Chi possiede la grazia ritiene in sé stessa il paradiso

Questa mattina il mio caro Gesù non veniva. Dopo molti stenti, quando appena l’ho visto[1]; ed io lamentandomi con lui della sua tardanza gli ho detto: “Signore benedetto, come così tardi? Vi siete forse dimenticato che non posso stare senza di voi? Ho forse perduto la vostra grazia, che non ci venite?”

E lui interrompendo il mio dire lamentevole, mi ha detto: “Figlia mia, sai tu che cosa fa la mia grazia? La mia grazia rende felice l’anima dei beati comprensori e rende felice l’anima dei viatori, con questa sola differen­za, che i comprensori beandosi e deliziandosi, e i viatori lavorando e mettendola a traffico. Sicché chi possiede la grazia ritiene in sé stessa il paradiso, perché la grazia non è altro che possedere me stesso, ed essendo io solo l’oggetto incantevole che incanta tutto il paradiso, che forma tutti i contenti dei beati, l’anima possedendo la grazia, dovunque si trova possiede il suo paradiso”.



[1] quando appena l’ho visto, cioè l’ho visto appena

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