Libro di Cielo - Volume 2°

Ottobre 7, 1899 (81)

Vede Gesù sdegnato contro le genti

Questa mattina il benedetto Gesù non ci veniva ed ho dovuto molto pazientare per aspettarlo; nel mio interno andavo dicendo: “Mio caro Gesù, vieni, non farmi tanto aspettare! È da ieri sera che non vi ho visto e l’ora si fa troppo tarda; e voi non ci venite ancora? Vedete quanto ho pazientato ad aspettarvi. Deh, non fate che giunga ad impazientirmi, perché indugiate lungamente a venire! Perché poi la causa ne siete voi, coi vostri indugi. Perciò venite, che più non posso”.

Or mentre andavo dicendo questi ed altri spropositi, il mio unico Bene è venuto; ma con sommo mio rammarico l’ho visto quasi sdegnato con le genti. Subito gli ho detto: “Mio buon Gesù, vi prego a far pace col mondo”.

E lui: “Figlia non posso; io sono come un re che vuole andare dentro una casa, ma quella casa è piena di cose immonde, di marciume e di tant’altre sporcizie. Il re, come re, ha il potere d’entrarvi; non c’è nessuno che [glie]lo possa impedire; ed anche con le sue proprie mani può pulire quell’abitazione, ma non vuol farlo perché non è decente alla sua reale persona scendere a tante bassezze, e fino a tanto che quell’abitazione non verrà pulita da altri, con tutto ciò che ne tiene il potere, il volere ed un gran desiderio, fino a soffrire, mai si benignerà a mettervi il piede. Tale sono io, sono Re che posso e voglio, ma voglio la loro volontà; voglio che tolgano il marciume delle colpe, per entrarvi e far pace con loro. No, non è decente alla mia regalità l’entrarvi e rappacificarmi con loro, anzi non farò altro che mandare castighi. Il fuoco della tribolazione l’inonderà dappertutto, fino ad atterrarli, acciocché si ricordino che esiste un Dio, che solo che può aiutarli e liberarli”.

Ed io interrompendo il suo dire, gli ho detto: “Signore se volete mettere mani ai castighi, io me ne voglio venire, non voglio più stare in questa terra. Come potrà resistere il mio cuore a vedere soffrire le tue creature?”

E Gesù, prendendo un aspetto benigno, mi ha detto: “Se tu te ne vieni, io dove andrò a dimorare su questa terra? Per ora pensiamo a starci insieme di qua, che nel cielo avremo a starci a lungo, quant’è tutta l’eternità. E poi, troppo presto hai dimenticato l’uffizio di farmi da madre sulla terra. Quindi, mentre castigherò le genti, io verrò a rifugiarmi e dimorerò con te”.

Ed io: “Ah Signore, a che pro il mio stato di vittima, per tanti anni? Qual bene è venuto ai popoli? Mentre voi mi dicevate che mi volevate vittima per risparmiare le genti, ed ora fate vedere che questi castighi, invece di succedere tanti anni prima, succedono dopo, né più né meno di questo”.

E lui: “Figlia mia, non dire così; la mia longanimità è stata per amor tuo, ed il bene che ne è venuto da questo è stato che terribili castighi dovevano infierire per lunghissimo tempo, mentre con ciò sarà più breve. E non è questo un bene, che uno invece di stare per lunghi anni sotto il peso d’un castigo vi stia per pochi? Poi, in questi scorsi anni passati, guerre, morti improvvise, che non dovevano aver[1] tempo di convertirsi, ed invece l’hanno avuto, e si son salvati; non è questo un gran bene? Diletta mia, per ora non è necessario il farti capire il pro del tuo stato per te e per i popoli; ma te lo mostrerò quando verrai nel cielo, ed il giorno del giudizio lo mostrerò a tutte le nazioni. Perciò non parlare più in questo modo”.



[1] non dovevano aver, cioè non avrebbero dato agli uomini

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