Libro di Cielo - Volume 2°

Giugno 22, 1899 (41)

Gesù scherza con lei e le fa dei corrivi[1].

Questa mattina il mio dolce Gesù voleva continuare a farmi dei corrivi ed a voler scherzare. Veniva, metteva le sue manine al [mio] volto nell’atto di volermi fare una carezza, ma nell’atto di farla scompariva. Di nuovo veniva, stendeva le sue braccia al mio collo in atto di volermi abbracciare, ma mentre stendevo le mie per abbracciarlo mi sfuggiva come un lampo, senza poterlo trovare. Chi può dire le pene del mio cuore? Mentre il mio povero cuore nuotava in questo mare di dolore immenso, fino a sentirmi venir meno la vita, è venuta la Mamma Regina, portandolo da bambino fra le sue braccia, e così ci siamo abbracciati tutti e tre insieme, la Mamma, il Figlio ed io. Onde ho potuto aver tempo di dirgli: “Mio Signore Gesù, mi pare che hai sottratto la tua grazia da me”.

Ed egli: “Sciocca, scioccherella che sei! Come dici che ti ho sottratta la mia grazia mentre sono in te? E che cosa è la mia grazia se non me stesso?”

Son restata più confusa di prima, vedendomi che non sapevo parlare e che in quelle due parole che avevo detto non avevo detto altro che spropositi. Dopo, la Regina Madre è scomparsa e Gesù pareva che si chiudesse dentro il mio interno e lì vi rimaneva.

Oggi poi, alla meditazione, si faceva veder che dormiva dentro di me. Io lo stavo guardando, beandomi nel suo bel volto, ma senza destarlo, contenta di vederlo almeno, quando in un istante è venuta di nuovo la bella Mamma Regina, lo ha preso da dentro il mio cuore, tutto smuovendolo in fretta per destarlo; dopo destato me l’ha messo di nuovo in braccio, dicendomi: “Figlia mia, non farlo dormire, che se dorme vedrai che succederà”.

Era un temporale che si preparava; così il bambino, mezzo dormendo, ha steso le sue manine al mio collo, e stringendomi mi ha detto: “Mamma mia, mamma mia, lasciami dormire”. Ed io: “Ninno, mio bello, non sono io che non voglio farti dormire, è la nostra Signora Mamma che non vuole, ed io ti prego di contentarla. È certo che niente si nega alla Mamma, e poi a quella Madre!”  

Dopo averlo tenuto un poco in veglia, è scomparso; e così è finito. 



[1] dal latino corrivare, probabilmente con il significato di correre all’anima e velocemente andar via da essa. 

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