Libro di Cielo - Volume 2°

Giugno 3, 1899 (29)

Gesù versa in lei le sue amarezze.

Questa mattina mi trovavo in un mare d’afflizione, che Gesù non era venuto ancora; sentivo tale pena che mi sentivo strappare il cuore, quando è venuto il confessore per chiamarmi all’ubbidienza, ché doveva celebrare la santa messa; e Gesù senza farsi vedere neppure l’om­bra, come è suo solito, che quando non viene si fa vedere una mano, un braccio; specialmente quando è giorno di far la comunione, come questa mattina, lui stesso viene, mi purifica, mi prepara per ricevere lui stesso sacramentalmente. Dicevo tra me: “Sposo santo, Gesù amabile, come non venite voi stesso a prepararmi? Come posso ricevervi?” Ma intanto il tempo è giunto, il confessore è venuto, ma Gesù senza venirci affatto. Che pena straziante, quante lacrime amare! Il confessore mi ha detto: “Lo vedrai nella comunione e gli dirai, per ubbidienza, perché non viene e che cosa vuole da te”.

Così, dopo la comunione ho visto il mio buon Gesù, sempre benigno con questa miserabile peccatrice. Mi ha trasportato fuori di me stessa ed io lo tenevo in braccio: era da bambino, tutto afflitto. Io subito ho cominciato a dire: “Bambinello mio, solo ed unico mio bene, com’è che non vieni? In che ti ho offeso? Che cosa vuoi da me, che mi fai così tanto piangere?”

Nell’atto di dire, era tanta la pena che, con tutto ciò che lo tenevo fra le mie braccia, continuavo a piangere. Ma anche prima che finissi di dire l’ultima parola, Gesù avvicinando la sua bocca alla mia ha versato le sue amarezze senza rispondermi una parola. Quando finiva di versare, io incominciavo di nuovo a dire, ma Gesù senza darmi retta si metteva di nuovo a versare. Dopo ciò senza rispondermi niente a ciò che io volevo, mi ha detto: “Fammi versare in te, altrimenti come ho distrutto con la grandine gli altri punti, così distruggerò le parti vostre, perciò fammi versare e non pensare ad altro”.

Così, senza dirmi altro, è finito.

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