Agonizzare e morire d'amore continuo per la creatura.

9° «Figlia mia, il mio stato è sempre più doloroso; se mi ami, il tuo sguardo abbilo fisso in me, per vedere se al tuo piccolo Gesù puoi apprestargli qualche sollievo; una parolina d'amore, una carezza, un ba­cio, metterà tregua al mio pianto ed alle mie afflizioni. Senti, figlia mia. Dopo avere dato otto eccessi del mio amore e l'uomo mi contraccambiò così malamente, il mio amore non si diede per vinto, ed all'ottavo ecces­so volle aggiungere il nono; e questo furono le ansie, i sospiri di fuoco, le fiamme dei desideri che volevo uscire dal seno materno per abbracciare l'uomo; e questo riduceva la mia piccola umanità, non ancor nata, ad una agonia tale da giungere a dare l'ultimo anelito. E mentre stavo per dare l'ultimo respiro, la mia Divinità, ch'era inseparabile con me, mi dava dei sorsi di vita, e così riprendevo la vita per continuare la mia agonia e, ritornare di nuovo a morire.

Fu questo il nono eccesso del mio amore: agonizzare e morire d'amore continuo per la creatura. Oh, che lunga agonia di nove mesi! Oh, come l'amore mi soffocava e mi faceva morire e, se non avessi tenu­to la Divinità con me che mi ridonava la vita ogni qual volta stavo per finire, l'amore mi avrebbe consumato prima d'uscire alla luce del giorno». Poi soggiungeva: «Guardami, ascoltami come agonizzo, come il mio piccolo cuore batte, affanna, brucia; guardami, adesso muoio».

E faceva profondo silenzio. Io mi sentivo morire, mi gelava il san­gue nelle vene e, tremante, gli dicevo: «Amor mio, Vita mia, non morire, non mi lasciare sola. Tu vuoi amore, ed io t'amerò, non ti lascerò più; dammi le tue fiamme per poterti più amare e consumarmi tutta per te».

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