Gesù vuole innamorare l’anima del patire per amore suo, perciò la porta ad immergersi nel mare sconfinato della sua passione.

Dopo queste cose, un giorno, dopo la comunione, me lo sentivo in me tutto amore, e che tanto mi voleva bene che io stessa ne restavo tanto meravigliata ché mi vedevo così cattiva ed incorrispondente; e dicevo dentro di me: «Fossi buona almeno e corrispondessi! Ho timore [che] ancora mi lasci» (questo timore di lasciarmi l'ho avuto sempre e lo tengo ancora, e delle volte è tanta la pena che sento, che credo che la pena della morte sarebbe minore, e se lui stesso non viene a quietarmi non so darmi pace) «ed invece vuole stringersi più intimamente a me!». Mentre così me Lo sentivo dentro di me, con voce interna mi disse: «Diletta mia, le cose passate non sono state altro che un preparativo, adesso voglio venire ai fatti; e per disporre il tuo cuore a fare quello che voglio da te, cioè l'imitazione della mia Vita, voglio che ti interni nel mare immenso della mia Passione. E tu quando avrai ben capito l'acerbità delle mie pene, l'amore con cui le soffrii, chi sono Io che tanto soffrii, e chi sei tu, vilissima creatura, ahi! il tuo cuore non ardirà di opporsi ai colpi, alla croce, che Io per solo tuo bene le  tengo preparate. Ma anzi, il solo pensare che Io, tuo Maestro, ho sofferto tanto, le tue pene ti parranno ombre confrontate con le mie, ti sarà dolce il patire e giungerai a non poter stare senza patimenti».

La natura tremava al solo pensare ai patimenti; Lo pregavo che lui stesso mi desse la forza, ché senza di lui mi sarei servita dei suoi stessi doni per offendere il Donatore. Onde mi diedi tutta a meditare la Passione, e mi fece tanto bene all'anima mia che, credo, tutto il bene mi sia venuto da quella fonte. Mi vedevo la Passione di Gesù Cristo come un mare immenso di luce, che coi suoi innumerevoli raggi mi fe­rivano tutta; cioè: raggi di pazienza, d'umiltà, d'ubbidienza e di tante altre virtù; mi vedevo tutta circondata da questa luce e ne restavo an­nichilita nel vedermi così diversa da lui. Quei raggi che m'inondavano, erano tanti rimproveri per me; mi sentivo dire: «Un Dio, paziente! E tu?... Un Dio, umile e sottomesso anche ai suoi stessi nemici! E tu?... Un Dio, che soffre tanto per amor tuo! E le tue sofferenze dove sono, per amor suo?».

Lui stesso delle volte mi faceva la narrazione delle pene da lui sof­ferte, che ne restavo tanto commossa che piangevo amaramente.

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