[AUDIO] Meditazione sul 1° volume

capitoli 57 e 58

 

Gesù inizia a preparare Luisa alla rinnovazione delle mistiche nozze dinanzi a tutta la corte celeste.

La immette nel suo nulla e le mostra i suoi attributi.

Le parla delle virtù teologali, a cominciare dal valore fondamentale e inestimabile della fede, che deve essere ben formata e alimentata.




Volume 1 - Capitolo 57

Lo sposalizio alla presenza di tutta la Corte Celeste

In questo stato già detto, passai circa tre anni, continuando a stare nel letto. Quando, una mattina, Gesù mi fece intendere che voleva rinnovare lo sposalizio, ma non già sulla terra come la prima volta, ma nel cielo alla presenza di tutta la corte celeste, quindi che stessi preparata ad una grazia sì grande.

Io feci quanto più potetti per dispormi; ma che, essendo io tanto miserabile ed insufficiente a fare nessun'ombra di bene, ci voleva la mano dell'Artefice Divino per dispormi, ché da me mai sarei riuscita a purificare l'animo mio.

Una mattina, era la vigilia della natività di Maria SS.ma, il mio sempre benigno Gesù venne lui stesso a dispormi. Non faceva che andare e venire continuamente. Ed ora mi parlava della fede e mi lasciava, ed io mi sentivo infondere nell'anima una vita di fede; l'anima mia, grossolana qual me la sentivo prima, ora, dietro il parlare di Gesù me la sentivo leggerissima, in modo da penetrare in Dio, ed or miravo la Potenza, ora la Santità, ora la Bontà ed altro e l'anima mia restava stupefatta; in un mare di stupore, dicevo: «Potente Iddio, qual potenza innanzi a Te non resta disfatta; Santità immensa di Dio, quale altra santità per quanto sublime ella sia, ardirà comparire al tuo cospetto?». Poi mi sentivo scendere in me stessa e vedevo il mio nulla, la nullità delle cose terrene, come tutto è niente innanzi a Dio. lo mi vedevo come un piccolo verme tutto pieno di polvere, che mi arrampicavo per dare qualche passo e che, per distruggermi non ci voleva altro che uno mi mettesse il piede sopra e già ero disfatta. Quindi, vedendomi così brutta, quasi non ardivo d'andare a Dio; ma si faceva innanzi alla mia mente la [sua] Bontà, e mi sentivo tirare come da una calamita d'andare a lui; e dicevo tra me: «Se è Santo, è pure misericordioso; se è Potente, contiene anche in Sé piena e somma Bontà». Mi pareva che la bontà lo circondava da fuori, l'inondava da dentro. Quando miravo la Bontà di Dio mi pareva che sorpassava tutti gli altri attributi, ma poi, mirando gli altri, li vedevo tutti eguali in se stessi, immensi, immensurabili ed incomprensibili all'umana natura. 

 


Volume 1 - Capitolo 58

Per ottenere bisogna credere

Mentre l'anima mia stava in questo stato, Gesù ritornava e parlava della Speranza. Ricordo qualche cosa in confuso, perché dopo tanto tempo è impossibile ricordare chiaro, ma per fare l'ubbidienza che così vuole, dirò per quanto posso.

Quindi, diceva Gesù, ritornando alla fede: «Per ottenere bisogna credere; come al capo, senza la vista degli occhi tutto è tenebre, tutto è confusione, tanto che se volesse camminare, or cadrebbe ad un punto, ora ad un altro e finirebbe col precipitare del tutto.

Così all'anima, senza fede non fa altro che andare di precipizio in precipizio; ma la fede serve di vista all'anima e come luce che la guida alla vita eterna, or da che viene alimentata questa luce della fede: dalla Speranza. Or, di quale sostanza è questa luce della Fede e questo alimento della Speranza: la Carità. Tutte e tre queste virtù sono innestate tra loro, in modo che una non può stare senza dell'altra.

Difatti, che giova all'uomo credere le immense ricchezze della Fede se non le spera per sé? Le guarderà, sì, ma con occhio indifferente, perché sa che non sono sue; ma la Speranza somministra le ali alla luce della Fede e, sperando nei meriti di Gesù Cristo, le guarda come sue e viene ad amarle».