[AUDIO] Meditazione sul 2° volume

capitolo 28 - Giugno 2, 1899

capitolo 29 - Giugno 3, 1899

 

Gesù le mostra il bene inestimabile che è la conoscenza di se stessi, che va di pari passo con l'autentica conoscenza di Dio.

Gesù versa in lei le sue amarezze per evitare di castigare gli uomini. Importanza del sacrificio e spirito di immolazione.




Volume 2 - Capitolo 28

Giugno 2, 1899 

Gesù le parla della conoscenza di noi stessi

 

Il mio dolcissimo Gesù questa mattina mi ha voluto fare toccare con le proprie mani il mio nulla. Nell'atto che si è fatto vedere, le prime parole che mi ha indirizzato sono state: “Chi sono io e chi sei tu?”

Pur in queste due parole vidi due luci immense: in una comprendevo Dio, nell'altra vedevo la mia miseria, il mio nulla; mi vedevo non essere altro che un’ombra, come quell'ombra che fa il sole nell'irradiare la terra, che dipende dal sole, che passando per essa ad altri punti, l’ombra finisce d’esistere fuori del suo splendore. Così l’ombra mia, cioè il mio essere, dipende dal mistico sole Iddio, che in un semplice istante può disfare quest’ombra. Che dire poi, come ho deformato quest'ombra che il Signore mi ha dato non essendo neppure mia? Fa orrore a pensarlo: puzzolente, putrida, tutta verminosa; eppure in questo stato così orrido ero costretta a stare innanzi ad un Dio sì santo. Oh, come sarei stata contenta se mi fosse [stato] dato nascondermi nei più cupi abissi!

Dopo ciò, Gesù mi ha detto: “Il favore più grande che posso fare ad un’anima è il farle conoscere sé stessa. La conoscenza di sé e la conoscenza di Dio vanno pari passi. Per quanto conoscerai te stessa altrettanto conoscerai Dio. L’anima che ha conosciuto sé stessa, vedendosi che da sé non può niente operare di bene, quest’ombra del suo essere la trasforma in Dio e ne avviene che in Dio fa tutte le sue operazioni. Succede che l’anima sta in Dio e cammina presso di lui senza guardare, senza investigare, senza parlare; in una parola, come morta, perché conoscendo a fondo il suo nulla non ardisce di fare niente da sé, ma ciecamente segue il tiro delle operazioni del Verbo”.

A me sembra che all'anima che conosce sé stessa succede come a quelle persone che vanno in vapore, che mentre passano da un punto all'altro, senza fare un passo da sé stesse fanno dei lunghi viaggi, ma tutto in virtù del vapore che le trasporta; così l’anima, mettendosi in Dio come le persone in vapore, fa dei sublimi voli nella via della perfezione, ma conoscendo appieno che non [è] essa, ma in virtù di quel Dio benedetto che la porta in sé. Oh, come il Signore favorisce, arricchisce, concede grazie più grandi, sapendo che non a sé, ma tutto a lui attribuisce! Oh anima che conosci te stessa, quanto tu sei fortunata!

 


Volume 2 - Capitolo 29

Giugno 3, 1899 

Gesù versa in lei le sue amarezze

 

Questa mattina mi trovavo in un mare d’afflizione, che Gesù non era venuto ancora; sentivo tale pena che mi sentivo strappare il cuore, quando è venuto il confessore per chiamarmi all'ubbidienza, ché doveva celebrare la santa messa; e Gesù senza farsi vedere neppure l'ombra, come è suo solito, che quando non viene si fa vedere una mano, un braccio; specialmente quando è giorno di far la comunione, come questa mattina, lui stesso viene, mi purifica, mi prepara per ricevere lui stesso sacramentalmente. Dicevo tra me: “Sposo santo, Gesù amabile, come non venite voi stesso a prepararmi? Come posso ricevervi?” Ma intanto il tempo è giunto, il confessore è venuto, ma Gesù senza venirci affatto. Che pena straziante, quante lacrime amare! Il confessore mi ha detto: “Lo vedrai nella comunione e gli dirai, per ubbidienza, perché non viene e che cosa vuole da te”.

Così, dopo la comunione ho visto il mio buon Gesù, sempre benigno con questa miserabile peccatrice. Mi ha trasportato fuori di me stessa ed io lo tenevo in braccio: era da bambino, tutto afflitto. Io subito ho cominciato a dire: “Bambinello mio, solo ed unico mio bene, com'è che non vieni? In che ti ho offeso? Che cosa vuoi da me, che mi fai così tanto piangere?”

Nell'atto di dire, era tanta la pena che, con tutto ciò che lo tenevo fra le mie braccia, continuavo a piangere. Ma anche prima che finissi di dire l’ultima parola, Gesù avvicinando la sua bocca alla mia ha versato le sue amarezze senza rispondermi una parola. Quando finiva di versare, io incominciavo di nuovo a dire, ma Gesù senza darmi retta si metteva di nuovo a versare. Dopo ciò senza rispondermi niente a ciò che io volevo, mi ha detto: “Fammi versare in te, altrimenti come ho distrutto con la grandine gli altri punti, così distruggerò le parti vostre, perciò fammi versare e non pensare ad altro”.

Così, senza dirmi altro, è finito.