[AUDIO] Meditazione sul 1° volume

capitoli 25 e 26

 

Tipologie e specie di tentazioni sataniche: pensare che sia tutta un'illusione, pensare di essere abbandonati da Dio, pensare di essere grandi peccatori senza speranza di misericordia, istigazioni al suicidio e varie forme vessatorie.

Il disprezzo dei demoni e la ferma volontà esternata di non offendere Dio sono le armi per combattere e vincere.




Volume 1 - Capitolo 25

Luisa supera una terribile prova, lottando contro i demoni.

Ora, chi può dire il cambiamento che succedette nel mio interno! Tutto era orrore per me, quell'amore che prima sentivo in me, ora me lo vedevo convertito in odio atroce. Che pena di non poterlo più amare! mi straziava l'anima il pensare che quel Signore che era stato tanto buono con me, ora vedermi costretta ad aborrirlo, a bestemmiarlo come se fosse il più crudele nemico, il non poterlo guardare neppure nelle sue immagini, ché [al solo] guardarle, [al] tenere corone fra le mani, baciarle, mi venivano tali impeti di odio e tanta forza, che farle e mettere tutto in pezzi era lo stesso; e delle volte facevo tanta resistenza, che la natura tremava da capo a piedi. Oh Dio, che pena amarissima! Io credo che se nell'inferno non ci stessero più pene, la sola pena di non poter amare Dio formerebbe l'inferno più orribile. Molte volte il demonio mi metteva innanzi le grazie che il Signore mi aveva fatto, ora [facendomele vedere] come [fossero] un lavorio della mia fantasia, e quindi [m'incitava a] poter menare una vita più libera, più comoda; ed or come vere, e mi rimproveravano col dire: «Questo è il bene che ti voleva? Questa è la ricompensa che ti ha lasciata nelle nostre mani! Sei nostra, sei nostra, per te tutto è finito, non c'è più da sperare!».

E nell'interno mi sentivo gettare tali impeti di sdegno contro il Signore, e di disperazione, che parecchie volte, essendomi trovata qualche immagine fra le mani, era tanta la forza dello sdegno che le ruppi, ma mentre ciò facevo, piangevo e la baciavo, ma, non so dire come, ero costretta a farlo.

Ora, chi può dire lo strazio dell'animo mio!

I demoni facevano festa e se la ridevano; chi faceva rumore da un punto, chi dall'altro, chi strepitava, chi m'assordiva coi gridi dicendo: «Vedi come sei nostra! Non ci resta altro che portarti all'inferno, anima e corpo, e poi lo vedrai che lo faremo!».

Delle volte mi sentivo tirare, or le vesti, or la sedia dove stavo inginocchiata, e tanto la movevano e strepitavano che non potevo pregare, e delle volte era tanto il timore che, credendomi di dovere liberarmi, me ne andavo a coricarmi nel letto (siccome questi fracassi succedevano la maggior parte la notte) ma anche là mi seguivano col tirarmi il cuscino, le coperte.

Or chi può dire lo spavento, la paura che ne provavo. Io stessa non sapevo dove mi trovavo, o sopra la terra o nell'inferno; era tanto il timore che davvero mi portassero [con loro nell'inferno], che gli occhi non si potettero più chiudere al sonno; stavo come uno che tiene un crudele nemico che ha giurato che a qualunque costo gli deve togliere la vita; e questo lo credevo che mi doveva succedere al primo chiudere degli occhi; quindi mi sentivo come se uno mi mettesse una cosa dentro, in modo che ero costretta a tenerli spalancati per vedere quando mi dovevano portare, chi sa potessi farmi forza ed oppormi a ciò che volevano fare! Quindi mi sentivo sollevarmi i capelli sulla mia testa uno per uno, un sudor freddo per tutta la persona che mi penetrava fino nelle ossa e mi sentivo disgiungere i nervi e le ossa uno per uno, e dibattevano insieme per la paura.

Altre volte mi sentivo incitare a tale tentazioni di disperazioni e di suicidio, che qualche volta essendomi trovata vicina al pozzo o pure a qualche coltello, mi sentivo tirare a menarmi dentro o pure prendere il coltello ed uccidermi; ed era tanta la forza che dovevo farmi per fuggire, che mi sentivo pene di morte, e mentre fuggivo, me li sentivo venire appresso e mi sentivo suggerire che: per me inutile era il vivere, dopo avere commesso tanti peccati, Iddio m'aveva abbandonata perché non ero stata fedele, anzi mi vedevo che avevo fatto tante scelleratezze che mai anima al mondo aveva commesso, quindi, per me non ci era più misericordia da sperare... Nel fondo dell'anima mia mi sentivo ripetere: «Come puoi vivere nemica di Dio? Sai tu qual è quel Dio che hai tanto oltraggiato, bestemmiato, odiato? Ah, quel Dio immenso che da[p]pertutto ti circondava, e tu sotto i suoi occhi stessi hai ardito d'offenderlo! Hai perduto il Dio dell'anima tua, chi ti darà più pace? Chi ti libererà da tanti nemici?».

Era tanta la pena, che non facevo altro che piangere. Delle volte mi mettevo a pregare, e i demoni per accrescere il mio tormento me li sentivo venire sopra, e chi mi percuoteva, chi mi pungeva e chi [mi] soffocava la gola. Una volta ricordo che, mentre pregavo mi sentii tirare i piedi da sotto la terra, aprirsi ed uscire le fiamme, ed io vi sprofondavo dentro. Fu tale lo spavento ed il dolore, che rimasi mezza morta, tanto che per riavermi da quello stato vi venne Gesù Cristo e mi rincorò, mi fece capire che non era vero che avevo messo la volontà ad offenderlo e che io stessa lo potevo conoscere dalla pena amarissima che ne sentivo, che il demonio era un bugiardo e che non dovevo dargli retta, che per ora dovevo aver pazienza a soffrire quelle molestie e che poi doveva venire la pace. Così succedeva d'intanto intanto, quando proprio giungevo agli estremi, e delle volte per mettermi in più aspri tormenti. Nell'atto di quel conforto l'anima si convinceva, perché innanzi a quella luce è impossibile che l'anima non apprenda la verità, ma dopo che mi trovavo nella lotta, mi trovavo allo stesso stato di prima.

Mi tentava ancora a non fare la comunione, persuadendomi che, dopo che avevo commesso tanti peccati era una baldanza andarvi, e che, se ardivo, non Gesù Cristo sarebbe venuto ma il demonio, e che tanti tormenti mi sarebbe dato, che mi avrebbe dato la morte. Ma però l'ubbidienza la vinceva. È vero che delle volte soffrivo pene mortali, sicché a stento potevo riavermi dopo la comunione, ma siccome il confessore voleva che assolutamente la facessi, non potevo fare diversamente. Sicché ricordo che parecchie volte non la feci.

Ricordo pure che delle volte mentre pregavo la sera, [i demoni] mi smorzavano la lampada; delle volte [e]mettevano ruggiti tali da fare spavento; altre volte voci flebili come se fossero moribondi; ma chi può dire tutto ciò che facevano? È impossibile.

 


Volume 1 - Capitolo 26

Gesù insegna a Luisa il modo da adoperare per allontanare questi spiriti infernali, e dunque [ella] supera la prova a cui il Signore la sottopose.

Quindi questo duro cimento, sebbene non ricordo tanto bene, durò da tre anni; ma però aveva i giorni, le settimane d'intervallo; non che cessarono del tutto, ma s'incominciarono a mitigare.

Ricordo che dopo una comunione, il Signore m'insegnò il modo come dovevo fare per metterli in fuga, ed era: il disprezzarli e non curarli affatto, e che, dovevo farne quel conto come se fossero tante formiche. mi sentii infondere tanta forza che non mi sentivo più quel timore di prima. E facevo così: quando facevano strepiti, rumore, gli dicevo: «Si vede che non avete che fare e che per passare il tempo state facendo tante sciocchezze; fate, fate, che poi quando vi stancherete la finite». Delle volte cessavano, altre volte tanto si arrabbiavano e facevano più forti rumori. me li sentivo vicino facendosi più forti e violenza di dovermi portare, sentivo la puzza orribile, il calore del fuoco. È vero che nel mio interno sentivo un certo brivido, ma mi facevo forza, gli dicevo: «Bugiardi che siete! Se ciò fosse vero, dal primo giorno l'avreste fatto, ma siccome è falso, e che non avete nessuno potere su di me se non quello che vi viene dato dall'alto, perciò canta e canta e poi, quando ti stancherai creperai! Se poi facevano lamenti e gridi, gli dicevo: Che? Non avete avuto a conti oggi? O sia: Vi si è stata tolta qualche anima che vi lamentate? Poveretti, non si sentono bene, ma però voglio pur'io farvi lamentarvi un altro poco!».

E mi mettevo a pregare per [i] peccatori oppure a fare atti di riparazione. Delle volte me la ridevo quando incominciavano a fare le solite cose e gli dicevo: «Come posso temervi, razze vili? Se foste esseri seri non avreste fatto tante sciocchezze! Voi stessi non vi vergognate, non vi fate prendere a burla?». Se poi mi tentavano di bestemmie o di odio contro di Dio, gli offrivo quella pena amarissima, quella forza che mi facevo, ché mentre vedevo che il Signore meritava tutto l'amore, tutte le lodi ed io ero costretta a fare il contrario, in riparazione di tanti che lo bestemmiano liberamente e che neppure si ricordano che esiste un Dio, che sono obbligati a riamarlo. Se mi incitavano a disperazione, nel mio interno dicevo: «Non mi curo né del Paradiso né dell'inferno, quel che mi preme è di amare il mio Dio! Questo non è tempo di pensare ad altro, anzi è tempo d'amare quanto più posso il mio buon Dio, il Paradiso e l'inferno lo rimetto nelle sue mani, lui che è tanto buono mi darà quel che a me più conviene e mi darà un luogo dove posso più glorificarlo!».

M'insegnò, Gesù Cristo, che il mezzo più efficace per fare che l'anima restasse libera da ogni vana apprensione, d'ogni dubbio, d'ogni timore: era il protestare innanzi al cielo, alla terra ed agli stessi demoni, di non voler offendere Dio, anche a costo della propria vita, di non voler [ac] consentire a qualunque tentazione del demonio. E questo appena che l'anima avverte che viene la tentazione, se può nell'atto della battaglia, ed appena che s'incomincia a sentire libera, ed anche tra il corso del giorno. Facendo così, l'anima non perderà tempo a pensare se sia o no acconsentito, ché il solo ricordarsi della protesta, già le restituirà la calma; e se il demonio cercherà d'inquietarla, potrà rispondergli che: se aveva intenzione d'offendere Iddio, non si protestava il contrario; e così resterà salva d'ogni timore. Ora, chi può dire la rabbia del demonio, che tutte le sue astuzie riuscivano a sua confusione, e dove credeva di guadagnare ci perdeva, e che delle sue stesse tentazioni ed artifizi, l'anima se ne serviva come poter fare atti di riparazione ed amore al suo Dio, facendo in questo modo?

L'altro modo che m'insegnò nello scacciare le tentazioni era il seguente. Se mi tentavano di suicidio io dovevo rispondere: «Non ne avete nessun permesso da Dio; anzi, a tuo dispetto voglio vivere per poter più amare il mio Dio». Se poi mi percuotevano e mi battevano, io mi dovevo umiliare, inginocchiarmi e ringraziare il mio Dio ché ciò succedeva, in penitenza dei miei peccati, non solo, ma offrire tutto come atti di riparazione a tutte le offese a Dio che si facevano nel mondo. Finalmente una brutta tentazione, che mi durò poco, fu che al contatto continuo di circa un anno e mezzo di così brutti demoni, io dovessi uscire incinta e partorire poi un piccolo demonio con le corna. La fantasia si allevava così che io mi vedevo innanzi, una confusione orribile, a quel che si sarebbe detto di me per sì brutto avvenimento.