[AUDIO] Meditazione sul 2° volume

capitolo 22 - Maggio 12, 1899

capitolo 23 - Maggio 16, 1899

 

Gesù concede a Luisa di prendere su di sé le Sue amarezze per risparmiarle agli uomini.

Solo la croce apre il cielo e unisce cielo e terra, Dio e l'anima.

La volontà propria si insinua anche nelle anime devote e anche nelle cose apparentemente sante, disgustando e facendo soffrire il Signore Gesù.




Volume 2 - Capitolo 22

Maggio 12, 1899 

Gesù l'accontenta nei suoi desideri, le fa succhiare dal suo costato dolcezze ed amarezze e passa la giornata con lei

 

Questa mattina il mio adorabile Gesù, continuando a farsi vedere afflitto mi ha trasportata fuori da me stessa e mi faceva vedere le varie offese che riceveva, ed io l’ho incominciato a pregare di nuovo che versasse in me le sue amarezze. Gesù da principio non mi dava retta, e solo mi ha detto: “Figlia mia, la carità allora è perfetta, quando è fatta per il solo fine di piacermi; ed allora è detta vera e viene riconosciuta da me, quando è spogliata di tutto”.

Io, prendendo occasione dalle sue stesse parole gli ho detto: “Gesù mio caro, è per questo appunto che voglio che tu versi in me le [tue] proprie amarezze, per poterti sollevare da tante pene; e se ti prego che risparmi pure le creature, è perché ricordo bene che tu, anche in altre occasioni, dopo che avesti castigate le creature, nel vederle soffrire, tanto la povertà che altra cosa, molto anche hai sofferto. Invece, quando io sono stata accorta e ti ho pregato e importunato fino a stancarti, tanto che ti sei ben compiaciuto di versare in me risparmiando loro, dopo ne sei pur restato molto contento, non ve ne ricordate? E poi non sono tue immagini?”

Gesù, vedendosi convinto, mi ha detto: “Per te è necessario contentarti, avvicinati e bevi al mio costato”.

Cosi feci, mi avvicinai per bere al costato, ma invece di venire l’amarezza, succhiavo un sangue dolcissimo che tutta m’inebriava d’amore e di dolcezza, sicché n’ero contenta, ma non era questa la mia intenzione; perciò a lui rivolta gli dissi: “Caro mio bene che fai? Non è amaro quello che viene, ma dolce; deh, ti prego, versa tu in me le tue proprie amarezze!”

E Gesù guardandomi benignamente mi disse: “Continua a bere, che appresso verrà l’amaro”.

Così, mettendomi di nuovo al costato, dopo che continuò a venire il dolce venne anche l’amaro. Ma chi può dire l’intensità dell’amarezza? Dopo che mi saziai di bere mi levai e guardando la [sua] testa che teneva la corona di spine, la tolsi e la conficcai sulla mia testa, e Gesù pareva tutto condiscendente, mentre in altre volte non aveva ciò permesso. Quanto era bello vedere Gesù dopo che versò le sue amarezze! Pareva quasi disarmato, senza fortezza, ma tutto mansueto come un umile agnellino, tutto condiscendente.

Io avvertivo che l’ora era tardissima e siccome il confessore era stato subito questa mattina a chiamarmi all'ubbidienza, quindi non è che sapeva che dovevo essere chiamata [di nuovo] dall'ubbidienza, che all'ubbidienza Gesù mi lascia libera. Perciò a lui rivolta gli ho detto: “Gesù dolcissimo, non permettere che io sia di disturbo alla famiglia e di fastidio al confessore col farlo venire di nuovo; deh, ti prego, fammi tu stesso ritornare in me stessa!”

Gesù mi ha detto: “Figlia mia, non ti voglio lasciare quest’oggi”.

Ed io: “Anch'io non ho cuore di lasciarti, ma un pochettino solo, quanto mi faccio vedere alla famiglia che sto in me stessa e poi ritorneremo a stare insieme”.

Così, dopo un lungo contrasto, dandoci un addio a vicenda mi ha lasciato un poco. Era appunto l’ora del pranzo e la famiglia allora veniva a chiamarmi. Ma che, sebbene mi sentivo in me stessa, mi sentivo tutta piena di sofferenza, la testa non mi reggeva, quell'amaro e quel dolce bevuto al costato di Gesù mi dava tanta sazietà e sofferenza insieme che mi riusciva impossibile poter prendere nessun’altra cosa. La parola data a Gesù mi faceva stare sulle spine. Così sotto il pretesto che mi doleva la testa, ho detto alla famiglia: “Lasciatemi sola, che non voglio niente”.

Così sono [stata] lasciata libera di nuovo e subito ho incominciato a chiamare il dolce Gesù, e lui sempre benigno è ritornato. Ma chi può dire ciò che ho passato quest’oggi, quante grazie Gesù ha fatto all'anima mia, quante cose mi ha fatto capire? È impossibile poterlo esprimere a parole. Così, dopo un lungo stare, Gesù, per calmare le mie sofferenze, dalla sua bocca ha versato un latte dolce e poi verso sera mi ha lasciato col darmi la parola che subito sarebbe ritornato; e così mi son trovata in me stessa di nuovo, ma un poco più libera di sofferenze.

 


Volume 2 - Capitolo 23

Maggio 16, 1899  (23)

Gesù le parla della croce e si lamenta delle anime devote

 

Gesù ha seguito per altri giorni a manifestarsi allo stesso modo, di non volersi distaccare da me. Pareva che quel poco di sofferenze che aveva versato in me lo attirassero tanto, che non sapeva stare senza di me. Questa mattina ha versato un altro poco d’amarezza dalla sua bocca nella mia e dopo mi ha detto:

“La croce dispone l’anima alla pazienza. La croce apre il cielo ed unisce insieme cielo e terra, cioè Dio e l’anima. La virtù della croce è potente e quando entra in un’anima ha la virtù di togliere la ruggine di tutte le cose terrene; non solo, ma dà la noia, il fastidio, il disprezzo delle cose della terra, ed invece, poi, le rende il sapore, il gradimento delle cose celesti; ma da pochi viene riconosciuta la virtù della croce, perciò [molti] la disprezzano”.

Chi può dire quante cose ho compreso della croce mentre Gesù parlava? Il parlare di Gesù non è come il nostro che tanto si capisce [per] quanto si dice; ma una sola parola lascia una luce immensa, che ruminandola bene potrebbe fare stare occupato tutto il giorno in profondissima meditazione. Perciò se io volessi dire tutto andrei troppo per le lunghe ed anche mi mancherebbe il tempo a farlo.

Dopo poco Gesù è ritornato di nuovo, ma un poco più afflitto. Io subito ho domandato la cagione, e Gesù mi ha fatto vedere molte anime devote e mi ha detto:

“Figlia mia, quello che guardo in un’anima è quando si spoglia della propria volontà, allora la mia Volontà l’investe, la divinizza e la fa tutta mia. Vedi un po’ queste anime che si dicono devote fino a tanto che le cose vanno a lor modo, poi [per] una piccola cosa, se non sono lunghe le loro confessioni, se il confessore non le soddisfa, perdono la pace e certune giungono a non volerne fare più niente. Questo dice che non è la mia Volontà che le predomina, ma la loro. Credi pure o figlia mia, che hanno sbagliata la strada, perché quando veggo che davvero vogliono amarmi, ho tanti modi di poter dare la mia grazia”.

Quanta pena faceva veder Gesù soffrire da [parte di] questa sorta di gente! Ho cercato di compatirlo per quanto ho potuto, e così è finito.