“Non è il possedere ciò che rende ricco e felice l’uomo, ma il saper bene coltivare ciò che possiede”.

“Figlia mia, avendo messo in te la proprietà del mio Volere, voglio che non solo sia posseduto da te, ma che lo sappia bene conservare, coltivare, allargare, in modo da moltiplicarlo; sicché le pene, le mortificazioni, la vigilanza, la pazienza, ed anche la mia stessa privazione, servono ad allargare e custodire i confini della mia Volontà nell'anima tua. Non basta il possedere, ma il saper possedere.

Che giova all'uomo il possedere un podere, se non si prende la cura di seminarlo, coltivarlo, custodirlo, per poi raccogliere i frutti delle sue fatiche? Se non lavora il suo terreno, ad onta che possiede, si può dire che non ha di che sfamarsi; sicché non è il possedere ciò che rende ricco e felice l’uomo, ma il saper bene coltivare ciò che possiede.

Così sono le mie grazie, i miei doni, specie la mia Volontà che, qual Regina, ho messo in te. Vuole da te il cibo, il lavorio delle tue pene, dei tuoi atti; vuole che in ogni cosa, la tua volontà, a lei tutta sottomessa, le dia gli onori ed il corteggio che, come a Regina, si convengono; ed Essa, in ogni cosa che farai o soffrirai, terrà pronto il cibo da imboccare all'anima tua; e così, tu da una parte, e la mia Volontà dall'altra, allargherete i confini della mia suprema Volontà in te”.

(Libro di Cielo 16° Volume - 28 agosto 1923)