Libro di Cielo - Volume 19°

Settembre 9, 1926 (57)

Come Gesù quando parla dona il bene che si racchiude in essa[1]. Come nel Voler Divino non ci saranno né ribelli né leggi né comandi.

Stavo pensando quanta potenza, quanti beni stanno racchiusi nel Santo Voler Divino; come in esso tutto è pace, tutto è felicità né si ha bisogno di comandi per operare, ma la natura stessa sente in sé tale forza del bene, che non può farne a meno di farlo. Che felicità sentirsi convertita in bene, in santità, in forza, la stessa natura! Sicché nel Regno del Voler Supremo non ci saranno leggi, ma tutto sarà amore e la natura convertita in legge divina, in modo che da per se stessa vorrà fare ciò che il Fiat Supremo vuole che faccia.

Ora mentre ciò pensavo, il mio sempre amabile Gesù, colla sua solita luce che faceva uscire dalla sua intelligenza, mi ha detto:

“Figlia mia, tutto ciò che ti ho detto sulla mia Volontà, sono stati doni che ti ho fatto. La conoscenza non basta se non si possiede il bene che contiene la stessa conoscenza; se ciò non fosse, [essa] ti renderebbe infelice, perché conoscere un bene e non possederlo è sempre un dolore.

Molto più che io non so fare le cose a metà, ma tutt’intere; perciò prima dispongo l’anima, allargo la sua capacità, e poi dono la conoscenza insieme col bene che contiene. E siccome le conoscenze sulla mia Volontà sono divine, ecco perciò la natura resta dotata colle similitudini della natura divina e più che figlia non aspetta il comando, ma si sente onorata di fare, senza esserle detto, ciò che vuole il Padre. Le leggi e i comandi sono per i servi, per gli schiavi, per i ribelli. Nel Regno del Fiat Supremo non ci saranno servi né schiavi né ribelli, ma una sarà la volontà, quella di Dio e quella della creatura, e perciò una sarà la vita.

Ed è anche questa la ragione perché tante e tante cose sto dicendo sulla mia Volontà, per largheggiare nei doni, non solo per te, ma per chi vuol venire a vivere nel mio Regno, affinché nulla gli manchi, di nulla abbia bisogno, ma possieda in sé stesso la sorgente dei beni. Non la farei[2] da quel Dio che sono, grande, potente, ricco, magnanimo, se dovendo costituire il Regno della mia Volontà non dotassi quelli che devono vivere in esso delle prerogative e qualità che possiede la mia stessa Volontà. Anzi tu devi sapere che, come tutte le cose sono uscite da quell’atto solo di Dio, così tutto deve ritornare in quell’atto solo che non ha successione di atti; e solo può ritornare in quest’atto solo chi lascia tutto per vivere solo della mia Volontà, perché l’anima, vivendo in essa, tutto ciò che fa si converte in luce e naturalmente i suoi atti restano incorporati ed immedesimati nella luce eterna del sole della mia Volontà, e perciò di conseguenza diventano un atto solo col solo atto di essa.

Invece chi opera fuori di essa vede ciascuna materia che l’opera contiene, non luce, e perciò [i suoi atti] non possono incorporarsi colla luce dell’atto solo di Dio. Quindi si vedrà subito che non è roba nostra, non ci appartiene. Perciò tutto ciò che non sarà fatto in virtù del Fiat Divino non sarà riconosciuto da Dio. Supponi che tu volessi unire luce e tenebre, rame e oro, pietre e terra; non si distinguerebbe con chiarezza la luce dalle tenebre, il rame dall’oro, le pietre dalla terra, stante che sono materie una distinta dall’altra? Ma se unissi tutt’insieme, luce a luce, tenebre a tenebre, oro ad oro, non sapresti distinguere né separare la luce di prima e quella di poi, le tenebre di prima e quelle di dopo, la massa di oro di prima e quello di poi. Così è della mia Volontà. Ciò che essa stessa fa nella creatura è luce; non è maraviglia dunque che resta incorporata all’atto solo della sua eterna luce.

Perciò grazia più grande non potrei fare in questi tempi così procellosi e di corsa vertiginosa nel male, che fargli[3] conoscere che voglio dare il gran dono del Regno del Fiat Supremo; e per conferma di ciò lo sto preparando in te con tante conoscenze e doni, affinché nulla mancasse al trionfo della mia Volontà. Perciò sii attenta al deposito di questo regno che faccio in te”.

Dopo ciò mi sentivo impensierita, che mi era stato imposto dalla santa ubbidienza che non dovevo tralasciare di scrivere neppure una parola che il mio dolce Gesù mi potesse dire, mentre io sono facile [a] tralasciarle, perché sono convinta che certe cose intime, certi sfoghi che Gesù fa alla piccola anima mia, non è necessario scriverli e affidarli sulla carta, ma che restano nel segreto del cuore. Onde pregavo che mi desse la grazia di non farmi mancare all’ubbidienza. E Gesù, muovendosi nel mio interno, mi ha detto:

“Figlia mia, se chi ti guida e dirige te dà questa ubbidienza, significa che ha capito che son’io che ti parlo ed il valore che contiene anche una sola mia parola. La mia parola è luce e piena di vita, quindi chi possiede la vita la può dare, molto più che la mia parola contiene la forza creatrice, perciò una sola mia parola può creare innumerevoli vite di grazia, d’amore, di luce, vita di mia Volontà nelle anime. Tu stessa non potrai comprendere la via lunga che può fare una sola mia parola. Chi ha orecchio l’ascolterà, chi ha cuore ne resterà ferito.

Perciò chi ti guida ha ragione che ti dà quest’ubbi­dienza. Ah, tu non sai come lo assisto e gli sto d’intorno mentre legge i miei e i tuoi scritti sulla mia Volontà, per fargli comprendere tutta la forza delle verità e dei gran beni che ci sono in essi. E lui si gira intorno alla mia Volontà ed in virtù della luce che sente ti mette questa ubbidienza. Perciò sii attenta ed io t’aiuterò e ti faciliterò ciò che a te pare difficile.

Tu devi sapere che il mio cuore è gonfio, spasima e sospira, perché voglio far conoscere il Regno del Fiat Supremo, i gran beni che ci sono in esso ed il gran bene che riceveranno coloro che lo possederanno. È proprio nel mio cuore che lo tengo e me lo sento scoppiare, ché voglio uscirlo fuori. Non vuoi tu dunque darmi questo sollievo, affinché il mio cuore mettendolo fuori si sgonfi, e così non più gli toccherà spasimare né sospirare con sospiri dolenti? E ciò lo farai col far conoscere ciò che ti manifesto sulla mia Volontà, perché quando ciò faccio, mi dai il campo ad aprirmi le vie, a preparare il luogo dove debbo deporre il Regno della mia Volontà. E se tu non manifesti ciò che ti dico, mi chiudi queste vie ed il mio cuore si gonfia di più. Perciò lasciami fare, e tu seguimi e non darti pensiero”.

 



[1] conoscenza

[2] la farei, cioè opererei

[3] all’uomo

<          >