Libro di Cielo - Volume 18°

Settembre 16, 1925 (3) 

Essere sempre eguale è solo di Dio e dei veri figli di Dio.

I miei giorni sono sempre più amari per la privazione del mio dolce Gesù; la sua sola Volontà mi è rimasta come preziosa eredità delle tante sue visite fatte alla povera anima mia; ed ora son lasciata sola, dimenticata da colui che formava la mia vita, da colui del quale[1] mi pareva di esserci fusi insieme, perché né lui poteva stare senza di me, né io senza di lui. E così penso: “Dov’è? Dov’è andato colui che tanto mi amava? Che ho fatto, che mi ha lasciata? Ah, Gesù, ritorna, ritorna, che non ne posso più!”

E mentre vorrei abbandonarmi al dolore e pensare alla mia grande sventura d’aver perduto colui in cui avevo racchiuso tutte le mie speranze, la mia felicità, il Santo Voler Divino s’impone su di me, facendomi fare il corso dei miei atti nella sua adorabile Volontà; quasi m’impedisce di dolermi di più dell’essere priva dell’uni­co mio bene, onde resto come impietrita, immobile, tutta sola, senza il minimo conforto, né dal cielo, né dalla terra. Ora, mentre mi trovavo in questo stato, stavo pensando a diverse pene della passione di Gesù, il quale, facendosi vedere per poco tempo mi ha detto:

“Figlia mia, in tutte le mie pene fui sempre uguale; non mi cambiai mai, il mio sguardo fu sempre dolce, il mio volto sempre sereno, le mie parole sempre calme e dignitose; in tutta la mia persona ci aveva[2] tale uguaglianza di modi, che, se gli uomini avessero voluto conoscermi per loro Redentore, solo dal mio modo sempre eguale in tutto e per tutto mi avrebbero conosciuto. È vero che le mie pene furono tante da eclissarmi, e come tante nubi mi circondavano, ma ciò fu nulla; dopo la foga delle pene io ricomparivo in mezzo ai nemici come sole maestoso, colla mia solita serenità e coi miei stessi modi sempre uguali e pacifici. Essere sempre eguale è solo di Dio e dei veri figli di Dio; il modo sempre eguale imprime il carattere divino nell’anima e fa conoscere che puro e santo è l’operato delle creature. Invece un carattere ineguale è delle creature, ed è segno di passioni che tumultuano nel cuore umano, che lo tiranneggiano in modo che anche all’esterno mostrano un carattere disgradevole che dispiace a tutti. Perciò ti raccomando di essere sempre eguale con me, con te stessa e con gli altri; eguale nelle pene e fin nella mia stessa privazione. Il carattere eguale in te deve essere incancellabile, e sebbene le pene della mia privazione ti atterrano e formano dentro e fuori di te le nubi del dolore, i tuoi modi eguali saranno luce che faranno scomparire queste nubi e faranno conoscere che, sebbene nascosto, io abito in te”.

Dopo ciò, io continuavo a pensare alle pene della passione del mio adorabile Gesù, col chiodo nel cuore della sua privazione, ed il mio amabile Gesù si faceva vedere nel mio interno tutto taciturno e tanto afflitto che faceva pietà, ed io gli ho detto: “Amor mio, perché taci? Mi sembra che non vuoi dirmi nulla, né più confidarmi i tuoi segreti e le tue pene”.

E Gesù, tutto bontà, ma afflitto, mi ha detto: “Figlia mia, il tacere dice qualche cosa di più grande che non dice il parlare; il tacere è decisione di chi, non volendo essere distolto, tace; così il tacere d’un padre con un suo figlio amato, mentre si trova in mezzo ad altri figli discoli, è segno che vuol colpire i figli perversi. Tu credi che sia cosa da nulla che non ci vengo da te e che scarseggio nella partecipazione delle mie pene? Ah, figlia mia, non è cosa da nulla, anzi è qualche cosa di grande! Quando io non vengo da te, la mia giustizia si riempie di flagelli per colpire l’uomo, tanto che tutti i mali passati, i terremoti, le guerre, saranno come nulla in confronto dei mali che verranno ed alla grande guerra e rivoluzione che si sta preparando. Son tanti i peccati, che gli uomini non possono meritare che io ti partecipi le mie pene per liberare loro dai flagelli meritati.

Perciò tu abbi pazienza, la mia Volontà supplirà alla mia vista, sebbene sto nascosto in te, e se ciò non fosse, non avresti potuto mantenere la battuta di fare i tuoi soliti giri nella mia Volontà; son io che, sebbene nascosto, li faccio in te, e tu segui colui che non vedi; ma però quando la mia giustizia avrà compiuto il riempimento dei flagelli, io mi metterò di nuovo con te come prima, perciò coraggio, aspettami e non temere”.

Ora, mentre ciò diceva, mi son trovata fuori di me stessa in mezzo al mondo, e quasi in tutte le nazioni si vedevano preparativi di guerre, nuovi modi più tragici di combattere, che mettevano spavento solo a guardarli, e poi la grande cecità umana che, rendendosi più cieca, agiva da bestia, non da uomo, e [l’uomo], siccome cieco, non vedeva che mentre feriva gli altri, feriva se stesso.

Quindi tutta spaventata, mi son trovata in me stessa, tutta sola, senza del mio Gesù, col chiodo nel cuore, perché colui che amo era partito da me, lasciandomi sola ed abbandonata; e mentre deliravo e spasimavo per la pena, il mio dolce Gesù, movendosi nel mio interno e sospirando per il duro mio stato, mi ha detto:

“Figlia mia, chetati, chetati, sto in te, non ti lascio, e poi come posso lasciarti? Guarda: la mia Volontà si trova ovunque; se tu stai nella mia Volontà, non ho dove andare, né trovo luogo per allontanarmi da te; dovrei rendere limitata la mia Volontà, riunirla ad un punto per lasciarti, ma ciò neppure lo posso fare; la mia immensità si estende ovunque, e la mia natura rende immenso tutto ciò che a me appartiene, quindi immensa è la mia Volontà, la mia potenza, il mio amore, la mia sapienza, .... onde come posso lasciarti, se nella mia Volontà io ti trovo? Perciò sii sicura che non ti lascio, e sprofondati sempre di più nell’immensità dell’abisso della mia Volontà”.

 



[1] con il quale

[2] avevo

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