Libro di Cielo - Volume 18°

Febbraio 11, 1926 (24) 

La gran differenza che passa tra chi fa regnare la mia Volontà in sé e chi vive del proprio io

Stavo pensando tra me: “Perché tanto timore in me, tanto da sentirmi mancare la vita se, mai sia, non facessi in tutto e per tutto la Santissima Volontà di Dio? Il solo pensiero mi distrugge. Che sarà se mai giungessi a sottrarmi anche per un istante solo dalla Volontà suprema e adorabile del mio Creatore?”

Ora, mentre ciò pensavo, il mio amabile Gesù è uscito da dentro il mio interno, e prendendo le mie mani fra le sue le ha baciate con un amore indicibile, poi se l’ha[1] strette al suo petto forte forte, e tutto tenerezza mi ha detto: “Figlia mia, com’è bella la mia Volontà operante nelle tue mani! I tuoi moti son ferite per me, ma ferite divine, perché escono dal fondo della mia Volontà dominante, operante e trionfante in te, sicché mi sento ferito come da un altro me stesso. Con giusta ragione temi, se un solo istante uscissi dalla Volontà suprema. Oh, come scenderesti nel basso! Ti ridurresti quasi quasi dallo stato di Adamo innocente allo stato di Adamo colpevole, e siccome Adamo era stato creato come capo di tutte le generazioni, la sua volontà sottratta dal suo Creatore formò il tarlo nella radice dell’albero di tutte le generazioni, perciò tutti sentono le rovine che formò il tarlo della volontà umana fin dal principio della creazione dell’uomo; ogni atto di volontà umana non connesso con quella di Dio forma un abisso di distanza tra il Creatore e la creatura, quindi distanza di santità, di bellezza, di nobiltà, di luce, di scienza, ecc...

Onde Adamo non fece altro che sottrarsi dalla Divina Volontà, che mettersi a distanza dal suo Creatore. Questa distanza lo debilitò, lo impoverì, lo squilibrò tutto, e portò lo squilibrio a tutte le generazioni: perché quando il male è nella radice, tutto l’albero è costretto a sentire gli effetti maligni, gli umori cattivi che ci sono nella radice. Onde, figlia mia, avendo chiamata te come prima, e capo della missione della mia Volontà, questa mia Volontà deve gettare in te l’equilibrio tra te ed il Creatore, e quindi togliere la distanza che c’è tra la volontà umana e la Divina, per poter formare in te la radice dell’albero senza umori cattivi, facendo scorrere il solo umore vitale della mia Volontà, affinché l’albero non resti pregiudicato nella vegetazione, nello sviluppo e nella preziosità dei suoi frutti. Ora, se tu vorresti fare un atto di tua volontà, non connessa alla mia, verresti a formare il tarlo alla missione che ti ho affidata, e come un secondo Adamo, mi rovineresti la radice dell’albero della mia Volontà, che voglio formare in te, e pregiudicheresti a tutti coloro che vorranno innestarsi a quest’al­bero, perché non troverebbero tutta la pienezza della mia Volontà in chi ne ha avuto il principio. Perciò son io che ti getto questo timore nell’animo tuo, affinché la mia Volontà sia sempre dominante in te, e tutte le manifestazioni che ti ho fatto siano sempre in vegetazione, per formare radice, tronco, rami, fiori e frutti divini, sen­za l’ombra della tua volontà umana; così ritorneresti alla tua origine nel seno del tuo Creatore, tutta bella, cresciuta e formata colla pienezza della Volontà suprema, e la Divinità, soddisfatta in te dell’opera della creazione e [della creazione] dell’uomo, farebbe uscire da te e dalla missione a te affidata, il suo popolo eletto, del Fiat Voluntas Tua come in cielo così in terra. Perciò sii attenta, figlia mia, e non voler rovinare l’opera della mia Volontà in te; l’amo tanto e mi costa tanto, che userò tutte le mie gelosie infinite, starò io stesso a guardia della mia Volontà, affinché la tua mai avesse vita”.

Io son rimasta sorpresa e comprendevo con tale chiarezza che significa un atto di volontà umana a confronto d’un atto di Volontà Divina, e come l’anima, col far la sua, perde la fisionomia del suo Creatore, e spogliandosi della bellezza con cui fu creata, si veste di miseri cenci, si trascina a stento nel bene, acquista la somiglianza diabolica, si nutrisce di cibi sporchi. Mio Gesù, dacci grazia a tutti di mai fare la propria volontà, la quale è il richiamare a vita tutte le passioni. Onde, quasi tremate, cercavo d’inabissarmi più addentro nella supre­ma Volontà, e chiamavo la mia Mamma celeste in mio aiuto, affinché insieme con me potessimo, a nome di tutti, adorare la Volontà suprema per tutte le volontà umane opposte ad Essa. Ora, mentre ciò facevo, il cielo si è aperto, ed il mio Gesù, da dentro il mio interno, tutto in festa, e mi ha detto: “Figlia del mio Volere, tu devi sapere che quando regna la mia Volontà nell’anima, [Essa] integra tutto ciò che [l’anima] fa e lo svolgimento della vita della mia eterna Volontà in essa. Sicché, non sei stata tu che hai chiamato la mia divina Mamma, ma la mia stessa Volontà che l’ha chiamata, e sentendosi chiamare da una Volontà Divina, la quale è stata sempre integra e trionfante in lei, ha avvertito subito che una della famiglia celeste la chiamava sulla terra, ed ha detto a tutto il cielo: ‘Andiamo, andiamo, è una della famiglia nostra che ci chiama a compiere i doveri della famiglia a cui apparteniamo’. Ed ecco, guardali tutti, attorno a noi: la Vergine, i santi, gli angeli, per fare il tuo atto di adorazione che vuoi fare, e la Divinità per riceverlo.

La mia Volontà ha tal potenza che racchiude tutto, e la fa fare a tutti la stessa cosa, come se fosse un atto solo. Perciò la gran differenza che passa tra chi fa regnare la mia Volontà in [2]essa e tra chi vive del proprio io. Nella prima c’è una Volontà Divina che prega, che opera, che pensa, che guarda, che soffre, ed ogni suo moto muove cielo e terra, e concatena tutto insieme, in modo che tutti sentano la potenza della Divina Volontà operante nella creatura; scorgono in essa la nobiltà, la somiglianza, la figliolanza del loro Creatore, e come figlia della famiglia celeste, tutti la proteggono, l’assistono, la difendono e la sospirano insieme con loro nella patria celeste. Tutto al contrario chi vive della propria volontà: essa è la chiave dell’inferno, delle miserie, dell’inco­stanza; dove essa apre, non sa aprire altro che dove c’è il male, e se qualche bene pure fa, è apparente, perché dentro c’è il tarlo del proprio volere che rode tutto. Perciò, ancorché ti costasse la vita, non uscire mai, mai dalla mia Volontà”.

 



[1] se l’è

[2] in sé

<          >