Libro di Cielo - Volume 12°

Dicembre 28, 1917 (30) 

Come il moto e l’atto di Gesù fu continuo.

Continuando il mio solito stato e stando un poco sofferente, pensavo tra me: “Come sarà che non mi è dato di trovare riposo né notte né giorno? Anzi quanto più debole e sofferente, tanto più la mia mente è desta ed impossibilitata a prendere riposo”. Ed il mio dolce Gesù mi ha detto:

“Figlia mia, tu non ne sai la ragione, ed io la so ed ora la dico a te. La mia umanità non ebbe riposo, e nel mio stesso sonno io non ebbi tregua, ma intensamente lavo­ravo, e questo perché, dovendo dar vita a tutti ed a tutto e rifare in me tutto, mi conveniva lavorare senza smet­tere un istante, e chi deve dar vita dev’essere un conti­nuo moto ed un atto non interrotto. Sicché io stavo in continuo atto di fare uscire da me vite di creature, e di riceverle. Se io avessi voluto riposare, quante vite non uscirebbero. Quante non avendo il mio atto continuo non svilupperebbero e resterebbero appassite! Quante non entrerebbero in me, mancando l’atto di vita di chi solo può dar vita!

Ora figlia mia, volendoti insieme con me e nel mio Volere, voglio il tuo atto continuo. Sicché la tua mente desta è atto, il mormorio della tua preghiera è atto, i mo­vimenti delle tue mani, i palpiti del tuo cuore, il muo­vere del tuo sguardo sono atti. Saranno piccoli, ma che m’importa? Purché ci sia il moto, il germe, io li unisco ai miei e li faccio grandi e do loro virtù di produrre vite.

Anche i miei atti non furono atti tutti apparentemente grandi, specie quand’io piccino gemevo, succhiavo il latte della mia Mamma, mi trastullavo col baciarla, ca­rezzarla, intrecciare le mie manine alle sue; più gran­detto coglievo i fiori, prendevo l’acqua ed altro. Questi erano tutti atti piccoli, ma erano uniti nel mio Volere, nella mia Divinità, e ciò bastava, ed erano tanto grandi da poter creare milioni e miliardi di vite. Sicché mentre gemevo, dai miei gemiti uscivano vite di creature; suc­chiavo, baciavo, carezzavo, ma erano vite che uscivano; nelle mie dita intrecciate con le mani della Mamma scor­revano le anime, e mentre coglievo i fiori e prendevo l’acqua, erano anime che uscivano dal palpito del mio increato amore. Il mio moto fu continuo, ecco la ragione della tua veglia. Quando veggo il tuo moto, i tuoi atti nel mio Volere, ed ora si mettono al mio fianco, ora mi scorrono nelle mie mani, ora nella mia voce, nella mia mente, nel mio cuore, io ne faccio moto di tutti ed a ciascuno do vita nel mio Volere, dando loro la virtù dei miei, e li faccio correre a salvezza ed a bene di tutti”. 

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